Nuove misure per proteggere l’ambiente e i diritti umani dalle attività delle grandi imprese
Accordo Consiglio e Parlamento Ue sulla due diligence per la sostenibilità aziendale
Friends of the Earth Europe: un momento agrodolce per la giustizia aziendale. ActionAid: fondamentale ma rimanda l’opportunità di un cambiamento epocale e mette in dubbio gli impegni della Ue a COP28
[14 Dicembre 2023]
Il 23 febbraio 2022 la Commissione europea ha presentato all’Europarlamento e al Consiglio una proposta di direttiva sulla due diligence sulla sostenibilità delle imprese. Il Consiglio europeo ha adottato il suo orientamento generale il 1° dicembre 2022 e ora Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla direttiva sulla due diligence per la sostenibilità aziendale (corporate sustainability due diligence directive – CSDDD), che punta a «Rafforzare la protezione dell’ambiente e dei diritti umani nell’Ue e nel mondo. La direttiva sulla due diligence fisserà obblighi per le grandi aziende riguardo agli effetti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente, rispetto alle loro stesse operazioni, a quelle delle loro filiali e a quelle svolte dai loro partner commerciali».
La direttiva CSDDD stabilisce norme sugli obblighi per le grandi imprese per quanto riguarda «Gli effetti negativi effettivi e potenziali sull’ambiente e sui diritti umani per la loro catena di attività che copre i partner commerciali a monte dell’azienda e parzialmente le attività a valle, come la distribuzione o il riciclaggio». Inoltre, la direttiva prevede norme sulle sanzioni e sulla responsabilità civile in caso di violazione di tali obblighi; richiede alle aziende di adottare un piano che garantisca che il loro modello di business e la loro strategia siano compatibili con l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
In una nota congiunta Consiglio e Parlamento europei spiegano che «L’accordo fissa il campo di applicazione della direttiva sulle grandi imprese che hanno più di 500 dipendenti e un fatturato netto mondiale di 150 milioni di euro. Per le imprese extra-Ue si applicherà se hanno un fatturato netto di 300 milioni di euro generato nell’Ue, a tre anni dall’entrata in vigore della direttiva. La Commissione dovrà pubblicare un elenco delle società extra-Ue che rientrano nel campo di applicazione della direttiva».
Secondo l’accordo, «il settore finanziario sarà temporaneamente escluso dal campo di applicazione della direttiva, ma ci sarà una clausola di revisione per un’eventuale futura inclusione di questo settore sulla base di una sufficiente valutazione d’impatto. Il compromesso raggiunto rafforza le disposizioni relative all’obbligo di mezzi per le grandi aziende per adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione del cambiamento climatico».
Per quanto riguarda la responsabilità civile, Europarlamento e Consiglio affermano che «L’accordo rafforza l’accesso alla giustizia delle persone colpite. Stabilisce un periodo di 5 anni per presentare ricorsi da parte di coloro che sono interessati da impatti negativi (compresi i sindacati o le organizzazioni della società civile). Limita inoltre la divulgazione di prove, misure ingiuntive e costi del procedimento per i ricorrenti. Come ultima risorsa, le aziende che identificano impatti negativi sull’ambiente o sui diritti umani da parte di alcuni dei loro partner commerciali dovranno interrompere tali rapporti commerciali quando tali impatti non possono essere prevenuti o risolti».
Per le imprese che non pagano le sanzioni comminate loro in caso di violazione della direttiva, l’accordo provvisorio prevede diverse misure ingiuntive e prende in considerazione il fatturato dell’impresa per imporre sanzioni pecuniarie (un minimo massimo del 5% del valore fatturato netto dell’azienda). L’accordo prevede l’obbligo per le imprese di portare avanti un impegno significativo, compreso il dialogo e la consultazione con le parti interessate, come una delle misure del processo di due diligence e stabilisce che il rispetto della CSDDD possa essere qualificato come criterio per l’aggiudicazione di appalti e concessioni pubbliche.
