Bankitalia, il futuro delle Pmi italiane passa dalle informazioni di sostenibilità
Angelini: «La loro mancanza tenderà ad essere interpretata come indice di non sostenibilità, con possibili ripercussioni negative sull’accesso ai finanziamenti»
[27 Settembre 2023]
Il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Paolo Angelini, ha preparato un intervento per il convegno confindustriale Finanza e disclosure Esg. Soluzioni di sistema per le imprese, offrendo l’occasione di approfondire cosa significhi per le piccole e medie imprese italiane la sfida della sostenibilità.
Partendo da semplici dati di fatto: la legislazione europea e i comportamenti dei consumatori stanno supportando le ambizioni della transizione ecologica.
«Stanno cambiando i comportamenti e le abitudini di consumo delle persone, sempre più attente ai temi della sostenibilità – evidenzia Angelini – i prodotti a basso impatto ambientale tendono ad essere più domandati, a parità di altre condizioni».
Di per sé questo rappresenta già un incentivo importante a investire in sostenibilità, ma non è il solo fattore di pressione. Per le banche le caratteristiche di sostenibilità delle imprese sono sempre più importanti per valutare la possibilità di accesso al credito, perché per definizione un’impresa sostenibile è più solida e in grado di proseguire la sua attività nel tempo.
«Le imprese il cui profilo di sostenibilità risulta migliore della media hanno forti incentivi – argomenta Angelini – a fornire i propri dati agli intermediari, e dunque che le imprese non disponibili a fornire dati tenderanno a essere percepite, a torto o a ragione, come meno sostenibili. In altre parole: la mancanza di informazioni di sostenibilità tenderà ad essere interpretata come indice di non sostenibilità, con possibili ripercussioni negative sull’accesso ai finanziamenti».
Un approccio che ricade, in modo soprattutto indiretto ma rilevante, anche sulle Pmi. In Europa avanza l’iter legislativo della nuova proposta di direttiva Corporate sustainability due diligence directive (Csddd), che porterà a cambiamenti di rilievo anche per le imprese italiane.
Oggi quelle tenute a pubblicare la dichiarazione non finanziaria sono circa 200, ma con il passaggio alla Csrd, a partire dal 2024, e la successiva approvazione della Csddd, cresceranno nell’ordine di qualche migliaio.
«Sebbene le Pmi non quotate non saranno soggette alla normativa in modo diretto – sottolinea Angelini – quelle che lavorano con le grandi imprese saranno ricondotte nel suo raggio di azione attraverso il meccanismo della catena del valore; tenderanno cioè a subire la pressione delle grandi imprese committenti, che chiederanno loro di migliorare la propria performance di sostenibilità e di fornire dati affidabili al riguardo».
Da qui l’invito a un atteggiamento proattivo da parte delle Pmi: «L’informazione e la rendicontazione di sostenibilità – conclude Angelini – sono uno strumento importante per misurare i rischi e per cogliere le opportunità derivanti dalla transizione».