Finanziamenti pubblici a fondo perduto per 194 mln di euro, all’interno di un Ipcei da 5,2 mld di euro
Idrogeno dai rifiuti di Roma: dall’Ue ok al riciclo chimico. E il termovalorizzatore?
von der Leyen: «È fondamentale per diversificare le nostre fonti energetiche e contribuire a ridurre la nostra dipendenza dal gas russo»
[22 Settembre 2022]
La Commissione Ue ha approvato un secondo Importante progetto di comune interesse europeo (Ipcei) sull’idrogeno, elaborato congiuntamente da 13 Stati membri: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Svezia.
Si tratta dell’Ipcei “Hy2Use”, incentrato sulle infrastrutture connesse all’idrogeno e sulle loro applicazioni nel settore industriale, che va ad integrare il primo Ipcei sull’idrogeno – rivolto invece agli impieghi per la mobilità – già approvato a luglio.
Per questo secondo Ipcei gli Stati membri erogheranno fino a 5,2 mld di euro in finanziamenti pubblici, che dovrebbero sbloccare ulteriori investimenti privati per 7 mld di euro. Il tutto per sviluppare la produzione, lo stoccaggio e il trasporto di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio, integrandone l’uso in molteplici processi industriali – in primis quelli “hard-to-abate”, ovvero più difficili da decarbonizzare, come quelli per acciaio, cemento e vetro – riducendo in tal modo la dipendenza dall’approvvigionamento di gas fossile.
«L’idrogeno può essere un fattore di svolta per l’Europa – spiega la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – È fondamentale per diversificare le nostre fonti energetiche e contribuire a ridurre la nostra dipendenza dal gas russo. Dobbiamo fare di questo mercato attualmente di nicchia un mercato su vasta scala. Per questo motivo stiamo creando una banca per l’idrogeno e incrementeremo la nostra partecipazione finanziaria a importanti progetti di comune interesse europeo».
Dalla Commissione sottolineano che tutti i 35 progetti che fanno parte degli Ipcei sono molto ambiziosi, in quanto mirano a sviluppare tecnologie e infrastrutture che vanno al di là di quanto attualmente offerto dal mercato e «consentiranno notevoli miglioramenti in termini di prestazioni, sicurezza, impatto ambientale e efficienza in termini di costi», ma comportano al contempo «notevoli rischi tecnologici e finanziari. Pertanto, il sostegno pubblico è necessario per incentivare le imprese a realizzare gli investimenti».
«Lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio e, in particolare, per l’idrogeno verde, e la costruzione delle infrastrutture necessarie per la sua utilizzazione, ci avvicineranno al nostro obiettivo di fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050», commenta nel merito la vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager.
In questo contesto, per l’Italia assume particolare rilievo l’assegnazione – nell’ambito dell’Ipcei – di 194 mln di euro a fondo perduto a NextChem, la società del gruppo italiano Maire Tecnimont che opera nel campo della chimica verde, per realizzare a Roma una “valle dell’idrogeno” incentrata sul riciclo chimico.
Quella del riciclo chimico è una tecnologia innovativa che permette di valorizzare rifiuti solidi non riciclabili meccanicamente – e dunque destinati a termovalorizzazione o discarica, se non all’export – tramite la conversione chimica delle molecole di idrogeno, carbonio e ossigeno (gli stessi elementi compongono oltre il 90% del corpo umano) contenute in questi stessi rifiuti in un gas di sintesi (syngas), da cui poter ottenere prodotti come etanolo, metanolo e appunto idrogeno.
Nel caso di Roma, il progetto waste-to-hydrogen prevede di valorizzare 200mila t/a di rifiuti solidi non riciclabili, da cui ottenere inizialmente 1.500 t/a di idrogeno e 55mila t/a di etanolo, un alcol dagli innumerevoli utilizzi, che spaziano dalla produzione di plastiche alla difesa delle colture dalla siccità.
Nel progetto romano, la produzione di idrogeno crescerà poi in funzione dell’evoluzione della domanda, fino a 20mila t/a, riducendo proporzionalmente i volumi di etanolo.
L’Ipcei include infine un contributo di circa 4 mln di euro destinati ad attività di ricerca per ulteriori sviluppi della tecnologia waste-to-hydrogen, avvalendosi di partner scientifici tra cui Enea, Fondazione Bruno Kessler ed Università La Sapienza di Roma.
«Questo progetto, unico al mondo, rappresenta una pietra miliare nello sviluppo delle tecnologie che combinano economia circolare e chimica verde, riconoscendoci pionieri nella decarbonizzazione dell’industria hard-to-abate, con un modello che potrà essere replicato in altri Paesi», dichiara l’ad di Maire Tecnimont e NextChem, Alessandro Bernini.
Dopo l’ok della Commissione, le prossime fasi «riguardano l’avvio dell’attività progettuale e di tutta la permessistica necessaria, in modo da garantire l’entrata in funzione dell’opera nella prima metà del 2027, come previsto dal finanziamento europeo», come specificano da NextChem.
Sullo sfondo resta il destino del termovalorizzatore proposto questa primavera dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri: un impianto da 600mila t/a, ovvero un dimensionamento particolarmente grande che suscita perplessità anche tra chi guarda con favore alla sua realizzazione.
Se andassero a buon fine sia il percorso autorizzativo del termovalorizzatore, sia quello dell’impianto waste-to-chemicals, Roma si troverebbe con una dotazione impiantistica per valorizzare rifiuti secchi non riciclabili meccanicamente ancora più grande, da 800mila t/a. Troppi? E nel caso di risposta positiva a quale soluzione si darebbe la precedenza, quella che mette a disposizione 194 mln di euro di finanziamenti pubblici a fondo perduto già approvati dall’Ue per dare la gambe all’economia dell’idrogeno oltre che a gestire i rifiuti con un impatto ambientale minore, o su un impianto dalle emissioni più elevate benché ampiamente attenzionate e che incontra forti resistenze in ampie fasce della società civile? Presto arriverà l’esigenza di decidere.