L’accordo provvisorio chiarisce gli obblighi per le imprese descritti nell’Allegato I, un elenco di diritti e divieti specifici che costituiscono un impatto negativo sui diritti umani quando vengono abusati o violati. L’elenco fa riferimento a strumenti internazionali che sono stati ratificati da tutti gli Stati membri e che stabiliscono standard sufficientemente chiari che possono essere rispettati dalle aziende. Consiglio ed Europarlamento fanno notare che «Il compromesso aggiunge nuovi elementi agli obblighi e agli strumenti elencati nell’allegato per quanto riguarda i diritti umani, in particolare per i gruppi vulnerabili e le convenzioni fondamentali dell’International Labour Organisation (ILO) che potranno essere aggiunti all’elenco, mediante atti delegati, una volta ratificati da tutti gli Stati membri.
Infine, l’accordo provvisorio introduce nell’allegato riferimenti ad altre convenzioni delle Nazioni Unite come l’International covenant on civil and political rights, l’International covenant on economic, social and cultural rights, la Convention on the rights of the child. Likewise e chiarisce la natura degli impatti ambientali coperti da questa direttiva come ogni degrado ambientale misurabile, come cambiamenti dannosi del suolo, inquinamento dell’acqua o dell’aria, emissioni nocive o consumo eccessivo di acqua o altri impatti sulle risorse naturali.
Il testo finale, tuttavia, rimane ancora sospeso. Saranno, difatti, necessarie riunioni tecniche per perfezionare l’accordo. In seguito, il Consiglio, sotto la prossima presidenza belga, e il Parlamento europeo voteranno per approvare il testo finale, aprendo così la strada all’attuazione della direttiva a livello nazionale. Ci si aspetta che il testo finale venga votato intorno a marzo 2024. A quel punto, la direttiva andrà recepita a livello degli stati membri.
Friends of the Earth Europe riconosce nell’accordo un nuovo passo verso l’adozione definitiva della Direttiva CSDDD ma evidenzia che « Purtroppo, nei negoziati sono stati tralasciati elementi chiave come la tutela dell’ambiente, la responsabilità di contribuire alla crisi climatica e gli obblighi di due diligence».
Nonostante questo, per l’associazione ambientalista «La conclusione di negoziati durati anni rappresenta una pietra miliare importante per la tutela dei diritti umani, dell’ambiente e del clima. Le grandi multinazionali ad alto rischio dovranno affrontare i rischi per le persone, le comunità e l’ambiente legati alle loro operazioni e ai rapporti commerciali. Inoltre, se vengono danneggiate dalle attività delle compagnie, le vittime potranno ritenere le imprese responsabili dinanzi ai tribunali dell’Ue. L’accordo garantisce l’accesso tanto necessario alle misure giudiziarie per le vittime di abusi aziendali e, in particolare, consente un maggiore accesso alle prove. Introduce inoltre l’obbligo per le aziende di adottare e mettere in atto un piano di transizione climatica in linea con gli obiettivi di 1,5° C, con obiettivi di riduzione delle emissioni basati su incrementi quinquennali fino al 2050».
Però. Friends of the Earth Europe evidenzia che «L’accordo è drammaticamente insufficiente in alcuni casi ed aree. Gli obblighi di due diligence climatica sono stati completamente eliminati dalla direttiva con la rimozione dell’Accordo di Parigi dall’allegato. Esistono ampie lacune nella gamma dei danni ambientali coperti dal campo di applicazione della direttiva. Nonostante gli attori finanziari siano soggetti agli obblighi del piano di transizione climatica, non esistono obblighi di due diligence relativi ai servizi finanziari. Inoltre, i cittadini non potranno portare le aziende in tribunale per non aver rispettato le misure di prevenzione e mitigazione degli impatti climatici e l’accordo rimane molto incerto sul mandato delle autorità amministrative di imporre l’attuazione dei piani di transizione climatica».
