GeoSmart, la risposta Ue alla prossima crisi energetica del gas può passare dalla geotermia
Le centrali geotermiche vantano da sempre un’eccezionale continuità produttiva, ma oggi possono giocare una carta decisiva in più per spezzare la dipendenza dal gas: la flessibilità
[6 Maggio 2022]
La crisi energetica che sta gravando in maniera drammatica sulle bollette europee ed italiane in particolare – solo per calmierarne in piccola parte gli effetti, il Governo ha stanziato 30 mld di euro nell’ultimo anno – ha un responsabile preciso: il gas naturale, che l’Italia importa per il 96%.
Il 40% del gas che consumiamo arriva dalla Russia, ma l’invasione dell’Ucraina ha provocato solo l’ennesimo picco delle bollette in un trend iniziato già nell’estate 2021, quando la speculazione e i colli di bottiglia nel mercato dei combustibili fossili – particolarmente congestionato a causa di una rapida ripresa economica dopo oltre un anno di pandemia – hanno fatto iniziare l’escalation nei prezzi: sul mercato spot europeo il gas è passato dai 5-10 €/MWh del 2019 a 50 €/MWh già a settembre 2021, mentre nello stesso periodo i prezzi dell’elettricità sono arrivati a picchi di 300 €/MWh.
La Commissione Ue ha iniziato a correre ai ripari con la comunicazione RePowerEu, ma resta molto da fare, compresa una revisione del mercato elettrico europeo per spezzare il legame che lo vincola all’andamento dei prezzi del gas: come sottolineato nei giorni scorsi all’Europarlamento dal premier Draghi «i rincari sul mercato del gas si sono riversati su quello dell’energia elettrica, sebbene il costo di produzione delle rinnovabili, da cui ormai otteniamo una parte consistente di energia, sia rimasto molto basso».
Si tratta dunque di disegnare nuove strutture di mercato e definire incentivi ad hoc in grado di valorizzare al meglio le risorse rinnovabili di cui disponiamo sul territorio europeo e nazionale, un contesto nel quale la geotermia può offrire un contributo particolarmente prezioso, come spiegano dal progetto di ricerca europeo GeoSmart, cui il Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche (CoSviG) partecipa insieme ad altri 18 partner sparsi in Europa e coordinati dalla britannica TWI Ltd: la crisi energetica in corso «è il risultato di una serie di decisioni politiche prese dall’Ue e dagli Stati membri», e come tale può essere invertita liberandoci dal gas per puntare sulle rinnovabili.
Tra queste, la geotermia è in grado di svolgere un ruolo determinante grazie alle sue caratteristiche uniche in termini di continuità e flessibilità di produzione, che la rendono un candidato eccezionale per sostituire le centrali a gas; mentre la produzione di energia da fonti come eolico o fotovoltaico dipende strettamente dalle condizioni meteorologiche, la geotermia mette a frutto il calore della Terra e non soffre di questi problemi.
È noto da tempo infatti che le centrali geotermiche hanno il capacity factor più elevato (circa 90%) di qualsiasi altro impianto per la produzione di elettricità, in quanto la percentuale di energia che viene prodotta rispetto alla quantità massima producibile è molto elevata (le centrali funzionano praticamente in continuo); un fattore che rende la geotermia molto affidabile per coprire la cosiddetta richiesta di baseload – il livello minimo o basale di elettricità richiesto dal mercato – senza emissioni di gas climalteranti.
La novità su cui insiste il progetto GeoSmart è che oggi le stesse centrali geotermiche «vengono progettate sempre più in base alla capacità di fornire servizi di flessibilità», non solo di stabilità produttiva; un elemento che finora ha invece giocato a favore del gas naturale, che non a caso continua a dominare il mercato della capacità gestito da Terna per remunerare quegli impianti in grado di garantire flessibilità al mercato elettrico.
Già oggi in Germania le centrali geotermiche «hanno dimostrato che la produzione può essere aumentata o diminuita del 70% in pochi secondi per soddisfare i requisiti di bilanciamento», e da GeoSmart stanno esaminando tutte le strade possibili per implementare la necessaria flessibilità nel mercato elettrico affidandosi alla geotermia, spaziando dalla possibilità di dirottare il calore geotermico all’interno di reti di teleriscaldamento/teleraffrescamento tramite impianti di cogenerazione, all’opportunità di usare il terreno come un’enorme batteria naturale per l’accumulo di energia termica nel sottosuolo.
Le tecnologie ci sono già, ma da sole non bastano: «Non ci sono limitazioni tecniche al funzionamento delle centrali geotermiche come fornitrici di flessibilità al sistema elettrico, prendendo il posto occupato finora dalle centrali a gas. Gli ostacoli – argomentano da GeoSmart – sono principalmente economici (le centrali geotermiche devono ancora raggiungere la piena maturità del mercato in gran parte dell’Europa) e regolamentari».
In altre parole, i vantaggi tecnici che le centrali geotermiche sono in grado di garantire devono potersi riflettere nel prezzo cui vendere l’energia che producono. Un “premio” per la flessibilità che oggi va invece a una fonte fossile come il gas, per un ammontare che sul lungo termine oscilla tra i 7 e i 30 €/MWh. Al contrario di quanto sta accadendo col gas, inoltre, simili meccanismi per dare il giusto valore alle centrali geotermiche potrebbero condurre a risparmi evitando «investimenti nell’infrastruttura di rete, perché la loro affidabilità riduce drasticamente la necessità di ulteriori ridondanze», come sottolineano da GeoSmart.
Che fare, dunque? Per valorizzare appieno la geotermia e staccarci dalla dipendenza dal gas occorre in primis adeguare le regole del mercato elettrico europeo, come sottolineato anche dal premier Draghi. Da GeoSmart suggeriscono in particolare di: allineare i meccanismi di remunerazione della capacità (Crm) alla direttiva europea sulle energie rinnovabili (Red); promuovere indicatori di costo che sappiano mettere in evidenza il valore della flessibilità e dell’affidabilità produttiva nell’intero ciclo di vita degli impianti, come ad oggi l’Lcoe non riesce a fare; introdurre adeguati schemi di mitigazione dei rischi minerari in ambito geotermico, in modo da diffondere lo sviluppo delle centrali e favorire così lo sviluppo di un’infrastruttura energetica basata sulle rinnovabili anziché sul gas naturale; imporre requisiti rigorosi in modo tale che né l’Ue né gli Stati membri possano sostenere progetti sui combustibili fossili, soprattutto laddove sono disponibili alternative rinnovabili come la geotermia; guardando oltre il perimetro del mercato elettrico, definire un adeguato pacchetto legislativo “Heat market design” per prevenire future crisi legate ai prezzi del gas.
«L’Ue deve riorientare i suoi sforzi verso la realizzazione di un mercato interno dell’energia elettrica decarbonizzato e di un mercato del riscaldamento e del raffreddamento decarbonizzato», concludono da GeoSmart. Con l’Italia che potrebbe dare un contributo di primo piano in tal senso, rappresentando da sempre la principale potenza geotermica dell’Unione europea.