Con l’approvazione del nuovo regolamento europeo, cambiano gli obblighi per le aziende
Deforestazione, i consumi italiani sono responsabili della perdita di 36mila ettari l’anno
Etifor: «La maggior parte delle imprese italiane chiamate ad allinearsi al regolamento entro al massimo aprile 2025»
[5 Luglio 2023]
È entrato in vigore da pochi giorni il nuovo regolamento europeo contro la deforestazione (Eudr), che punta a mettere un freno a quella “importata” dagli Stati Ue.
Dato che, in tutto il mondo, buona parte dei beni prodotti su terreni deforestati è destinata all’esportazione, anche i paesi importatori come l’Italia sono considerati indirettamente responsabili.
Questo fenomeno viene definito “deforestazione incorporata” e l’Ue costituisce il secondo più grande “importatore” di deforestazione dopo la Cina: tra il 2005 e il 2018, le importazioni europee di soia, olio di palma, legname, carne bovina e derivati, cacao, caffè, gomma, colza e mais hanno causato la perdita di 2.7 milioni di ettari di soprassuoli forestali, in media 208mila ogni anno.
In Europa l’Italia è tra i maggiori consumatori di prodotti responsabili della distruzione di foreste: 36mila ettari ogni anno, seconda solo alla Germania, responsabile di più di 43mila ettari abbattuti annualmente.
Tra i prodotti interessati dalla nuova normativa, che rappresentano la maggior parte della deforestazione indiretta dell’Ue, spiccano: bovini, soia, legno, olio di palma, cacao, caffè, gomma, carbone, compresi i prodotti che contengono, sono stati alimentati con o sono stati prodotti utilizzando questi elementi.
In termini di foresta salvata, la valutazione d’impatto della Commissione Europea ha stimato che, con un adeguato intervento normativo e con un’applicazione sostanziale del regolamento, si potranno risparmiare 248.000 ettari di foreste entro il 2030.
Si apre dunque una fase di sfide imponenti per le aziende italiane chiamate a soddisfare i nuovi requisiti comunitari. La nuova legge prevede l’obbligo per le imprese europee di verificare, attraverso la “due diligence”, ovvero “dovuta diligenza”, che materie prime e prodotti immessi nell’Unione o esportati dalla stessa provengano da terreni esenti da deforestazione, da degrado forestale e da violazione dei diritti umani delle popolazioni indigene e delle comunità locali.
«La maggior parte delle imprese italiane chiamate ad allinearsi al regolamento entro al massimo aprile 2025, a seconda della dimensione dell’azienda – spiega Elena Massarenti di Etifor, spin-off dell’Università di Padova specializzata in consulenza ambientale – ha a disposizione diversi strumenti, purtroppo quasi sempre sconosciuti, per intraprendere un percorso che comporta tempo e dispiegamento di risorse. È quindi essenziale che approfondiscano immediatamente il tema e inizino il prima possibile il processo di adeguamento».
Si stima che gli obblighi di conformità faranno lievitare i costi per l’approvvigionamento di materie prime esenti da deforestazione, perché le aziende dovranno sostenere costi sia “una tantum” sia ricorrenti per valutare i rischi e monitorare le forniture in ottica di due diligence e perché, specialmente nei primi anni, occorrerà cambiare fornitori tralasciando quelli che non soddisfano i nuovi requisiti.
La Commissione europea stima che i costi medi una tantum per un’azienda impegnata nella creazione della due diligence possano oscillare tra i 5.000 e i 90.000 euro; i costi ricorrenti, invece, dipenderanno in larga misura dalla complessità della catena di approvvigionamento e dalla qualità delle soluzioni di adeguamento impiegate.
Contestualmente, si creeranno spontaneamente nuove opportunità di mercato per i prodotti sostenibili e “deforestation-free”. Le imprese che hanno già adottato misure per prevenire la deforestazione, numerose all’interno dell’Unione, si troveranno in una posizione di vantaggio rispetto a concorrenti meno virtuosi e si prospettano ampi margini di crescita per gli agricoltori europei che producono alternative ai prodotti in questione. In termini di foresta salvata, la valutazione d’impatto della Commissione Europea ha stimato che, con un adeguato intervento normativo e con un’applicazione sostanziale del regolamento, si potranno risparmiare 248.000 ettari di foreste entro il 2030.
Per le aziende è quindi il momento di dotarsi di un adeguato sistema di dovuta diligenza per la valutazione e mitigazione del rischio da allineare regolarmente con gli aggiornamenti della Commissione.
Esistono già numerosi software che aiutano a tracciare i flussi dei prodotti e strumenti di monitoraggio satellitare per mappare e monitorare i fornitori, i punti di raccolta e le aree di produzione oltre ad audit sul campo, lo sviluppo delle capacità produttive o lo svolgimento di prove isotopiche per verificare l’origine dei prodotti.
Tra gli strumenti invece di prevenzione e mitigazione del rischio ci sono anche le certificazioni di sostenibilità di enti terzi, come il Forest Stewardship Council (FSC) per il legno e il Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO) per l’olio di palma. Una strada percorribile è anche il coinvolgimento degli stakeholder, come i gruppi di difesa dei diritti umani e le organizzazioni ambientali, per ottenere feedback sulla loro performance in materia di sostenibilità.