Ecobonus, stop del Governo a cessione del credito e sconto in fattura. Legambiente: errore grave
Ance, Confartigianato e Cna: un incubo, a rischio chiusura migliaia di imprese
[17 Febbraio 2023]
Ieri, il Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente Giorgia Meloni e del ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali e che modifica la disciplina sulla cessione dei crediti d’imposta per spese e interventi per recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e “superbonus 110%”, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.
In un comunicato il Consiglio dei ministri sottolinea che «L’oggetto dell’intervento non è il bonus, bensì la cessione del relativo credito, che ha potenzialità negative sull’incremento del debito pubblico. Dall’entrata in vigore del decreto, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto “sconto in fattura” né per la cessione del credito d’imposta. Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti».
Per questo il governo di destra ha abrogato le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a: Spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro; Spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile. Il governo ha anche introdotto il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con queste tipologie di intervento.
Infine, il decreto chiarisce il regime della responsabilità solidale nei casi di accertata mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto ai benefici fiscali: «Con le nuove norme, ferme restando le ipotesi di dolo, si esclude il concorso nella violazione, e quindi la responsabilità in solido, per il fornitore che ha applicato lo sconto e per i cessionari che hanno acquisito il credito e che siano in possesso della documentazione utile dimostrare l’effettività delle opere realizzate. L’esclusione opera anche per i soggetti, diversi dai consumatori o utenti, che acquistano i crediti di imposta da una banca, o da altra società appartenente al gruppo bancario di quella banca, con la quale abbiano stipulato un contratto di conto corrente, facendosi rilasciare un’attestazione di possesso, da parte della banca o della diversa società del gruppo cedente, di tutta la documentazione. Resta, peraltro, fermo che il solo mancato possesso della documentazione non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o non gravità della negligenza».
Per il 20 febbraio è prevista un’audizione da parte del governo delle associazioni di rappresentanza delle categorie maggiormente interessate dalle disposizioni del decreto-legge.
Intanto, Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, manda a dire al governo che «La cancellazione della cessione del credito e dello sconto in fattura è un grave errore. Con questa incomprensibile decisione il Governo Meloni stronca definitivamente l’unica politica di intervento per la riqualificazione del patrimonio edilizio e il raggiungimento degli obiettivi europei e l’unico strumento, straordinario e fondamentale, che ha permesso a migliaia di famiglie a basso reddito o che non avevano le condizioni economiche di riqualificare energeticamente la propria abitazione e ridurre i costi in bolletta, e alle imprese di riconvertire in modo strutturale l’attività edilizia in ottica di rigenerazione urbana senza consumare nuovo suolo. Invece di risolvere i problemi legati ai crediti, che pur denunciamo da anni, il Governo “risolve il problema” attaccando famiglie e imprese. Di fatto con il Superbonus al 90% e senza più uno strumento pensato proprio per quei nuclei familiari che non hanno capacità di investimento, si riduce ai minimi termini uno strumento fondamentale. Anzi lo si destina soltanto alle famiglie ricche quelle che possono permettersi investimenti da 40mila euro in su».
Secondo Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, «Non solo aumenteranno le disuguaglianze sociali ma si lascia a piedi il ceto medio e quello povero destinati a non avere strumenti per ridurre i costi in bolletta. Mentre Paperon de Paperoni potrà vivere nella sua bella villa a zero emissioni. Eppure, per risolvere il problema dei crediti basterebbe toglierli dal libero mercato e gestirli, con tassi fissi, dalle controllate dello Stato, in modo da evitare speculazioni. Al Governo Meloni chiediamo non solo quali politiche voglia mettere in campo per raggiungere gli obiettivi europei in tema di case green, ma anche quali strumenti vuole attuare per aiutare le famiglie a riqualificare le proprie abitazioni considerando non soltanto il caro bolletta, ma anche la crisi sociale e climatica».
Contraria anche Federica Brancaccio, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance): «Se il Governo blocca l’acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici, che si stanno facendo carico di risolvere un’emergenza sociale ed economica sottovalutata dalle amministrazioni centrali, senza aver individuato ancora una soluzione strutturale, migliaia di imprese rimarranno definitivamente senza liquidità e i cantieri si fermeranno del tutto con gravi conseguenze per la famiglie. Spero che si tratti di un errore. Non posso credere che il Governo pensi di fermare il processo di acquisto dei crediti da parte delle Regioni senza prima aver individuato una soluzione strutturale che eviti il tracollo. E’ da ottobre che aspettiamo di capire come si pensa di risolvere una situazione che è diventata drammatica: non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico sociale di una decisione del genere».
La notizia che ha colto di sorpresa tutto il sistema Ance già in allarme per il protrarsi di una situazione di stallo che sta mettendo in ginocchio l’economia di interi territori visto il coinvolgimento di tutta la filiera dell’edilizia motore insostituibile del mercato interno.
Secondo la Brancaccio, «Senza un segnale immediato da parte del Governo su una soluzione concreta e strutturale per sbloccare i crediti rischiamo una reazione dura da parte di cittadini e imprese disperati. Abbiamo il dovere di dare risposte e di individuare una soluzione. Come Ance ci siamo già fatti carico insieme ad Abi di individuare un’efficace via d’uscita compatibile anche con la recente pronuncia di Eurostat. Dobbiamo intervenire: non c’è più tempo».
Duro anche il commento del presidente di Confartigianato Marco Granelli: «Speravamo in una soluzione che risolvesse il problema dei crediti incagliati, invece non solo non si prospetta nessuna risposta al problema ma il Governo blocca, tranne in limitati casi, la possibilità di continuare ad applicare lo sconto in fattura o a cedere i crediti».
Secondo Confartigianato, «Il blocco previsto nel decreto legge coinvolge le tante imprese che, sulla base delle norme sinora vigenti, hanno effettuato investimenti ed assunzioni nella prospettiva, di primi accordi con i committenti, di poter continuare ad operare garantendo lo sconto in fattura. Con buona pace degli obiettivi green che la misura avrebbe aiutato a raggiungere. Anche il blocco della possibilità di acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici rappresenta un altro incomprensibile ostacolo. Apprezzabile l’intervento per limitare la responsabilità in solido dei cessionari anche se non risolutiva e fuori tempo massimo».
La Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA), rilancia sulla sua pagina Internet l’intervista rilasciata alla Repubblica dal suo presidente Dario Costantini: «Quello che sta avvenendo in questi minuti è talmente grave che non l’avrei immaginato nemmeno nel mio peggiore incubo. Tantissime imprese non usciranno con i furgoni a lavorare (…) Non avevamo sentore di una decisione del genere, anche se certo ci aspettavamo delle risposte dal governo, avevamo posto queste tematiche, l’allarme sulle 40 mila imprese della filiera in enorme sofferenza a causa di tutte le difficoltà legate alla cessione dei crediti. E sono imprese che hanno lavorato in osservanza di una legge dello Stato, facendo lo sconto in fattura perché era una possibilità prevista dalla normativa vigente. Si sono messe in gioco, hanno pagato i materiali, eseguito i lavori con tutte le difficoltà legate alle norme che in corso d’opera sono cambiate in continuazione, non sono state pagate, e adesso rischiano la chiusura».