Presentata dall’Eni la 18° edizione del rapporto World oil, gas and renewables review
Cresce il consumo di petrolio, nell’ultimo anno in Italia è stato pari a 7,83 barili a testa
Sono stati 1.271.000 i barili bruciati ogni giorno, con una crescita doppia rispetto a quella media globale. Ma negli Usa si arriva a 20.811.000 barili di petrolio al giorno
[30 Luglio 2019]
Nonostante una sensibilità ambientalista (almeno apparentemente) sempre più diffusa, nell’anno più caldo da oltre due secoli per l’Italia i consumi di petrolio sono continuati a crescere: nel 2018 la popolazione mondiale si è bevuta 99.340.000 barili di petrolio al giorno (+1,4% sull’anno), gli europei 15.542.000 (+0,2%) e gli italiani 1.271.000 (+2,8%, dunque esattamente il doppio della crescita globale).
Sono questi i dati contenuti nella 18° edizione del rapporto World oil, gas and renewables review, primo volume, quello dedicato al petrolio (l’altro arriverà in autunno), presentato ieri dall’Eni, dove il trend viene analizzato con dovizia di dettagli. I dati raccolti arrivano a stimare i consumi procapite, che in Italia ammontano in media a 7,83 barili l’anno: si tratta di oltre una tonnellata di petrolio a testa, eppure sembra ancora un dato virtuoso se confrontato con quello medio dell’Ue (9,57), di quello tedesco (10,15) o degli altri principali paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti (23,12) del Canada (24,16) o dell’Arabia saudita (34,91).
Il consumo procapite di petrolio cinese (3,36) è invece meno della metà di quello italiano, ma le cose naturalmente cambiano se si osservano i consumi assoluti per Paese. In cima alla lista ci sono gli Stati Uniti, che nel corso del 2018 hanno bruciato 20.811.000 barili di petrolio al giorno (+2,7%), seguiti proprio dalla Cina (13.025.000, +3,6%) e dall’India (4.782.000, +4,7%); per trovare il primo paese europeo in classifica occorre scendere alla decima posizione dove spicca la Germania con 2.327.000 barili di petrolio consumati al giorno, in calo però del 5,4% sull’anno.
In un’ottica globale, nel corso del 2018 i protagonisti assoluti nel mondo del petrolio sono stati gli Stati Uniti di cui Donald Trump sarebbe orgoglioso: se nel mondo sono cresciute le riserve (+0,4%) è grazie soprattutto alla crescita in Usa; se anche la produzione è cresciuta di 2,5 milioni di barili al giorno, per l’88% la causa va ricercata negli Usa, che hanno toccato un nuovo record consolidando la prima posizione nel rank dei produttori mondiali di petrolio. «Nel bilancio regionale del greggio 2018 per la prima volta si azzera il deficit delle Americhe – osservano dall’Eni – che fino al 2010 ha superato anche i 5 Mb/g. L’impennata delle produzioni Usa e la crescita del Canada superano di gran lunga il fabbisogno interno, generando un netto declino della dipendenza da petrolio dell’area nord americana».
In uno scenario simile un Paese come l’Italia potrebbe sembrare pressoché irrilevante nelle dinamiche globali, ma ha almeno due grandi compiti da dimostrare. Il primo è che il livello della qualità di vita può distaccarsi da quello del petrolio consumato, in quanto i nostri consumi sono già oggi un terzo di quelli statunitensi; il secondo è che si può fare di più e meglio, per non soccombere all’avanzata dei cambiamenti climatici e trovare una via di sviluppo sostenibile affrancata dai combustibili fossili. Questo oggi è il compito del Piano nazionale energia e clima, che dovrà essere completato entro la fine dell’anno: resta però ancora molto da lavorarci su, perché ad oggi gli impegni cumulati non arrivano a un terzo di quelli necessari per rispettare l’Accordo sul clima di Parigi.
L. A.