Gpp, la spesa pubblica può far crescere l’occupazione verde: il caso della plastica riciclata

Confcooperative: «Con l'acquisto di prodotti nati da plastica riciclata si genererebbe nuova occupazione, che tra filiera diretta e indiretta, creerebbe lavoro per circa 80.000 persone in meno di 3 anni»

[12 Febbraio 2020]

Il Green public procurement (Gpp), ovvero gli acquisti pubblici verdi della pubblica amministrazione, sono un vanto della normativa italiana: il nostro Paese ha legiferato sul tema già nel 2003, poi con l’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti (D.lgs.50/2016) i Criteri ambientali minimi sono stati introdotti in tutte le procedure d’acquisto pubblico di servizi, prodotti e lavori, e infine è stata chiamata addirittura l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) a monitorare l’effettiva applicazione dei Cam. Eppure, all’atto pratico, il Gpp rimane ancora oggi inchiodato a quote risibili sugli acquisti effettivi della Pa: di fatto quello che potrebbe (e dovrebbe) essere uno dei principali motori della green economy nel nostro Paese è inceppato.

«La spesa pubblica e il public procurement possono e devono essere sempre più volano di sviluppo e moltiplicatore di ricchezza ed evitare la tentazione di internalizzare i servizi – commenta Massimo Stronati, presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi nel corso del seminario “Green deal: il lavoro al centro” – Oltre alle cifre conta soprattutto la qualità della spesa». L’esempio arriva dalla plastica riciclata:  «La plastica raccolta può dare vita a oggetti green che possono essere inseriti tra gli acquisti della Pa la cui spesa annuale ammonta a oltre 170 miliardi. Se di questi se ne destinassero 20 miliardi, attraverso gare di appalto e public procurement, all’acquisto di prodotti nati da plastica riciclata si genererebbe nuova occupazione, che tra filiera diretta e indiretta, creerebbe lavoro per circa 80.000 persone in meno di 3 anni».

Del resto le potenzialità occupazionali della green economy sono ormai note, ma assai poco supportate. Il recente focus Censis – Confcoperative “Smart&Green, l’economia che genera futuro” stima che da qui  al 2023 ogni 5 nuovi posti di lavoro creati dalle imprese presenti in Italia circa 1 (il 18,9% sul totale) sarà generato da aziende attive in ambiti green: in termini assoluti si tratta di 481mila unità di lavoro. Ma non si tratta di un risultato che arriverà da solo, senza investimenti e una riqualificazione della spesa in primis pubblica.

«Incoraggiare gli acquisti green – conclude Stronati – fa bene alle imprese, all’economia e all’ambiente se pensiamo che nello scenario di riscaldamento globale le stime dei danni da disastri climatici nei paesi del G20 sono pari a oltre il 4% del loro Pil. Incoraggiare l’economia verde è un investimento non una spesa, così come prevedere dei meccanismi di incentivi e dei premi di produttività per le imprese più impegnate nella sostenibilità e che creano occupazione nel green».