Che effetto fa l’economia circolare sulle imprese
Richiedere alle aziende di adattarsi ai nuovi standard dell’economia circolare è vantaggioso in primis per loro: aumentano vendite e domanda di lavoro, come mostra il caso della Germania
[5 Marzo 2020]
Nel corso del workshop Cercis tenutosi recentemente all’Università degli Studi di Ferrara, Jens Horbach – professore dell’Augsburg University of Applied Sciences in Germania ed esperto di lunga data nel campo dell’eco-innovazione – ha introdotto e chiarito il legame tra economia circolare, cambiamento tecnologico, impiego e crescita a livello di impresa, sulla base del suo recente articolo pubblicato con il collega Chiristian Rammer, ricercatore presso il Centre for European Economic Research nello stesso Paese.
L’economia circolare è oggetto di grande attenzione in questo momento. A livello mediatico, basti pensare alla risonanza che Greta Thunberg ha avuto negli ultimi mesi: molti dei punti fondamentali del suo manifesto si allineano con quelli dell’economia circolare. A livello politico internazionale, si ricorda invece che da più di vent’anni le Nazioni Unite hanno elaborato (e continuano ad aggiornare) una serie di obiettivi trasversali all’ambiente e alla società, i Sustainable Development Goals (fino al 2016 preceduti dai Millennium Development Goals) che si prefiggono obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Che definizione dare, quindi, di economia circolare? Si tratta di un concetto molto ampio, in cui l’ambiente in senso stretto ha una rilevanza solo parziale: esso include infatti principi legati all’estensione del ciclo di vita del prodotto, alla sua riparazione, riuso e/o riciclo, oltre che all’efficienza energetica e dell’utilizzo dei materiali. Include, inoltre, l’introduzione di innovazioni non solo di prodotti e processi produttivi ma anche sociali ed organizzative.
Horbach e Rammer partono da questa definizione per studiare gli effetti sulle imprese derivanti dalla creazione e dal mantenimento di elementi del paradigma circolare in Germania. I due autori si pongono, infatti, l’obiettivo di analizzare l’effetto dell’introduzione di tecnologie legate all’economia circolare sia sulla produttività e sulla crescita delle imprese sia sulla variazione della domanda di lavoro delle stesse.
Le innovazioni collegate all’economia circolare sono di diversi tipi e spaziano da quelle che permettono un minor utilizzo di materie prime, energia e acqua a quelle che riguardano strettamente il packaging di un prodotto. L’obiettivo di queste innovazioni è migliorare la gestione delle risorse sia dal punto di vista dell’offerta di beni che dal punto di vista della domanda.
L’ introduzione di queste innovazioni può avere effetti positivi sulle imprese. Primo, grazie ad un migliore sfruttamento delle risorse è possibile che l’impresa abbia un guadagno di competitività, ossia che possa espandere la propria offerta di prodotti mantenendo quasi inalterati i prezzi. Se questo avvenisse per tutte le imprese del sistema economico, ci sarebbe un chiaro beneficio in termini di aumento della domanda aggregata. Secondo, l’introduzione di innovazioni legate all’economia circolare può migliorare l’immagine e la reputazione della stessa impresa nel mercato, fornendo un segnale relativo alla qualità dei prodotti di quell’azienda.
Al contrario, l’effetto sul mercato del lavoro può essere ambiguo. Come per l’introduzione di A.I. (intelligenza artificiale), anche l’adozione di innovazioni legate all’economia circolare può contribuire alla creazione della disoccupazione tecnologica, fenomeno per cui, almeno nel breve periodo, la disoccupazione potrebbe aumentare (nel lungo periodo invece lo Stato può intervenire con politiche di redistribuzione e istruzione). Quindi, se tecnologie più efficienti possono sostituire alcune mansioni svolte dall’uomo, questo effetto potrebbe essere prevalente. D’altro canto, l’aumento della domanda di beni cui le imprese potrebbero fare fronte grazie all’introduzione di tecnologie della circular economy, spingerebbe le imprese a richiedere più servizi lavorativi e quindi potrebbe aumentare l’occupazione.
I risultati, anche se ristretti solo alla situazione tedesca, mostrano chiaramente le potenzialità in termini di crescita ed occupazione del paradigma economico dell’economia circolare: le imprese nel campione analizzato mostrano una crescita in termini di vendite e di domanda di lavoro nei due anni successivi all’adozione di innovazioni dell’economia circolare, rispetto ad altre imprese che non hanno introdotto questo tipo di tecnologie. L’economia circolare può incrementare la domanda di beni prodotti dagli innovatori e, per servire questa aumentata domanda, le imprese assumono più lavoratori. Il costo della crescita dell’occupazione nella singola impresa è perciò sostenuto dall’espansione della domanda dei loro prodotti.
In termini di politica economica, l’implicazione principale è che richiedere alle imprese di adattarsi ai nuovi standard dell’economia circolare è vantaggioso in primis per le singole aziende, vantaggio che si trasmette al sistema economico nel suo complesso incrementando la crescita economica. Anche se, per il momento, questi risultati decisamente positivi si sono riscontrati solo per l’economia tedesca, le conclusioni in termini di politica industriale e ambientale e gli effetti positivi dell’economia circolare potranno sicuramente estendersi anche all’Italia e al resto dell’economia europea.