Per sfruttare appieno il potenziale esistente tutti devono fare la loro parte: politica, imprese e cittadini
Green economy, in Italia la geotermia può moltiplicare per dieci i posti di lavoro
Dai 3mila addetti di oggi (senza indotto) i 30mila sono alla portata del Bel Paese. A Roma il convegno Kyoto Club e Legambiente
[31 Marzo 2015]
Il potenziale per l’utilizzo della geotermia come fonte energetica rinnovabile, nel mondo e in Europa, è molto ampio. Secondo i risultati messi in fila dal Centro comune di ricerca della Commissione Europea e sintetizzati dall’Arpat, a oggi la quota di mercato della geotermia nell’Ue è infatti ferma a un misero 0,2%, ma è destinato a salire presto: «Nel 2020 la produzione annua di energia geotermica nell’UE potrebbe raggiungere circa 50 terawatt (TWh) con le pompe di calore geotermiche (dagli attuali 27 TWh), 30 TWh con l’uso diretto (dagli attuali 7,6 TWh), e 10,9 TWh (dagli attuali 5,56 TWh) attraverso gli impianti geotermici». Nel mondo, in un solo anno (i dati sono fermi al 2010), sono stati già 114,4 milioni i barili di petrolio (17,2 milioni di tonnellate di greggio) equivalenti dovuti all’energia geotermoelettrica, e sottratti al consumo di fonti fossili.
In questo contesto, guardando all’immediato futuro l’Italia cammina sul fil di lana. Da una parte ha a disposizione un know-how prezioso (il primo impianto industriale al mondo per l’utilizzo dell’energia geotermica nasce in Toscana), dall’altro fitte incertezze che ne frenano le potenzialità. La normativa che disciplina la produzione di energia da fonte rinnovabile, e geotermica in particolare, è in grado di tenere il passo dell’innovazione tecnologica? Le imprese hanno messo in campo modalità di relazione e coinvolgimento con i territori? Associazioni e cittadini sono realmente disponibili al confronto?
È attorno a questi e altri quesiti che si è sviluppato a Roma il convegno Speciale geotermia, il futuro a emissioni zero è già qui, promosso oggi da Legambiente e Kyoto Club. Il dibattito è stato animato da rappresentanti autorevoli delle imprese, delle istituzioni e delle associazioni ambientaliste, tra cui il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, Ermete Realacci (commissione Ambiente della Camera) e Franco Terlizzese (Mise).
I numeri sul tavolo sono quanto mai invitanti: qualora le condizioni di mercato e normative consentissero di sfruttare appieno il potenziale esistente, gli occupati attuali nel comparto dell’energia geotermica in Italia (indotto escluso) potrebbero decuplicare, passando da 3mila a 30mila addetti.
«La geotermia rappresenta una opportunità reale di sviluppo economico sostenibile per il Paese – sottolinea Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club – Per concretizzare questa prospettiva, è importante che tutti facciano la propria parte: le imprese nell’operare in maniera responsabile e partecipata rispetto ai territori, i cittadini nell’accettare la sfida del dialogo. E la politica, a cui spetta la definizione di un quadro normativo semplificato e favorevole allo sviluppo di una economia energetica sostenibile».
Materiale da cui (ri)partire ce n’è in abbondanza. Attraverso gli impianti ad alta entalpia (la tecnologia più vecchia), la maggior parte dei quali si trovano in Toscana e grazie ai quali l’Italia è il primo produttore italiano di energia elettrica da geotermia, i GWh prodotti sono già 6mila, mentre la media entalpia aggiunge ulteriori 500 MWh. «La sfida di un futuro rinnovabile non può fare a meno dalla geotermia – ha rilanciato Ermete Realacci – e in particolare non può prescindere dalle opportunità che arrivano dalla geotermia a bassa e media entalpia. Tecnologie più evolute, trasparenza, certezza delle procedure e dei tempi, impianti di piccole e medie dimensioni diffusi su scala territoriale sono una componente essenziale di questa sfida».
E anche qui i case history non mancano. «Quelli raccolti nel convegno romano sono dieci, tutti progetti pilota per lo sviluppo di impianti geotermici a media entalpia di piccola taglia: dal successo di queste sperimentazioni – che metteranno in moto investimenti privati per circa 400 milioni di euro –, è stato sottolineato, daranno una spinta decisiva per l’innovazione italiana in geotermia. Siamo entusiasti di poter contribuire, attraverso questo progetto sperimentale, alla sviluppo della ‘nuova’ geotermia, che il governo ha recentemente riconosciuto come fonte strategica di interesse nazionale. Pensiamo – ha dichiarato in proposito Diego Righini, di ITW LKW Geotermia Italia, azienda il cui progetto a Castel Giorgio (Terni) è stato individuato tra le best practices – che un movimento di ‘industrializzazione ecologica’ possa prendere le mosse da qui».
«L’innovazione energetica sta procedendo velocemente anche in un settore ‘storico’ delle fonti rinnovabili, come quello della geotermia – ha concluso Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – Abbiamo l’opportunità di produrre energia pulita da risorse geotermiche a profondità e temperature inferiori rispetto al passato (media e bassa entalpia), attraverso impianti più piccoli, che meglio si possono integrare rispetto ai delicati equilibri del sottosuolo. Per rendere possibile questa prospettiva occorre alzare il livello del confronto sulle tecnologie e nei territori, ma anche introdurre procedure trasparenti e efficaci di valutazione che sono nell’interesse delle comunità e possono consentire di accelerare nella direzione di un sistema energetico sempre più distribuito e a emissioni zero di gas serra».