Covid-19, l’Antimafia mette in guardia sulla gestione rifiuti
«La cronica carenza di strutture moderne per il trattamento potrebbe favorire logiche clientelari e corruttive da parte di sodalizi criminali»
[17 Luglio 2020]
«È evidente che l’emergenza sanitaria è di per sé una situazione eccezionale ed in quanto tale potrebbe offrire l’occasione per ottenere appalti legati sia alla distribuzione di presidi medicali che allo smaltimento dei rifiuti speciali ospedalieri». Nell’ultima relazione semestrale inviata oggi al Parlamento, la Direzione investigativa antimafia (Dia) mette in guarda sui purtroppo consueti rischi – o sulle opportunità, dal punto di vista della malavita – che la pandemia ancora in corso è in grado di aggravare.
«La massiccia immissione sul mercato di dispositivi sanitari e di protezione individuale, in molti casi considerati “infetti” dopo l’utilizzo in ambienti a rischio, pone un problema di smaltimento di rifiuti speciali, settore notoriamente d’interesse della criminalità organizzata. Sono prevedibili, pertanto, importanti investimenti criminali nelle società operanti nel “ciclo della sanità”, siano esse coinvolte nella produzione di dispositivi medici (mascherine, respiratori, ecc) nella distribuzione (a partire dalle farmacie, in più occasioni cadute nelle mire delle cosche), nella sanificazione ambientale e nello smaltimento dei rifiuti speciali, prodotti in maniera più consistente a seguito dell’emergenza».
Rischi che la pandemia esacerba, ma che sono ormai profondamente radicati in un Paese che non è in grado di gestire i rifiuti che produce: nell’ultimo rapporto dedicato ai rifiuti urbani l’Ispra stesso certifica che «vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato», e guardando invece ai rifiuti speciali basti osservare che mentre cresce la produzione calano gli impianti per gestirla, con l’export che schizza in alto del 13%.
Ma i rifiuti sono come l’acqua: vanno dove incontrano meno resistenza, e in assenza di impianti legalmente autorizzati a gestirli secondo logica di sostenibilità e di prossimità le alternative sono le discariche abusive e/o la criminalità organizzata. Dinamiche che vanno ben oltre quelle contingenti della crisi sanitaria e che riguardano tutto il Paese, come illustra l’Antimafia. Le sorprese non mancano.
Ad esempio, un caso che lega nord e sud Italia: «Le indagini hanno documentato una ulteriore inversione della rotta dei traffici di rifiuti. Infatti, è accaduto che a seguito degli incendi dei capannoni, registrati in Lombardia tra il 2017-2018 e del conseguente aumento dei controlli, si è arrivati al sequestro di intere aree fino a quel momento adibite allo sversamento illegale. A quel punto il sodalizio oggetto dell’inchiesta, per proseguire il business, ha dovuto rimodulare i suoi traffici avvertendo l’esigenza di dover smaltire altrove. Ed è così che i rifiuti, anche speciali, che fino a quel momento erano sversati (e, all’occorrenza dati alle fiamme) in capannoni dismessi in Brianza, nel comasco e nel milanese (Varedo, Gessate e Cinisello Balsamo) ma anche in provincia di Trento, sono poi stati dirottati dalla Lombardia verso la Calabria e tombati in una cava del lametino».
E nel centro Italia? Emblematica «l’operazione “Prato Waste” del 30 luglio 2019, nell’ambito della quale la Polizia municipale ha eseguito, nella provincia di Prato, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 4 imprenditori italiani e 2 cinesi, ritenuti responsabili di smaltimento illegale di rifiuti speciali non pericolosi (scarti tessili) anche verso l’estero. Nell’indagine sono risultati coinvolti altri soggetti, titolari di diverse ditte italiane e cinesi aventi come ragione sociale “lo smaltimento di rifiuti”, in alcuni risultate “fittizie”. I siti di stoccaggio sono stati individuati nel territorio pratese, in provincia di Pistoia, a Rovigo, Mantova e Reggio Emilia».
È questo il contesto nazionale che, in assenza di soluzioni strutturali, la pandemia non può che rendere più critico. A preoccupare non sono di per sé i tonnellaggi di rifiuti. Nella relazione approvata nei giorni scorsi dalla commissione parlamentare Ecomafie (in allegato, ndr) si mostra che se alcune frazioni come quelle dei rifiuti sanitari quest’anno sono destinate a crescere, complessivamente si prevede una contrazione nella produzione complessiva di rifiuti – quelli urbani, ad esempio, si dovrebbero attestare sui livelli del 2000 – a causa della crisi economica. Ma di per sé questa non è affatto una buona notizia, come già abbiamo osservato su queste pagine.
Il problema rimane infatti tutto, nel suo complesso: l’Italia continua a presentare enormi criticità nella gestione degli scarti e dei rifiuti non riciclabili. Mancano impianti di recupero energetico, le discariche stanno esaurendosi, non ne abbiamo in numero sufficiente per i rifiuti pericolosi. Inoltre mancano piattaforme per il riciclo e impianti di digestione anaerobica e compostaggio, specie al centro-sud.
Tutto terreno fertile per la criminalità organizzata, come rileva la Dia: lo smaltimento dei rifiuti «soffre di una cronica carenza di strutture moderne per il trattamento, situazione che potrebbe favorire logiche clientelari e corruttive da parte di sodalizi criminali».
Non una novità, dopo che nella scorsa relazione semestrale l’Antimafia aveva dedicato un focus specifico proprio al tema rifiuti, mettendo in evidenza che la carenza di impianti è alla base dell’emergenza ormai cronicizzata: «La perdurante emergenza che in alcune aree del Paese condiziona ed ostacola una corretta ed efficace gestione del ciclo dei rifiuti vede tra le sue cause certamente l’assenza di idonei impianti di smaltimento che dovrebbe consentire l’autosufficienza a livello regionale […] Significativa, ad esempio, la mancata realizzazione di termovalorizzatori». Il contrario di quanto, apparentemente, continua a sostenere il ministro dell’Ambiente Sergio Costa.