Per il recupero della plastica, promettente l’ipotesi del riciclo chimico

L’economia circolare come perno della transizione ecologica, europea ed italiana

Bratti: «Ho fiducia nel progresso, ma non ci sarà una singola tecnologia che ci salverà»

[8 Giugno 2022]

L’economia circolare è ormai parte del mondo sia accademico che politico: le criticità e il ruolo che ha verso la transizione ecologica sono stati presentati da Alessandro Bratti, già direttore generale Ispra e oggi ricercatore presso il dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie dell’Università di Ferrara, durante la conferenza “Economia circolare e green deal: una sfida per il futuro dell’economia del Paese”, svoltosi nell’Ateneo nei giorni scorsi.

Come spiega Bratti, l’economia circolare è un concetto che non può essere ridotto ad un autore o singola data. Le sue definizioni sono diverse all’interno di un piano più ampio che include progetti per il recupero dei materiali, recupero dei rifiuti e verso un’energia rinnovabile.

La difficoltà resta che l’economia circolare ha varie definizioni, il cui concetto base «serve ad aiutare l’entrata di un bene e mantenere questo bene in un sistema di mercato dove possa essere riutilizzato di nuovo», parlando di un sistema che si trasforma da lineare – dove si usa e butta – al circolare, dove si usa e riusa.

In particolare, come spiega il ricercatore, l’economia circolare si collega anche alla sfida della transizione energetica in corso nell’Ue; si pensi in particolare alla gestione delle materie critiche necessarie per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, ma di cui il territorio dell’Ue è povero.

Per gli altri materiali e in particolare riguardo alla plastica, Bratti si esprime in maniera molto decisa dicendo che non solo serve consumarne meno, ma anche che non c’è una singola soluzione in campo: «Ci sono varie soluzioni complesse per vari problemi complessi. Ho fiducia nel progresso, ma non ci sarà una singola tecnologia che ci salverà. Non è tanto la quantità di plastica usata, ma il fatto che si trovi in tanta quantità nei mari ed altri luoghi per colpa di una mala gestione della filiera. Sulla plastica c’è tanta disinformazione», sottolinea Bratti.

Nell’Ue si producono prodotti circa 25,8 milioni di tonnellate di plastica, di cui il 30% legato al packaging, mentre nella raccolta indifferenziata dei rifiuti si stima sia presente il 16,5% della plastica prodotta a livello nazionale (circa 2 mln ton/anno).

Come gestirla? Tra le ipotesi più innovative c’è quella del riciclo chimico, che potrà ridurre sensibilmente il recupero termico e complementare il riciclo meccanico per il raggiungimento degli obiettivi comunitari.

Ampliando il quadro di riferimento, Bratti ha annunciato che a breve verrà pubblicata la versione definitiva del Piano per la transizione ecologica, i cui punti sono fondamentali per procedere verso una transizione che includa i produttori di beni, che devono domandarsi che fine fanno i loro prodotti dopo il ciclo di vita. Un elemento che non si era visto negli anni scorsi.

Invece menzionando il Programma nazionale di gestione dei rifiuti (Pngr), Bratti ha ricordato che sono le regioni a elaborare i piani di gestione, coi comuni chiamati poi a gestirli seguendo alcuni principi fondamentali, come: alta percentuale di raccolta differenziata, elevata intercettazione delle frazioni organiche, elevate quantità di processi di digestione anaerobica con recupero di energia e compost, con ridotti processi per il pretrattamento dei rifiuti indifferenziati.