Da Elettricità futura una campagna per sensibilizzare i decision maker

Green deal? Sui target per le rinnovabili l’Italia rischia un ritardo di mezzo secolo

Il nostro Paese cresce alla velocità di 1 GW all’anno e così gli obiettivi del 2030 sarebbero raggiunti solo nel 2085: a causa di Nimby, Nimto e processi autorizzativi da semplificare a rischio 90mila posti di lavoro

[11 Novembre 2020]

Mentre il mondo sembra avviarsi verso una vera decarbonizzazione della produzione dell’energia elettrica, come testimonia il rapporto  “Renewables 2020 – Analysis and forecast to 2025” pubblicato ieri dall’International energy agency (Iea) che certifica l’ascesa delle rinnovabili nell’intero pianeta, l’Italia arranca con una crescita annua a passo di lumaca: +1 GW. E che la porterebbe a raggiungere “gli obiettivi del 2030 nel 2085”. Un ritardo di 55 anni, un vero record negativo. Insomma, messa così, la ‘transizione energetica’, secondo Elettricità Futura che ha lanciato non a caso una campagna social di sensibilizzazione per diffonderne la cultura, è una grandissima opportunità che il nostro Paese “non sta cogliendo”.

Il settore delle rinnovabili, infatti, ha “degli obiettivi chiari da qui al 2030 che da un punto di vista industriale non è un termine lunghissimo”, ma la situazione “è molto grave”. A dirlo è Agostino Re Rebaudengo, presidente Elettricità Futura, intervenuto alla web conference ‘La spinta delle rinnovabili e dell’efficienza energetica per il rilancio dell’economia nazionale. Le iniziative del Gse’ nell’ambito di Key energy.

L’Europa ha alzato il tiro e, spiega Re Rebaudengo, “nelle prossime settimane sapremo definitivamente se l’obiettivo di decarbonizzazione sarà di -55% o -60% (rispetto al 1990, ndr). Restando al -55% vuol dire nel solo settore elettrico italiano 100 mld di euro investimenti e 90mila nuovi posti di lavoro. Il che si traduce nella messa a terra degli impianti o sui tetti di 65 Gw di nuova potenza da fonte rinnovabile nel nostro paese, che vorrebbe dire arrivare ad un totale di 120 Gw installato al 2030″.

La realtà però – e non stupisce visti anche gli elementi portati alla luce dal think tank Ember in questi giorni proprio sui ritardi dell’Italia – è assolutamente un’altra: “Negli ultimi due anni siamo riusciti a costruire in Italia solo 1 Gw all’anno e se continuiamo così arriveremo a 66 Gw, ovvero alla metà di quello che avremmo dovuto fare”. La situazione, dunque, “è molto molto grave”. Per questo “la nostra campagna social si chiama “GreenDealOra? non possiamo più aspettare”.

Di fronte a questo scenario, infatti, spiega l’associazione delle imprese elettriche italiane, “l’Italia sta perdendo l’opportunità del Green deal: è falso che siamo sulla buona strada! Acceleriamo o di questo passo raggiungeremo i target del 2030 nel 2085”.

E pensare invece che con il Green deal verrebbero “generati benefici anche sull’occupazione e mobiliterà nei prossimi 10 anni in Italia nel solo settore elettrico circa 50.000 nuovi occupati permanenti al 2030 e 40.000 nuovi occupati temporanei annui per un totale di 90.000 nuovi occupati al 2030”. Ma è tutta teoria, perché “per cogliere questa grande occasione è necessario lavorare per una transizione energetica equa ed inclusiva attraverso l’adozione di policy in grado di generare benefici in termini di Pil, occupazione e riduzione delle disuguaglianze”.
Sulla questione è intervenuto anche il presidente dell’Anev, Simone Togni:“Senza una riforma sostanziale del processo autorizzativo non si raggiungeranno gli obiettivi posti dal Pniec. È sempre più chiaro – ha aggiunto – che il settore eolico potrà esprimere il proprio potenziale per mezzo di interventi volti a semplificare gli iter amministrativi, non soltanto per l’installazione di nuovi impianti, ma anche per quanto riguarda il rinnovamento e il potenziamento di quelli esistenti. Non va trascurata inoltre – ha concluso – la nuova frontiera dell’eolico offshore e in particolare di quello innovativo che utilizza le piattaforme flottanti, di particolare interesse per il nostro Paese”.

Che fare quindi? Elettricità futura non ha dubbi. Nelle slide di presentazione dell’iniziativa l’associazione sottolinea che “è fondamentale che Governo e Regioni lavorino con le associazioni di settore per ridurre il fenomeno Nimby (Not in my back yard) anziché (come spesso avviene) alimentarlo per mettere in difficoltà la controparte politica; fissare un target regionale; decidere con i funzionari delegati al permitting come raggiungere il target regionale, così facendo siamo certi che il fenomeno del Nimto (Not in my term of office) si ridurrà molto”.

Un’analisi lucida, purtroppo, del problema: la transizione energetica prima di tutto va saputa governare. Proprio per non farsi sfuggire le opportunità economiche, ma soprattutto sociali e ambientali per la collettività. I progetti vanno certamente valutati con tutti gli strumenti, anche burocratici, necessari ma in tempi certi e con risposte certe. I comitati debbono fare il loro lavoro, che non è quello dei politici e dei governanti. La decarbonizzazione solo pochi anni fa sembrava per molti una ‘bestemmia’. A partire dagli industriali. Oggi è un’opportunità. Non sprechiamola.