Alban Grosdidier, climate campaigner di Friends of the Earth Europe, conclude: «Questo è un momento dolce-amaro per coloro che cercano di ritenere le multinazionali responsabili del loro impatto. L’accordo rappresenta una pietra miliare importante verso la giustizia, ma Francia e Germania si sono assicurate che la direttiva non esprimesse il suo pieno potenziale bloccando e annacquando le disposizioni chiave. In particolare, l’esclusione della responsabilità climatica priva le persone di una linea d’azione tanto necessaria contro le ciniche multinazionali che svendono il futuro del nostro clima per profitti a breve termine, e l’esenzione dei servizi finanziari che le banche possono continuare a fare affidamento sulle violazioni dei diritti umani».
«Si tratta di un traguardo importante per iniziare ad imporre alle imprese il rispetto per i diritti umani e la tutela dell’ambiente nell’ambito delle catene del valore globali, ma il testo finale è ancora troppo debole per promuovere quel cambiamento necessario a contrastare lo sfruttamento lavorativo e ridurre le emissioni di CO2 – commentato Giorgia Ceccarelli, Policy Advisor di Oxfam Italia su imprese e diritti umani – Questa legge lascerà fuori il 99% delle imprese, ignorando settori in cui lo sfruttamento del lavoro è ampiamente diffuso».
Ad indebolire il testo finale in particolare le pressioni della Francia, che ha ottenuto l’esclusione del settore finanziario dal campo di applicazione della Direttiva, consentendo a banche e altre istituzioni finanziarie di continuare a finanziare investimenti e imprese senza l’obbligo di appurare se violano i diritti umani o distruggono l’ambiente. La Germania, dal suo canto, ha invece reso più difficile per le vittime di abusi aziendali poter chiedere giustizia, sollevando le aziende dalle loro responsabilità.
Anche ActionAid accoglie con favore l’inclusione di misure di accesso alla giustizia per le vittime di abusi aziendali, il riferimento a termini ragionevoli per presentare richieste di risarcimento e alla possibilità per le ONG e i sindacati di rappresentare le vittime. «Tutti aspetti fondamentali per ampliare le garanzie finalizzate ad una maggiore tutela dei diritti dei gruppi vulnerabili, in particolare delle donne, che sono colpite in modo sproporzionato dagli impatti negativi delle attività aziendali», Ma l’Ong sottolinea che «Tuttavia, le azioni delle lobby industriali e multinazionali dell’Unione Europea per annacquare la legge hanno limitato il potenziale trasformativo dell’accordo. È sconcertante, in particolare, che gli attori finanziari siano stati esentati dai doveri di due diligence verso i loro clienti. L’esclusione del settore finanziario estromette in larga misura la forma di maggiore sostentamento dell’industria dei combustibili fossili e dell’agroindustria. In questo modo si ostacolano i cambiamenti urgenti nelle pratiche finanziarie necessari per la sostenibilità e la mitigazione delle conseguenze più devastanti del cambiamento climatico. Si tratta di un duro colpo alla credibilità della Unione Europea. L’accordo sulla CS DDD, difatti, arriva meno di 24 ore dopo l’impegno preso dalla UE a COP 28 di abbandonare i combustibili fossili».
Inoltre, per ActionAid «Rimangono deboli gli obblighi in materia di clima, nonostante l’obbligo per le imprese dell’UE e, in questo caso, inclusi i servizi finanziari, di adottare piani di transizione climatica, delineando il loro percorso di riduzione delle emissioni in linea con il limite di 1,5 gradi. Questo è il minimo indispensabile, sapendo che le banche europee hanno investito 325 miliardi di euro in combustibili fossili nel Sud del mondo dopo l’Accordo di Parigi».
Cristiano Maugeri, policy officer ActionAid e referente campagna Impresa 2030, conclude: «L’accordo segna un passaggio cruciale, riconoscendo la necessità di una regolamentazione comune per le imprese che garantisca il prevalere dei diritti umani e dell’ambiente sul profitto. Ma il percorso per ridimensionare l’impunità delle imprese non si esaurisce qui. Limitare fortemente l’inclusione del settore finanziario vuol dire ignorare deliberatamente le responsabilità della finanza sulla catastrofe climatica»