Wwf: «Il dibattito pubblico italiano è quasi “fantasy”, si perde tempo a parlare di nucleare»

Il G7 si prepara a lasciare il carbone entro il 2035, ma per l’Italia la sfida è abbandonare il gas

Ecco: «Il vero obiettivo per il nostro Paese è il raggiungimento di un sistema elettrico decarbonizzato al 2035»

[30 Aprile 2024]

Con la giornata di oggi si appresta a concludersi il G7 Clima, energia e ambiente in corso a Venaria (Torino), con la partecipazione di 32 capi delegazione tra i Paesi G7, la Commissione Ue e gli altri 6 Stati rappresentati.

In attesa del documento finale, quella che si presenta come la principale notizia in arrivo dal vertice è stata anticipata ai microfoni Cnbc dal ministro britannico Andrew Bowie, secondo il quale i Paesi del G7 sono concordi nel fissare per la prima volta una data d’uscita dal carbone per la generazione elettrica: avverrà entro la metà degli anni ’30, ovvero non oltre il 2035.

«Per la prima volta le economie avanzate fissano un obiettivo comune per l’uscita dal carbone nel settore elettrico, con importanti ripercussioni per le economie asiatiche, in particolare Giappone, ma di riflesso anche per Cina e India», commenta Luca Bergamaschi, direttore e co-fondatore del think tank climatico Ecco.

Il nostro Paese si presenta a quest’appuntamento con un obiettivo all’avanguardia, dato che già dal 2017 prevede di abbandonare il carbone entro massimo due anni.

«L’Italia ha già un obiettivo al 2025 per la penisola e al 2028 per la Sardegna – conferma Bergamaschi – Visto il peso marginale (5% nel 2023) del carbone nel mix elettrico italiano, il vero obiettivo G7 di riferimento per il nostro Paese è il raggiungimento di un sistema elettrico decarbonizzato al 2035. La vera sfida per la decarbonizzazione del settore elettrico nazionale è programmare l’uscita dal gas (45% nel 2023) che, come emerge dal nostro scenario, è possibile, sicuro ed economico, attraverso la combinazione di rinnovabili, batterie e reti elettriche, senza necessità di ricorrere al nucleare».

Un’opzione che non trova giustificazione né dal punto di vista ambientale né da quello economico, dato che il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) indica chiaramente nelle rinnovabili le tecnologie più efficienti sotto il profilo dei costi per contenere le emissioni di CO2, mentre l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) documenta che le rinnovabili continueranno ad essere più convenienti rispetto al nucleare – guardando sia ai costi di produzione sia a quelli di sistema – al 2030 come anche nel 2050.

«Il G7 sembra voler entrare nel concreto dell’attuazione della decisione della Cop28, però il dibattito pubblico italiano si muove in tutt’altro contesto, diremmo quasi in una dimensione “fantasy” – osserva da Venaria Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia del Wwf Italia – Mentre tutto il mondo intende perseguire l’obiettivo di triplicare le rinnovabili e raddoppiare d’efficienza energetica, come stabilito a Dubai, in Italia si perde tempo a parlare di nucleare ben sapendo che il nucleare sicuro a fissione non esiste, e che investendo nei piccoli reattori si riduce la produzione energetica, ma si moltiplicano costi e si rischia in sicurezza. Perché poi in Italia si parli di una tecnologia che non esiste ancora come la fusione è difficile da comprendere, perché allora non investire nel teletrasporto?».

La fusione è infatti l’unica opzione nucleare sensata per la produzione di energia, e per l’Italia continuare a investirci può avere ancora un senso – nonostante se ne parli dagli anni ’50 (del secolo scorso) –, ma solo per una remota prospettiva: lo stesso Consiglio Ue conferma che non si produrrà elettricità da fusione nucleare prima del 2050, ovvero quando il percorso di decarbonizzazione dell’Europa dovrà già essere completato.

Nel breve come nel medio periodo, le rinnovabili rappresentano dunque il modo per produrre energia più sostenibile dal punto di vista ambientale come socioeconomico.

«Al ministro Pichetto inviamo questa slide realizzata dal Wwf internazionale – conclude Midulla – Dimostra come, benché le rinnovabili vadano fatte bene, il loro impatto sulla biodiversità sia minimo se rapportato a quello dei combustibili fossili».