L’audizione in Senato di Agostino Re Rebaudengo

Ddl Concorrenza, perché «solo l’Italia non vuole tutelare la propria industria idroelettrica?»

Elettricità futura: «L'Italia è l'unico Paese in Europa che non tutela gli asset idroelettrici nazionali a vantaggio degli operatori stranieri»

[15 Febbraio 2022]

Mentre l’attenzione attorno alle vicende del disegno di legge sulla Concorrenza si concentra attorno allo scandalo delle concessioni balneari, che per l’ennesima volta tentano di sfuggire alla direttiva europea Bolkestein e dunque alla messa a gara di concessioni ad oggi insostenibili, sottotraccia rischia di saltare il banco per una delle più importanti energie rinnovabili usate in Italia: quella idroelettrica.

Per questo oggi Agostino Re Rebaudengo, il presidente della maggiore associazione confindustriale attiva nel comparto elettrico – Elettricità futura – è stato audito alla Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato proprio in merito alle criticità del Ddl Concorrenza sul fronte idroelettrico.

La posta è molto alta: dall’energia idroelettrica arriva non solo il 20% della produzione elettrica nazionale e il 40% di quella rinnovabile (47,7 TWh) – fornita nei ¾ dei casi da centrali di grandi dimensioni – oltre a 15mila posti di lavoro, ma questa fonte contribuisce anche in modo stabilità e alla sicurezza del sistema elettrico. L’idroelettrico fornisce infatti servizi di flessibilità alla rete e capacità di accumulo (tramite i bacini), migliorando l’adeguatezza di un sistema elettrico sempre più  caratterizzato da fonti rinnovabili non programmabili come fotovoltaico e eolico.

Di fronte a questo contesto appare naturale la domanda posta da Elettricità futura: «Perché soltanto l’Italia non vuole tutelare la propria industria idroelettrica?». L’associazione confindustriale ricorda infatti che «nel settembre 2021 la Commissione europea ha archiviato le procedure di infrazione sulla concorrenza nelle concessioni idroelettriche nei confronti dell’Italia e altri Paesi (Austria, Polonia, Svezia, Germania e Regno Unito)», facendo così cadere i temi sollevati due anni prima una lettera di costituzione in mora inviata all’Italia proprio perché riteneva che le autorità italiane non avessero organizzato procedure di selezione trasparenti e imparziali per l’attribuzione delle autorizzazioni idroelettriche scadute. Non solo: da ultimo anche «il pacchetto europeo del Fit for 55 prevede che gli Stati membri possano perseguire gli obiettivi di tutela e sviluppo del settore idroelettrico in quanto strategico per la transizione e l’indipendenza energetica. L’Italia è l’unico Paese in Europa che non tutela gli asset idroelettrici nazionali a vantaggio degli operatori stranieri», aggiungono da Elettricità futura.

Eppure, ad oggi il Ddl Concorrenza conferma l’attuale quadro normativo e accelera le tempistiche per l’avvio delle procedure da parte di Regioni e Province autonome, oltre ad articolare i poteri sostitutivi del Mims in caso di ritardo nell’adozione delle norme regionali e/o di avvio delle procedure di gara.

Non tenendo così conto, come riportato da Re Rebaudengo in Senato, dell’archiviazione delle infrazioni a livello europeo, del perdurare della mancanza di reciprocità tra Paesi, né della segnalazione dell’Agcm che auspica una revisione dell’attuale assetto normativo e definisce l’esigenza di procedure uniche per tutto il territorio nazionale. Paradossalmente, sembrano così parole al vento anche le indicazioni del Pnrr che prevedono criteri omogenei su base nazionale, come anche quelle del Copasir che raccomandano la revisione della disciplina al fine di garantire lo sviluppo del settore idroelettrico, valorizzare il suo contributo strategico e favorire nuovi investimenti.

Che fare, dunque? Due le linee d’azione delineate in Senato da Elettricità futura: da una parte «ridisegnare il quadro normativo, oggi disomogeneo a livello regionale, adottando una disciplina nazionale che valorizzi al massimo i molteplici benefici dell’idroelettrico nel rispetto del ruolo degli enti locali». Dall’altra, «estendere fin da subito la durata o prevedere la riassegnazione delle concessioni per consentire agli operatori di investire oltre 10 miliardi di euro finalizzati a rinnovare le centrali idroelettriche, aumentando l’efficienza e creando vantaggi per l’ambiente, l’economia e l’occupazione».