Distretto circolare, il Comune di Empoli si sfila e i comitati chiedono di “ridurre i rifiuti”

La sindaca ha inviato una Pec a Regione Toscana e Alia per ritirare la disponibilità a valutare il progetto, ma i problemi restano tutti sul tavolo

[20 Dicembre 2022]

Nella nota ufficiale con cui il Comune di Empoli dà conto del Consiglio comunale di ieri non c’è una parola sul destino del Distretto circolare, l’ipotesi di riciclo chimico inizialmente prevista per gestire 256mila t/a di rifiuti secchi non riciclabili meccanicamente (come Css e plasmix) tra i 400mila generati ogni anno dall’Ato Toscana centro, dove Empoli ha sede.

In Aula la sindaca Brenda Barnini è stata però molto chiara: dal Comune è partita una Pec indirizzata alla Regione e ad Alia – ovvero il soggetto interamente pubblico dedito ai servizi d’igiene urbana sul territorio, capofila dell’Alleanza che ha proposto il distretto – per ritirare la disponibilità a valutare il progetto.

Una vittoria per i comitati locali, che oggi con una nota congiunta (siglata da Trasparenza per Empoli, Marcignana non si piega, Mamme news a tutto gas, Assemblea permanente no keu, Comitato raddoppio Empoli-Granaiolo, Comunità in resistenza) salutano la novità portando alla sindaca (nella foto) «il dono della comunità di Marcignana contenente i prodotti della terra del Castelluccio, un gesto simbolico e di buon auspicio per le future politiche partecipative tra amministrazione e cittadinanza».

Da parte loro nessuna concreta proposta impiantistica per la gestione dei rifiuti di cui sopra, ma solo un auspicio per la “riduzione dei rifiuti” che nel mentre si continuano però a generare, destinandoli a discariche, inceneritori o peggio all’export: non a caso in Italia il turismo dei rifiuti urbani vale 68 mln di Km l’anno, a causa delle carenze impiantistiche certificate anche dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra), coi relativi impatti ambientali e sulla Tari pagata dai cittadini.

«Il rifiuto residuo si può ridurre mettendo in campo politiche concrete anche a tutela del sistema economico creando così nuovi posti di lavoro», affermano i comitati, senza scendere in ulteriori dettagli nel merito.

Sfugge però come si possa conseguire una robusta “riduzione dei rifiuti” a livello comunale o anche regionale, quando i rifiuti sono già stati generati e non resta che gestirli (o meno). Sono certamente possibili ed auspicabili interventi in tal senso (si pensi ad esempio a premiare la vendita di prodotti sfusi o a limitare l’impiego del monouso) ma in ogni caso non risolutivi (gli imballaggi, tutti, pesano per appena l’8% dei rifiuti che generiamo).

La partita della riduzione rifiuti si gioca a monte, in fase di ecodesign industriale, ed è in corso da anni. Escludendo i dati 2020 sballati dalla pandemia (quelli relativi al 2021 saranno rilasciati domani da Ispra), dal 2015 l’Italia sta rispettando il pur timido Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti urbani, passando dalle 32,4 mln t del 2010 alle 28,9 del 2020. Eppure gli impianti sono sempre troppo pochi, e infatti l’export continua a crescere, peggiorando la performance ambientale ed economica.

Un’osservazione che vale a maggior ragione per i rifiuti speciali, categoria nella quale peraltro ricadono anche i rifiuti urbani una volta gestiti da un impianto di trattamento intermedio (come i Tmb).

Anche rispettando i sempre più ambiziosi target europei, in Toscana si profila (senza interventi correttivi) un deficit impiantistico al 2030 per almeno 597mila t/a guardando solo alla gestione delle frazioni secche non riciclabili meccanicamente. Un gap che si amplia a oltre 1 mln t/a considerando anche rifiuti organici e fanghi di depurazione.

In un contesto simile, il sempre più probabile addio al Distretto circolare empolese rappresenta una vittoria per le sindromi Nimby (e Nimto) ma non certo per l’ambientalismo.

Una slavina che rischia di portarsi dietro anche il progetto Multiutility, pensato per rafforzare a livello regionale il comparto dei servizi pubblici – igiene urbana compresa – ma avversato dai comitati, che adesso propongono un referendum per sfilare dal progetto il Comune di Empoli. Nessun impianto, nessuna riorganizzazione dei servizi ma stessi rifiuti e soliti problemi irrisolti.