Comunità energetiche e reti di teleriscaldamento iniziano a parlarsi, a Radicondoli

Primi passi per una transizione energetica dal basso che metta al centro i territori locali, nel IV roadshow tematico del Cluster tecnologico nazionale Energia

[18 Marzo 2022]

Si è svolto nel Teatro dei Risorti di Radicondoli (SI) il workshop che ha aperto il quarto roadshow tematico del Cluster tecnologico nazionale Energia (Ctne), una due giorni dedicata a Le Comunità e le Reti energetiche: modelli di sviluppo sostenibile a confronto per la valorizzazione delle risorse termiche.

Promosso dal Ctne in collaborazione con il Comitato degli organismi territoriali, tra i quali CoSviG – DTE2V, al workshop è seguita una site visit agli impianti di teleriscaldamento geotermico dei Comuni di Radicondoli (SI), Montieri (GR) e Chiusdino (SI).

È stata la prima occasione di pubblico confronto tra due strumenti fondamentali per la transizione energetica, in grado di mettere al centro i bisogni delle comunità locali.

«I Comuni geotermici rappresentano ancora un unicum a livello nazionale, e il DTE2V lavora per aiutarli ad integrarsi nelle filiere tecnologiche nazionali – spiega la coordinatrice DTE2V e dirigente CoSviG Loredana Torsello, che ha moderato il workshop – Integrare le reti di teleriscaldamento col modello delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer) rappresenta un’occasione preziosa per valorizzare i cascami termici, che sono una grande risorsa inutilizzata nel nostro Paese».

Solo in Toscana il calore di scarto delle centrali geotermoelettriche gestite da Enel green power fornisce 384 GWht di energia termica a 9 Comuni sede d’impianto, con importanti benefici socioeconomici oltre all’evitamento degli inquinanti atmosferici legati all’impiego dei combustibili fossili, tagliando al contempo l’emissione di oltre 100mila ton annue di CO2.

Ma il potenziale del teleriscaldamento in Italia è assai più ampio, pari a 38 TWhdi cui 18 TWh da calore geotermico recuperabile: un’operazione che equivarrebbe a risparmiare l’emissione di 5,7 mln di ton di CO2 l’anno o a spegnere 4 mln di caldaie, col conseguente risparmio economico.

In questo modo il teleriscaldamento porta benefici ambientali a livello globale, e al contempo supporta lo sviluppo dei territori locali. Può anche divenire un ponte verso la realizzazione di Comunità energetiche rinnovabili (Cer)? Partendo dalla consapevolezza che i fabbisogni di riscaldamento e condizionamento rappresentano il 50% dei consumi finali di energia in Italia, e che il 70% di questo calore viene prodotto da fonti fossili, le esperienze già in corso nel nostro Paese – illustrate nel corso del workshop – suggeriscono una risposta positiva e meritevole di ulteriori approfondimenti.

Le Cer rappresentano infatti uno strumento privilegiato per integrare ed ibridare tra loro diverse fonti rinnovabili, dando forma a una democrazia dell’energia che crei sviluppo a livello locale: si tratta di un nuovo soggetto giuridico, delineato dal recepimento della direttiva europea Red II lo scorso dicembre, costituibile a partire da un gruppo di singoli soggetti – come famiglie, stabilimenti produttivi e Comuni – che decidono di autoprodurre, accumulare e scambiarsi energia generata da fonti rinnovabili, nello spirito di una vera comunità e aprendo al contempo realizzazione di nuovi modelli di business.

Sotto questo profilo è di particolare interesse la possibilità di andare a unire tra loro diverse Cer, creando reti di Comunità energetiche, come sta accadendo ad esempio coi percorsi di aggregazione avviati da GoCer a partire dall’esperienza di Magliano Alpi – la prima Cer italiana – o con l’esperienza Recocer, arrivando a delineare aree di democrazia energetica piuttosto ampie.

Sulle grandi potenzialità delle Cer ha scelto di investire molto anche il Piano nazionale di recupero e resilienza (Pnrr) elaborato dal Governo, che stanzia 2,2 mld di euro allo sviluppo delle Comunità energetiche nei Comuni con meno di 5mila abitanti.

Ad oggi le Cer più mature sono quelle caratterizzate dalla produzione e condivisione di elettricità, ma anche per le Comunità termiche si stanno aprendo promettenti percorsi di sviluppo. Ad esempio Acsm, una delle maggiori multiutility del Trentino – interamente pubblica – scelta da Rse come caso pilota nazionale delle Cer, possiede sia impianti idroelettrici sia impianti di teleriscaldamento alimentati a biomassa legnosa; una simile centrale di teleriscaldamento è presente anche nella Comunità energetica alpina di Tirano, dove conta circa 200 azionisti.

Questi e molti altri esempi di transizione energetica dal basso in corso nel Paese saranno oggetto di ulteriore studio e approfondimento da parte del Ctne e di CoSviG-DTE2V, in un percorso che ha l’ambizione di facilitare lo sviluppo delle Cer in Toscana, a partire da quella geotermica.

«Le Comunità energetiche sono uno strumento che potrà diffondere l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia tra i cittadini, ampliando il mix di soluzioni che abbiamo a disposizione per attuare la transizione energetica – conclude Gian Piero Celata, presidente del Ctne – La geotermia ci offre un’occasione preziosa per integrare le reti elettriche con quelle termiche, portando sul territorio vantaggi ambientali, sociali ed economici».