Disuguaglianza, Oxfam: il 20% degli italiani possiede il 69% della ricchezza totale
In ballo un patrimonio da 9.973 miliardi di dollari, concentrato in troppe poche mani
[16 Gennaio 2017]
L’Italia non è affatto un paese povero, è un paese dove la ricchezza – ammontante nel 2016 a 9.973 miliardi di dollari in totale – è distribuita secondo i criteri della disuguaglianza: il 20% più ricco degli italiani possiede poco più del 69% della ricchezza nazionale, lasciando al 60% più povero (ovvero, alla larga maggioranza) le briciole: appena il 13,3%. «Nel 2016 la ricchezza dei primi sette dei 151 miliardari (in dollari 2016) italiani della lista Forbes equivaleva alla ricchezza netta detenuta dal 30% più povero della popolazione», argomenta l’ong Oxfam, che torna oggi ad aggiornare le statistiche sulla disuguaglianza alla vigilia del World economic forum di Davos.
Quanto vale per la ricchezza lo si ritrova anche analizzando le dinamiche dei redditi. Dal 1988 al 2011 in Italia c’è stato un «incremento complessivo del reddito nazionale pari a 220 miliardi di dollari (a parità del valore di acquisto nell’anno di riferimento 2005)», ma «la metà dell’incremento (45%) è fluito verso il top-20% della popolazione, di cui il 29% al top-10%. In particolare, il 10% più ricco della popolazione ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà più povera degli italiani. La sperequazione desta ancor più allarme se ci si sofferma sulla quota di incremento del reddito ricevuta nell’arco degli oltre vent’anni in esame dal 10% più povero dei nostri connazionali: un risicato 1% corrispondente ad appena 4 dollari pro-capite all’anno».
Come dimostra un’apposita indagine demoscopica condotta pochi mesi fa Oxfam, i cittadini italiani percepiscono l’allargarsi di questa dolorosa frattura; sono consapevoli della disuguaglianza sempre più acuta, e ritengono una priorità metterla a freno. Una domanda cui le istituzioni finora non hanno saputo fornire né soluzioni né attenzione, alimentando a loro volta disaffezione e populismi.
Un fenomeno che va ben al di là dei confini nazionali. Come dichiarato dal presidente Obama in occasione del suo ultimo discorso di fronte all’assemblea generale delle Nazioni Unite, ricordano da Oxfam, «un mondo in cui l’1% dell’umanità controlla la stessa quantità di ricchezza del restante 99% non sarà mai stabile». Livelli eccessivi di disuguaglianza, aggiungiamo, non sono né compatibili con prospettive di sviluppo sostenibile (consumare meno consumare tutti, chi?) né favoriscono la crescita economica ma anzi la inibiscono.
Lo stesso World economic forum inserisce la disuguaglianza (insieme alle problematiche ambientali) tra i maggiori rischi mondiali da anni, e lo stesso fa per il 2017. Come tutelarsi da questo rischio? Oxfam redige un agile manifesto in 5 punti per il nostro Paese, proponendo: un sistema di tassazione più progressivo, cooperando con gli altri governi per porre fine all’era dei paradisi fiscali e alla dannosa corsa al ribasso tra i paesi in materia fiscale; politiche occupazionali che garantiscano ai lavoratori un salario dignitoso e incoraggino le aziende a porre un limite massimo al divario retributivo tra i top manager e i loro dipendenti; servizi pubblici di qualità in ambito educativo e sanitario, adeguatamente sostenuti dal bilancio pubblico; uno sviluppo economico che rispetti i limiti naturali del nostro pianeta, favorendo investimenti in attività e tecnologie a basso impatto ambientale; un reale ascolto dei bisogni dei cittadini e non degli interessi di alcune élite privilegiate, rafforzando gli spazi di dialogo con la società civile.
Un programma costoso? Un’infima parte dei quasi 10mila miliardi di ricchezza censiti nel Paese potrebbe fornire un’eccellente fonte di finanziamento nell’interesse di tutti (anche dei più ricchi), se solo la classe dirigente tornasse a domandarsi quale modello di sviluppo sia necessario oggi all’Italia.