Ieri il primo appuntamento “Speciale” che Legambiente e Kyoto Club hanno organizzato come Forum QualEnergia
Geotermia, per uscire dall’era fossile “anche il bene va fatto bene”. Ma va fatto
Ferrante: «Servono istituzioni più affidabili e consapevolezza che sempre più territori saranno interessati da istallazioni di impianti per le rinnovabili»
[1 Aprile 2015]
Geotermia sostenibile. Di questo si è parlato ieri a Roma al primo appuntamento “Speciale” che Legambiente e Kyoto Club hanno organizzato come Forum QualEnergia. Fabio Roggiolani di Giga e Riccardo Basosi hanno spiegato le differenze tra le tecnologie tradizionali e quelle innovative a ciclo binario e a impatto zero che permettono lo sfruttamento a fini energetici di salti di temperatura più modesti (la media entalpia). Su questa base si è sviluppato il confronto tra le associazioni, i politici (Ermete Realacci, Pd e presidente della commissione Ambiente, Ignazio Albrignani di Forza Italia e Annalisa Corrado di Green Italia, Loredana De Petris di Sel e Gianni Girotto del M5S), i tecnici dei ministeri dello Sviluppo economico e dei Beni culturali e l’on. Mauro Libè in rappresentanza del ministro dell’Ambiente. Al convegno, molto partecipato, hanno detto la loro anche i cittadini del territorio a cavallo tra Lazio e Umbria, interessato da alcuni dei progetti pilota sulla geotermia, e i sindaci di Castel Giorgio e Acquapendente che sono intervenuti nel dibattito interloquendo direttamente con Diego Righini di ITW-LKW, l’azienda che vuole realizzare quegli impianti.
Ciò che è apparso evidente è l’assoluta mancanza di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni che dovrebbero esercitare un controllo “terzo” sulle iniziative imprenditoriali, e di qui la confusione. Una confusione grave, che non solo non sa distinguere tra le diverse tecnologie geotermiche, ma che induce a far entrare nei ragionamenti di alcuni cittadini inceneritori, depositi nucleari e chi più ne ha più ne metta.
“Tutte le vacche sono grigie” e quindi opponiamoci – con la stessa intensità – a tutto e tutti. Sembrava questo il ragionamento di quei cittadini. Che inevitabilmente entrano in conflitto con tecnici, imprenditori e altri cittadini che, al contrario, ritengono che scegliendo le tecnologie più adatte e puntando sulle rinnovabili si possa costruire un futuro migliore, non solo in generale, nella lotta ai cambiamenti climatici, ma anche concretamente sui territori mettendo in campo iniziative anche in grado di rilanciare l’occupazione. Per la geotermia a media entalpia per esempio l’obiettivo di 30mila posti di lavoro non è affatto una chimera.
Certo sono posti di lavoro diffusi non concentrati. La forza della generazione distribuita sta proprio nel rinunciare alle grandi mega-centrali (dove certo lavoravano in tanti ma erano fonte di inquinamento grave e di danni alla salute) in favore di impianti più piccoli, puliti e disseminati sul territorio.
Servono allora istituzioni più affidabili e la consapevolezza che in futuro sempre più territori saranno interessati dalle istallazioni di impianti da fonti rinnovabili. Lo slogan del futuro può essere la frase di Diderot “anche il bene va fatto bene” ma sempre tenendo presente che “dobbiamo fare”: uscire dall’era del fossile è possibile ma non succede da sé, servono imprese che investano, cittadini organizzati che spingano in quella direzione e sorveglino, istituzioni preparate e che sappiano darsi una strategia. E’ chiedere troppo?