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Dazi, l'Ue chiede di valutare gli standard «fiscali, sociali e ambientali» dei Paesi esportatori

Il voto dell’Europarlamento inasprisce la linea europea sulle barriere anti-dumping: nel mirino la Cina
 |  Green economy

Con 33 voti a favore, 3 contrari e 2 astensioni la Commissione per il commercio dell’Europarlamento ha approvato un aggiornamento delle regole che gestiscono il modo in cui i dazi posso essere imposti per imporre una barriera anti-dumping in grado di difendere le imprese europee dalle concorrenti oltreconfine. Un’azione che mette nel mirino soprattutto la Cina e in particolar modo la sua industria siderurgica, che da sola vale la metà di quella globale.

«In alcuni casi – spiegano dall’Europarlamento – aziende estere che vogliono accedere ai mercati europei vendono i propri prodotti a prezzi molto bassi, anche più bassi di quelli del loro stesso mercato interno, a discapito delle aziende europee. Questo fenomeno viene chiamato dumping. Si verifica quando le aziende esportatrici di prodotti a prezzi ribassati in maniera anormale beneficiano di scarsa competizione domestica e pesante interferenza statale in loro favore nel processo di produzione. In alcuni casi i prezzi bassi sono anche una conseguenza del mancato rispetto degli standard internazionali di salvaguardia dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. I dazi anti dumping sono una delle misure che l’Unione europea può adottare per contrastare l’importazione di questi prodotti».

Per capire la rilevanza in questo contesto dell’intricato rapporto Ue-Cina, basti pensare che il maggior numero delle circa 40 misure anti dumping e anti-sussidi mese in piedi dell’Unione europea sui prodotti dell’acciaio riguarda proprio le importazioni provenienti dalla Cina; al contempo, la Cina è il secondo partner commerciale dell’Unione europea dopo gli Stati Uniti, mentre l’Ue è il primo partner commerciale della Cina.

«Non si tratta di protezionismo ma di uno strumento che prende in considerazione la necessità di avere un libero mercato e allo stesso tempo considera il bisogno di condizioni più eque», è il commento arrivato dal relatore Salvatore Cicu (Italia), del Partito popolare europeo, al voto dell’Europarlamento.

Quel che è certo è che adesso, al primo punto delle proposte – non ancora esecutive – avanzate dagli eurodeputati per un appropriato calcolo dei dazi, c’è quello di tenere in considerazione gli standard «fiscali, sociali e ambientali» vigenti in quei paesi che vogliano esportare i loro prodotti in Europa. Ribaltando però il piano di lettura, è al contempo indispensabile che non sia l’Europa per prima – da anni coi remi in barca per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, quando fino a poco tempo fa veniva comunemente individuata come il faro globale della green economy – ad arretrare negli standard «fiscali, sociali e ambientali» delle proprie industrie. Senza investire in qualità e sostenibilità, dazi o meno, saranno comunque le prime ad essere inghiottite dalla marea della globalizzazione.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.