Dalle acque reflue ai biocarburanti, l’Italia colleziona infrazioni europee sull’ambiente
Finora le multe pagate superano il mezzo miliardo di euro e la Commissione ha notificato nuovi step per 4 infrazioni, ma per il ministro Costa «siamo sulla buona strada»
[26 Luglio 2019]
L’Italia ha da sempre una certa allergia alle regole sull’ambiente dettate dall’Unione europea – dalle quali deriva l’80% di tutte le norme ambientali adottate nel nostro ordinamento nazionale –, tanto che il Wwf prima delle elezioni europee ha contato 17 procedure d’infrazione aperte e 548 i milioni di euro di multe già pagate: un conto che sembra sia destinato ad aumentare ancora, dato che ieri la Commissione Ue ha notificato all’Italia l’avanzamento di 4 procedure d’infrazione a tema ambientale, riguardanti acque reflue urbane, gas fluorurati, biocarburanti e radioprotezione.
La Commissione ha infatti notificato 2 lettere di costituzione in mora (ovvero la prima fase della procedura d’infrazione) per i gas fluorurati a effetto serra e i biocarburanti sostenibili; 1 parere motivato (seconda fase) per le acque reflue urbane; 1 deferimento alla Corte europea (terza fase) in tema di radioprotezione.
Più nel dettaglio, la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora per non aver notificato – come previsto dal regolamento europeo 517/2014 – le misure nazionali relative alle sanzioni nei casi di violazione delle norme dell’Ue in materia di gas fluorurati ad effetto serra, che hanno impatto sul riscaldamento globale fino a 23 mila volte superiore a quello dell’anidride carbonica (CO2); l’altra lettera di costituzione in mora è invece stata spedita perché l’Italia non ha recepito pienamente la direttiva Ue 2015/1513, che mira a ridurre il rischio di cambiamento indiretto di destinazione dei terreni agricoli connesso alla produzione di biocarburanti. Il deferimento alla Corte europea è stato invece deciso perché il nostro Paese non ha né comunicato né adottato norme fondamentali di sicurezza in materia di protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti (direttiva 2013/59/Euratom).
Infine, la Commissione europea ha deciso di inviare un parere motivato all’Italia per aver essere venuta meno all’obbligo di garantire che gli agglomerati – ovvero centri urbani o loro parti – con più di 2.000 abitanti dispongano di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane (come previsto dalla direttiva 91/271/CEE): l’Ue ritiene infatti che 237 agglomerati in 13 regioni violino diverse disposizioni della direttiva. Un grande classico, per il nostro Paese: già nel luglio scorso la Commissione aveva avviato questa nuova procedura d’infrazione, ma a distanza di dodici mesi ha ritenuto necessario ribadire il concetto al nostro Governo avvisando che in assenza di una risposta soddisfacente procederà con il deferimento alla Corte di giustizia europea. Non sarebbe la prima volta del resto, dato che l’Italia sta già subendo tre distinte procedure d’infrazione solo sulle acque reflue, e per una di queste è già stata condannata a pagare una multa di 25 milioni di euro (più 30 milioni di euro per ogni semestre di ritardo).
Delle quattro decisioni arrivate ieri dalla Commissione europea, dal ministero dell’Ambiente ne commentano due: per quanto riguarda i gas fluorurati ad effetto serra il ministro Costa spiega che «stiamo lavorando con la Commissione europea per adempiere alla contestazione a stretto giro. Il provvedimento che sana la situazione è già al vaglio della presidenza del Consiglio, che potrà calendarizzarlo nelle prossime sedute del Cdm». Anche sulle acque reflue invece il ministro afferma che «siamo sulla buona strada», in quanto «è stata approvata nella legge Sblocca cantieri la norma che amplia i poteri del commissario alle acque, secondo il modello già funzionante per le discariche, dove la commissione europea sta scomputando le procedure». Paradossalmente, si tratta della stessa legge ribattezzata Blocca riciclo dalle imprese italiane attive nell’economia circolare, perché ha prolungato anziché risolvere lo stallo sull’End of waste necessario per stabilire quando cessa la qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero: il cuore dell’economia circolare.