Arpat e Università di Pisa uniscono le forze per far luce sull’inquinamento da keu

Monni: «Indagare come agisce e come potrebbe comportarsi nel corso del tempo il riciclato contenente keu prodotto da Lerose nelle matrici ambientali»

[17 Febbraio 2022]

L’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat), ed il dipartimento di Scienze della Terra (Dst) dell’Università di Pisa hanno firmato un accordo per condurre congiuntamente uno studio – che durerà un anno, e sarà finanziato sia dalla Regione sia dall’Ateneo con 97mila euro ciascuno – sulla qualità di acque e terreni, in modo da comprendere meglio le «eventuali contaminazioni legate alla dispersione di aggregato riciclato contenente keu».

«Nel corso degli ultimi mesi abbiamo lavorato fianco a fianco con Arpat portando avanti approfondimenti sul riciclato contenente keu, sui vari siti coinvolti, sui pozzi. Adesso – dichiara l’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni – abbiamo deciso di sostenere questa proposta di Arpat, che coinvolge anche l’Università di Pisa, per andare ulteriormente a indagare come agisce e come potrebbe comportarsi nel corso del tempo il riciclato contenente keu prodotto da Lerose nelle matrici ambientali».

Più nel dettaglio, Arpat effettuerà i campionamenti del keu e delle matrici ambientali relative, sottoponendoli alle analisi di competenza, mentre il Dst effettuerà la caratterizzazione della distribuzione del cromo e di altri elementi di interesse nel keu attraverso una serie di metodologie analitiche mineralogiche e geochimiche; questi dati rappresenteranno poi la base per lo studio della stabilità del Keu e suoi aggregati in natura, presupposto per i processi di rilascio di cromo esavalente alla fase acquosa e per la pianificazione di azioni di mitigazione.

«Il keu – aggiunge il direttore di Arpat, Pietro Rubellini – è un rifiuto del quale abbiamo una buona conoscenza. È classificato come speciale ma non è pericoloso. Se correttamente smaltito non crea problemi. Quelli che invece si sono verificati con l’aggregato contenente keu ottenuto dalla ditta Lerose, del quale invece non abbiamo una conoscenza altrettanto buona, soprattutto per quanto riguarda il suo comportamento nelle varie matrici ambientali».

È utile infatti ricordare che il keu rappresenta le ceneri derivanti dai processi di essiccazione dei fanghi dei depurazione del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno che, dopo miscelazione con carbonato di calcio, risulta impiegabile per la produzione di granulati inerti per l’edilizia e conglomerati bituminosi per asfalti; dunque un’operazione pienamente sostenibile, nel rispetto dei principi dell’economia circolare. Oggetto dell’inchiesta keu non è dunque il recupero in sé di queste ceneri, ma il presunto inquinamento che deriva dall’effettivo rispetto o meno dei limiti nelle concentrazioni di inquinanti all’interno di questi materiali, soprattutto dopo le operazioni di miscelazione avvenute nell’impianto Lerose.

Un’inchiesta (e successivo processo) che si teme dureranno molto a lungo prima di ristabilire la verità, viste le tempistiche che ancora gravano sui molteplici filoni d’indagine che si sono abbattuti sulla gestione rifiuti, in una Regione con una cronica carenza d’impianti per gestirli come la Toscana.