Firmato il protocollo d’intesa tra ministero dell’Ambiente e Autorità nazionale anticorruzione
Adesso è l’Anac a monitorare gli acquisti verdi della pubblica amministrazione
A 15 anni dalla prima legge italiana in materia, il Gpp è ancora circoscritto a cifre marginali
[21 Marzo 2018]
Il Green public procurement, ovvero gli acquisti verdi della Pubblica amministrazione, rappresentano – in teoria – una leva fondamentale per la concretizzazione della green economy: a livello Ue la spesa in beni e servizi degli Stati membri è stimata in 2mila miliardi di euro l’anno, ovvero il 14% del Pil, mentre in Italia si arriva a circa il 17% del Prodotto interno lordo nazionale , ovvero 284 miliardi di euro. Non è difficile immaginare come e quanto queste spese sarebbero in grado di ri-orientare il mercato verso orizzonti più sostenibili. In realtà, ad oggi si tratta di un’opportunità in larghissima parte sprecata: ad oggi il Green public procurement (Gpp) in Italia vale appena 9,5 miliardi di euro.
A poco vale il fatto che il nostro Paese s’inserisca in questo contesto come attore protagonista dal punto di vista normativo, avendo legiferato sul tema già nel 2003 con il DM 203, per poi implementare nel 2008 un Piano d’azione nazionale sul Gpp e infine introducendo nel 2015 l’obbligatorietà dell’inserimento di considerazioni di sostenibilità negli appalti. L’ultima speranza in ordine temporale è ora riposta nel correttivo del Codice appalti del 2017, che affida all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) il ruolo di soggetto deputato a monitorare l’applicazione dei Criteri ambientali minimi (Cam).
Al proposito, è il ministero dell’Ambiente a informare che dicastero e Anac hanno sottoscritto oggi «un Protocollo di intesa per rinnovare la collaborazione finalizzata a dare piena attuazione alle norme in materia di sostenibilità ambientale degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni, contenute nel nuovo Codice degli appalti».
Il Protocollo d’intesa si sviluppa lungo tre aspetti: «Il monitoraggio e la vigilanza sull’applicazione dei criteri ambientali minimi (Cam) adottati ai sensi del Piano d’azione nazionale sugli acquisti verdi della Pubblica amministrazione (Gpp); la condivisione di atti di indirizzo, linee guida, clausole-tipo per bandi e capitolati e simili atti; la realizzazione di iniziative formative per funzionari della Pubblica amministrazione».
«Grazie a tale collaborazione – argomentano dal ministero dell’Ambiente – sarà possibile garantire un’uniforme e corretta applicazione delle indicazioni contenute nel nuovo Codice degli appalti pubblici sull’obbligo di applicazione dei Criteri ambientali minimi che puntano ad obiettivi di sostenibilità in seno alla Pa, quali: l’efficienza nell’uso dei materiali e dell’energia, e quindi al contenimento dell’emissioni dei gas serra; la riduzione dei rifiuti prodotti e la massimizzazione del riutilizzo dei materiali riciclati; la riduzione dell’uso di sostanze pericolose; la promozione dell’innovazione tecnologica con il conseguente miglioramento della competitività delle imprese italiane; la razionalizzazione della spesa pubblica in una logica che tiene conto non solo del prezzo di acquisto dei diversi beni o servizi, ma del costo dell’intero ciclo di vita, che comprenda anche i costi sostenuti dovuti all’uso dei prodotti, i costi per il loro smaltimento a fine vita e costi dovuti agli effetti sull’ambiente (le cosiddette esternalità ambientali)».
Solo il tempo potrà però dire se finalmente il Gpp, con l’aiuto dell’Anac, riuscirà finalmente ad assumere il ruolo che gli compete nella costruzione di un’economia più sostenibile. Quindici anni dalla prima legge del 2003, finora, non sono bastati.
L. A.