Economia circolare, il Treno verde porta a Bruxelles le eccellenze (e le lacune) italiane
Zampetti (Legambiente): «Non è più procrastinabile la revisione della nostra legislazione in materia, ancora oggi inadeguata e contraddittoria»
[24 Aprile 2017]
Da Catania a Milano, fino alla tappa inedita di Bruxelles. L’edizione 2017 del Treno verde promosso da Legambiente e Ferrovie dello Stato è arrivato oggi alla sua ultima fermata, per sostenere la necessità di un accordo ambizioso tra Parlamento e Consiglio europeo in merito al pacchetto normativo sull’economia circolare che proprio da Bruxelles attende l’ultimo via libera.
Il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani e diversi rappresentanti delle migliori esperienze nella gestione dei rifiuti presentano, infatti, al vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen e all’eurodeputata Simona Bonafè, relatrice del pacchetto sull’economia circolare, l’atlante dei campioni dell’economia circolare #circulareconomy made in Italy: 107 esperienze tra aziende, cooperative, start-up, associazioni, realtà territoriali e Comuni che hanno già investito su un nuovo modello produttivo, dove le materie prime seconde hanno il posto che meritano.
«È fondamentale che in sede di Consiglio l’Italia sostenga una riforma ambiziosa della politica comune dei rifiuti – spiega il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani – Il nostro governo deve fare la sua parte affinché si realizzi quella che è una strategia moderna e sostenibile per uscire dalla crisi, senza nascondersi dietro le posizioni di retroguardia di alcuni Stati membri che contrastano gli obiettivi sostenuti dal Parlamento».
La strada compiuta dal pacchetto normativo sull’economia circolare parte da lontano, e non si distingue per un percorso particolarmente brillante. Un mese fa dall’Europarlamento è arrivata un’approvazione a larga maggioranza, adottando un testo che migliora la proposta del 2015 fatta dalla Commissione europea, in particolare per quanto riguarda i target di riciclaggio al 2030 innalzati al 70% per i rifiuti urbani e all’80% per gli imballaggi: in pratica, gli stessi target previsti anni fa dalla Commissione europea a guida Barroso, poi ritoccati al ribasso con l’insediamento di Juncker. Ora tocca al Consiglio europeo dare il suo contributo al percorso politico, ma al di là delle percentuali che verranno ufficializzate difficile pensare che il pacchetto normativo possa superare il suo limite principale: rivolgersi quasi esclusivamente al mondo dei rifiuti urbani ignorando quelli speciali, che in Italia sono quattro volte tanti, e non prestare alcuna cura ai flussi di materia e risorse naturali impiegati nei processi produttivi. Un po’ poco dunque per parlare davvero di “economia circolare”.
Per quanto riguarda invece la sola sfera dei rifiuti urbani le misure individuate in sede europea risultano ambiziose, con il pregio di proporre obiettivi di riciclo (il fine) e non di raccolta differenziata (il mezzo per raggiungerlo) come invece avviene in Italia. Un paradosso che spiega quanto ancora ci sia da lavorare per l’economia circolare nel nostro Paese, nonostante il numero delle singole eccellenze imprenditoriali continui a crescere.
«L’Italia è stata conosciuta a livello internazionale per anni come il paese delle emergenze rifiuti – aggiunge Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – oggi però possiamo avvalerci di tante esperienze di successo praticate da Comuni, società pubbliche e imprese private, che fanno della penisola la culla della nascente economia circolare europea al centro dell’importante pacchetto europeo votato dall’Europarlamento poche settimane fa. Ma si devono rimuovere nel nostro Paese gli ostacoli non tecnologici che frenano lo sviluppo di questo settore. Non è più procrastinabile la revisione della nostra legislazione in materia, ancora oggi inadeguata e contraddittoria: dalle norme sulle materie prime seconde, a quelle sul cosiddetto ‘end of waste’ e sulla semplificazione delle procedure autorizzative per promuovere il riciclo di quello che viene raccolto in modo differenziato».