Pubblicato il nuovo studio strategico della Community floating offshore wind
Eolico offshore, in Italia potenziale da 27mila nuovi posti di lavoro al 2050
Ambrosetti: «Il sistema industriale italiano ha importanti competenze nel settore dell’acciaio e della navalmeccanica, possono essere sfruttate per costruire una posizione di leadership»
[2 Febbraio 2024]
L’Italia è il luogo ideale per produrre elettricità verde da eolico offshore galleggiante, in modo da contribuire alla decarbonizzazione sostenendo al contempo l’economia e l’occupazione nel Paese.
È quanto emerge dallo studio strategico pubblicato oggi dalla Community floating offshore wind, lanciata da The European House – Ambrosetti in collaborazione con alcune realtà attive lungo la filiera industriale di settore, ovvero Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d’Italia.
Si tratta di uno studio che segue quello già pubblicato lo scorso settembre, in cui si evidenziano i punti di forza dell’eolico offshore galleggiante provando a smontare le numerose fake news sul tema.
In primis quelle sulle potenzialità del comparto nei mari italiani: l’Italia si posiziona infatti come il «terzo mercato mondiale per lo sviluppo di eolico offshore galleggiante, secondo il Global wind energy council. Le stime svolte in collaborazione con il Politecnico di Torino indicano un potenziale di 207,3 GW in Italia per l’eolico offshore galleggiante, rappresentando più del 60% del potenziale di energia rinnovabile complessiva, con Sardegna, Sicilia e Puglia tra le aree di maggiore potenzialità».
Lo studio prevede che al 2050 la produzione di energia elettrica in Italia crescerà a oltre il doppio rispetto a quella attuale (600-700 TWh vs. 276 nel 2022), con le rinnovabili che contribuiranno tra il 95% e il 100% alla generazione elettrica totale.
In questo contesto l’eolico sarà fondamentale: rappresenterà fino al 23% dell’elettricità totale generata (dal 7% del 2022), di cui fino al 10% proveniente dall’offshore, rendendo necessaria l’installazione di almeno 20 GW di eolico galleggiante entro il 2050.
Il comparto industriale sta già lavorando a questa prospettiva: «Renantis – spiega l’ad Toni Volpe – insieme con BlueFloat Energy sta sviluppando in Italia 6 parchi eolici marini galleggianti, per un investimento complessivo di 18 miliardi di euro e una capacità installata di 5.500 Megawatt».
Ad oggi si tratta però di ragionare in prospettiva, dato che non c’è nessun impianto eolico marino galleggiante attivo lungo le coste del Paese. E l’unico offhore in esercizio ha iniziato a produrre 14 anni dopo l’inizio dell’iter autorizzativo.
Anche la programmazione del Governo Meloni risulta assai deficitaria. La bozza di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) prevede che solo il 2% dell’obiettivo di potenza rinnovabile elettrica installata al 2030 provenga da impianti eolici offshore, mentre secondo lo studio è essenziale definire una chiara visione industriale a lungo termine, con un obiettivo di almeno 20 GW entro il 2050. Una strategia che ripagherebbe sotto il profilo sociale ed economico, oltre che ambientale.
«La tecnologia dell’eolico offshore galleggiante è un’opportunità senza precedenti per il sistema Italia, con la prospettiva di generare un’occupazione significativa, stimata in fino a 27 mila posti di lavoro entro il 2050», spiega Pierroberto Folgiero, ad e dg di Fincantieri.
La creazione di una filiera nazionale per questa tecnologia – che implicherebbe fabbricazione, assemblaggio, varo integrazione, oltre a progettazione e manutenzione – potrebbe generare un valore aggiunto cumulato tra il 2030 e il 2050 pari a 57 miliardi di euro.
Allargando il quadro d’osservazione, il nostro Paese vanta una leadership in diversi settori collegati alla produzione di tecnologie necessarie allo sviluppo dell’eolico offshore galleggiante – in particolar modo il comparto metallurgico, navalmeccanico e delle infrastrutture portuali – che già oggi attivano complessivamente un totale di 255,6 miliardi di euro e 1,3 milioni di occupati nel Paese.
«Il sistema industriale italiano importanti competenze – sottolinea nel merito Valerio De Molli, ad Ambrosetti – nel settore dell’acciaio e della navalmeccanica, le quali possono essere sfruttate per costruire una posizione di leadership nel mercato globale di questa tecnologia con importanti benefici soprattutto nelle regioni del Sud».
Cosa manca per supportare questa strategia industriale? Lo studio si sofferma in particolare su due punti: accelerare l’attuazione del Piano di gestione dello spazio marittimo, che l’Italia non ha ancora presentato – per questo è in procedura di infrazione Ue – e al contempo la pubblicazione del decreto Fer 2, chiamato a sostenere la produzione di elettricità da fonti rinnovabili innovative.