Geotermia, il punto sulle emissioni in Toscana
Italia Nostra e i comitati no-geo affermano che «sono decisamente climalteranti e particolarmente dannose all’ambiente». Cosa sappiamo davvero
[31 Ottobre 2019]
Si è tenuta oggi a Firenze, nella sala Montanelli del Consiglio regionale (nella foto, ndr), la conferenza stampa Geotermia ed emissioni climateranti in Toscana. Organizzato da Italia nostra, Forum ambientalista e Rete No Gesi, l’evento – cui hanno aderito anche le forze politiche di Sì-Toscana a Sinistra, M5S e Gruppo misto – prende le mosse dalla volontà di diffondere «i contenuti di ricerche scientifiche, mai smentite, che dimostrano che le emissioni delle centrali geotermiche toscane sono decisamente climalteranti e particolarmente dannose all’ambiente».
«La geotermia è una risorsa rinnovabile ed è strategica per il nostro Paese e la nostra regione – sintetizza Giannarelli, presidente del Gruppo regionale M5S – Il problema è come viene utilizzata e dove viene utilizzata. Abbiamo bisogno di confermare gli incentivi alla geotermia per tutelare i livelli occupazionali. Dobbiamo però fare anche in modo che i soldi dei cittadini vengano spesi per gli impianti geotermici a zero emissioni. Purtroppo in Toscana vi sono impianti che ancora oggi hanno problemi ambientali, come ad esempio le centrali flash, centrali che non dovrebbero ricevere incentivi. I soldi dei cittadini devono essere utilizzati per l’innovazione tecnologica verso le zero emissioni».
Al di là delle pur legittime opinioni politiche sul tema, in merito ai «problemi ambientali» degli impianti geotermici presenti sul territorio è l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) ad aver appena aggiornato i dati al 2018, che mostrano come il 100% degli impianti controllati mostri valori emissivi inferiori ai limiti; per quanto riguarda il mercurio, ad esempio, «nell’area del monte Amiata si registrano spesso dati paragonabili ai livelli di fondo naturale», con picchi paragonabili ai valori normalmente presenti nelle aree urbane.
I dati riportati dall’Arpat nel suo annuario non riguardano però i gas climalteranti come la CO2 – che non è un inquinante – in uscita dalle centrali, tema al centro della conferenza stampa fiorentina. Al proposito è certamente vero che le centrali geotermiche flash emettono CO2 (per i dati di dettaglio si rimanda a quelli messi recentemente in fila dall’Ugi, l’Unione geotermica italiana), ma la differenza rispetto alla CO2 emessa bruciando combustibili fossili è sostanziale: come spiega Alessandro Sbrana, professore ordinario di Geochimica e vulcanologia all’Università di Pisa, nel primo caso l’anidride carbonica è prodotta naturalmente nel sottosuolo e «viene rilasciata (non prodotta) dalle centrali geotermiche». Questa CO2 ha «la capacità di attraversare le coperture argillose dei sistemi geotermici e viene continuamente rilasciata in superficie in Toscana (Amiata e Larderello). Queste emissioni naturali sono di almeno un ordine di grandezza più elevate delle emissioni rilasciate dalle centrali geotermiche; inoltre l’anidride carbonica rilasciata dalle centrali è una parte della anidride carbonica che sarebbe comunque rilasciata naturalmente dal suolo attraverso il degassamento diffuso».
Se la CO2 geotermica viene naturalmente prodotta nel sottosuolo semmai «il problema è la velocità di rilascio, generalmente superiore rispetto a quella naturale quando si va ad installare una centrale», come osserva il docente di Energie rinnovabili all’Università di Firenze Daniele Fiaschi, secondo il quale in ogni caso con le attuali centrali geotermiche «il bilancio di emissioni di CO2 evitate dal mancato utilizzo di combustibili fossili per generare l’equivalente quantità di energia elettrica è sicuramente favorevole: anche includendo le emissioni naturali, a livello nazionale si risparmiano più di 70 kg per MWh di elettricità prodotta».
Non a caso anche secondo l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), ovvero la massima autorità scientifica al mondo sul cambiamento climatico, il «diffuso dispiegamento dell’energia geotermica potrebbe svolgere un ruolo significativo nella mitigazione dei cambiamenti climatici». Ciò non significa che non si possa e si debba aumentare ancora la sostenibilità dell’attività geotermoelettrica, senza però partire dal presupposto di allarmi ingiustificati: «I dati ambientali sulla geotermia in Italia dimostrano che non c’è nulla di allarmante – sottolinea nel merito Adele Manzella, primo ricercatore al Cnr di Pisa – Questo non significa che non ci siano impatti, miglioramenti sono certamente possibili». L’unica energia a impatto zero, infatti, è quella che non viene consumata.
È su questi presupposti che è stata approvata a inizio anno una nuova e più stringente legge regionale sulla geotermia, ed è per questo che il ministero dello Sviluppo economico – dopo un lungo pressing da parte della Regione, dei Comuni geotermici e degli oltre 5mila cittadini riuniti nel movimento GeotermiaSì – ha affermato in questi giorni la volontà di tornare a incentivare sia impianti a totale re-iniezione dei fluidi sia il rifacimento e la nuova realizzazione di impianti riconducibili a quelli già in esercizio, ma con miglioramenti ambientali.