Fotovoltaico a terra? Non è consumo di suolo come la cementificazione

Le principali associazioni ambientaliste del Paese si rivolgono all’Ispra chiedendo un confronto nel merito

[10 Luglio 2023]

Dodici tra le più importanti associazioni ambientaliste attive in Italia si sono rivolte all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per chiedere «un confronto con spirito costruttivo» in merito al prossimo rapporto che l’Ispra produrrà sul consumo di suolo in corso a livello nazionale.

In particolare, la richiesta è che l’Ispra «riveda nei propri conteggi il fotovoltaico a terra non computandolo come consumo di suolo», in quanto – a differenza di quanto accade con la cementificazione – il fotovoltaico a terra «non produce alcuna impermeabilizzazione del suolo, né alcun impoverimento di nutrienti, humus, biodiversità».

Riportiamo di seguito, integralmente, la missiva spedita all’Ispra, all’Snp e al curatore del Rapporto sul consumo di suolo da Legambiente, Wwf, Greenpeace, Cittadini per l’Italia rinnovabile, Ecofuturo, Kyoto club, Ecolobby, Rinascimento green, R’Innova Palermo, Comitato scientifico Extinction rebellion, associazione Giga, Coordinamento free, Italia solare.

Gentilissimi,

ci dispiace leggere nel vostro report “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici – edizione 2022” che considerate il fotovoltaico a terra una forma di consumo di suolo, al pari della cementificazione e della desertificazione.

Il fotovoltaico a terra non produce alcuna impermeabilizzazione del suolo, né alcun impoverimento di nutrienti, humus, biodiversità.

Non prevede l’impiego di cemento, non ha alcun impatto chimico nè pregiudica – anche alla luce delle nuove opportunità garantite dall’agrivoltaico avanzato – l’utilizzo agricolo, anzi, è acclarato che consente il risparmio idrico e protegge gli insetti impollinatori dall’eccessiva insolazione.

Occupa senz’altro territorio, ma non lo consuma, al contrario lo preserva, in diversi casi, da usi ben peggiori.

Notiamo anche che un passaggio del vostro documento suggerisce che si possa fare a meno del fotovoltaico a terra, in quanto basterebbe coprire tutti i tetti e le aree già impemeabilizzate, per soddisfare il fabbisogno da energia rinnovabile.

Anche questo punto non risponde al vero, infatti, se si considera il fabbisogno non solo elettrico, ma la necessità, entro il 2050, di decarbonizzare tutto il fabbisogno energetico del Paese, la domanda di rinnovabili è ben maggiore di quella elettrica e l’impiego della sola superficie dei tetti non è certamente sufficiente.

 

Nel vostro rapporto si parla della possibilità di raggiungere dai 70 ai 92 GW di nuova potenza fotovoltaica, utilizzando le coperture: è una stima che pensiamo possa essere realistica, anche se diversa da quella del vigente Pniec, ma in ogni caso la necessità di nuovo fotovoltaico per la decarbonizzazione completa del sistema energetico (non solo elettrico) italiano al 2050 è più che tripla, rispetto a questa cifra (Rse, e Mase, strategia di lungo termine).

Siamo certi che in futuro vorrete tenere conto di tali nostre considerazioni nei vostri report.

Non ci sembra renda giustizia a un’analisi obiettiva della realtà sommare algebricamente territorio realmente impermeabilizzato dal cemento usato per parcheggi, immobili, strade e impianti industriali, che spesso lo inquinano anche, insieme a territorio che ospita strutture di produzione dell’energia che non lo impermeabilizzano, non lo inquinano e non lo depauperano biologicamente, oltre a essere fondamentali per la salvezza climatica e per l’approvvigionamento energetico di noi tutti.

Specificatamente, in vista del Vostro nuovo Report che uscirà a Settembre prossimo sulla medesima materia, anche per valutare nuovi studi e dati emersi in corso d’anno, ci rendiamo fin da subito disponibili a costruire occasioni di confronto costruttivo.