Per allora l’Europa dovrà però essere già a emissioni nette zero di CO2
Il Consiglio Ue conferma, niente elettricità da fusione nucleare «prima del 2050»
Il contributo di Euratom al progetto Iter per il periodo 2021-2027 è fissato a 5,61 miliardi di euro
[22 Dicembre 2020]
Investire in ricerca scientifica è (quasi) sempre una buona idea, ma in una fase di risorse scarse – in termini economici ma anche temporali – le risorse dedicate alla fusione nucleare rischiano di arrivare decisamente fuori tempo massimo per contribuire alla lotta contro la crisi climatica.
La conferma – perché il tema di certo non è nuovo – arriva dal Consiglio Ue, dove pure gli Stati membri hanno appena dato l’assenso alla proposta per garantire il finanziamento del progetto Iter durante il periodo del quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2021-2027: contributo indicativo dell’Euratom all’impresa è fissato a 5,61 miliardi di euro a prezzi correnti.
L’accordo sul reattore sperimentale termonucleare internazionale (Iter) è stato firmato nel novembre 2006 da Euratom, Stati Uniti, Federazione russa, Giappone, Cina, Corea del Sud e India. E la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) ha assunto la guida del progetto, definito il «primo a lungo termine per la costruzione e il funzionamento di un reattore per testare la fattibilità della fusione come fonte di energia».
Ma secondo i dati della Commissione «l’importante realizzazione del primo plasma avverrà probabilmente nel dicembre 2025, con la piena operatività stimata per il 2035. L’energia da fusione come fonte energetica commercialmente valida non dovrebbe produrre elettricità prima del 2050». Un appuntamento peraltro già slittato in avanti molte volte per la fusione nucleare.
In altre parole significa arrivare in ritardo con l’appuntamento, fissato per la metà del secolo, entro il quale l’Ue dovrà raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero per frenare la corsa alla crisi climatica in corso.