Ma la crisi in corso ostacola, non aiuta lo sviluppo sostenibile
Con il lockdown da Covid-19 calo «senza precedenti» per l’inquinamento nel mondo
Diminuiscono (temporaneamente) i livelli di particolato e di biossido d’azoto, ma crescono quelli relativi all’ozono: «Questo esperimento non intenzionale potrebbe essere utilizzato per comprendere meglio le normative sulle emissioni»
[12 Maggio 2020]
L’inquinamento atmosferico outdoor e indoor, secondo le più recenti stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, uccide circa 7 milioni di persone ogni anno; come documenta l’Agenzia europea dell’ambiente, tre soli inquinanti – ovvero particolato atmosferico (PM2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono a livello del suolo (O3) – bastano per mietere ogni anno circa 400mila vite in Europa, di cui 76.200 in Italia. Quest’anno i confinamenti imposti in tutto il mondo per contenere la pandemia da Covid-19 introducono però uno scenario inedito, benché temporaneo: le emissioni di PM2.5 e NO2 hanno subito un calo «senza precedenti», benché parzialmente compensati da maggiori livelli di O3.
A darne conto sono due studi internazionali pubblicati (qui e qui) sulla rivista scientifica Geophysical research letters, edita dall’American geophysical union (Agu). Complessivamente, le due ricerche rilevano che l’inquinamento da biossido di azoto nella Cina settentrionale, nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti è fino al 60% all’inizio del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre è l’inquinamento da PM2.5 è diminuito del 35% nella Cina settentrionale.
Come spiega la co-autrice Jenny Stavrakou, del Royal Belgian Institute for Space Aeronomy, dato che il monitoraggio della qualità dell’aria tramite mezzi satellitari è iniziato negli anni ’90, un calo così significativo delle emissioni «non ha precedenti». Gli unici altri eventi comparabili sono le riduzioni (sempre a breve termine) delle emissioni cinesi dovute all’introduzione di normative particolarmente rigide durante eventi di grande rilevanza internazionale come le Olimpiadi di Pechino del 2008.
Stavrakou e i suoi colleghi hanno utilizzato misurazioni satellitari della qualità dell’aria per stimare i cambiamenti nell’inquinamento da biossido di azoto rispetto ai principali epicentri dell’epidemia: Cina, Corea del Sud, Italia, Spagna, Francia, Germania, Iran e Stati Uniti. Hanno così scoperto che l’inquinamento da NO2 è diminuito in media del 40% nelle città cinesi e del 20-38%in Europa occidentale e negli Usa durante il lockdown di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2019.
Il team di ricercatori guidato da Guy Brasseur, del Max Planck Institute for Meteorology, ha invece analizzato i livelli di biossido di azoto e diversi altri tipi di inquinamento atmosferico rilevati da 800 stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria a livello del suolo nel nord della Cina, dove il coronavirus Sars-Cov-2 è stato segnalato per la prima volta e dove il lockdown è stato più severo: i ricercatori hanno dunque scoperto che l’inquinamento da polveri sottili è diminuito in media del 35% e quello da biossido di azoto del 60% dopo l’inizio dei confinamenti il 23 gennaio. Tuttavia, hanno riscontrato che al contempo la concentrazione media di ozono superficiale – un inquinante secondario fortemente legato alle condizioni meteorologiche in quanto prodotto da una serie di reazioni chimiche, catalizzate dalla luce solare, fra precursori come gli ossidi di azoto e i composti organici volatili – è aumentata di un fattore di 1,5-2 nello stesso periodo di tempo: «Significa che riducendo semplicemente il biossido di azoto e il particolato non si risolverà il problema dell’ozono», commenta Brasseur.
Più in generale, non c’è molto da felicitarsi per i cali di inquinamento atmosferico rilevati in tutto il mondo a causa dei lockdown: si tratta di eventi temporanei, le cui ricadute positive sulla salute umana vengono surclassate da quelle negative legate a Covid-19, e potrebbero presto condurre a un rimbalzo nelle emissioni se la ripresa economica post-coronavirus non sarà guidata su binari verdi. Complessivamente, come nota l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), la pandemia sta rendendo più difficile conseguire gli obiettivi di sostenibilità imposti dall’Agenda Onu 2030.
Ciononostante, i dati raccolti offrono agli scienziati un assaggio di come potrebbe essere la qualità dell’aria in futuro: «Questo esperimento non intenzionale potrebbe essere utilizzato per comprendere meglio le normative sulle emissioni – osserva Stavrakou – È una notizia positiva tra una situazione molto tragica».
L. A.