Il Piano di ripresa? Legambiente e Forum DD: incroci economia verde e disuguaglianze

Occorre accorciare le distanze tra chi può permettersi auto elettrica e prodotti biologici, e quanti rischiano solo di pagare di più se non di perdere il lavoro

[29 Settembre 2020]

Lo sviluppo sostenibile non è fatto “solo” di attenzione per l’ambiente, ma anche di cura per la dimensione sociale ed economica della transizione ecologica: un’opportunità da cogliere per rimettere in moto l’ascensore sociale, perché se così non sarà l’intero edificio dell’ambientalismo è destinato a crollare sotto il peso di disuguaglianze crescenti. Per questo Legambiente e Forum Disuguaglianze e Diversità intendono contribuire al lavoro che porterà all’approvazione del Piano italiano per la ripresa post-Covid attraverso un percorso di approfondimento, entrando nel merito delle scelte che non riguardano il Governo ma tutti e ogni territorio.

Secondo le due associazioni l’accordo europeo di luglio e il lancio del programma NextGenerationUE, e in particolare della Recovery and Resilience facility, rappresentano un’opportunità straordinaria per rilanciare l’economia italiana, attraverso obiettivi e risorse che sono mancati dopo la crisi del 2008: agli Stati membri spetta il compito di elaborare Piani nazionali di ripresa e resilienza, che devono contenere investimenti e riforme in grado di gettare le basi per una ripresa verde, digitale e sostenibile, che abbia al centro un’azione climatica ambiziosa alla quale si chiede di destinare almeno il 37% delle risorse complessive.

Il confronto politico sul Piano è però partito con il piede sbagliato – osservano da Legambiente e Forum DD – manca un’analisi dei problemi e delle priorità su cui si vuole intervenire per non sprecare le ingenti risorse messe a disposizione che per l’Italia ammontano a 209 miliardi (85 di sovvenzioni e 124 di prestiti) per NextGenerationEU e circa 40 miliardi per i fondi di coesione, incluso il Just Transition Fund.

«Al Governo – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – chiediamo di fermare la corsa ai progetti e di aprire un confronto sulle priorità che si vogliono portare avanti per costruire un progetto a 10 anni che permetta di muovere idee e passioni, speranze per le persone e le comunità. Un paese dove tra dieci anni si sarà tornati nella media europea per il numero di bambini che accedono alle scuole d’infanzia, per l’abbandono scolastico, per l’accesso all’università e per gli investimenti in ricerca, per la diffusione della banda larga. Dove si è finalmente messo mano agli oltre 200mila ettari di terreni inquinati ancora in attesa di bonifica e alle perdite degli acquedotti, alle migliaia di scuole in attesa di riqualificazione e messa in sicurezza».

Le due associazioni sottolineano che, per essere efficace, il Recovery e resilience plan italiano dovrà dare risposta alle tre grandi questioni poste dalla crisi e dalla transizione energetica: le persone, le imprese e il lavoro, i territori. Dovrà disegnare interventi che favoriscano in primo luogo le fasce sociali più deboli, per ridurre la divaricazione sociale cresciuta in questi anni tra chi si può permettere di cambiare – con una casa certificata, il solare, l’auto elettrica, prodotti biologici e di qualità, materiali riciclati ecc. – e chi rischia di pagare di più per i servizi, la casa in cui vive e per muoversi, senza vedere alcun miglioramento e con anche il rischio di perdere il lavoro. La rivolta dei Gilet gialli francesi serva da esempio.

«Milioni di italiani stanno reagendo allo shock e alla caduta di domanda ridisegnando i loro piani di vita – aggiunge Fabrizio Barca, coordinatore del Forum DD – Avviene prima di tutto dal lato della domanda, con cambiamenti nei modi di vita, di consumo e di lavoro. E a questi cambiamenti provano ad adattarsi lavoratrici e lavoratori, imprenditrici e imprenditori, offrendo beni, servizi, tempo di lavoro. È uno di quei momenti dove le politiche devono e possono favorire l’adattamento, e facendolo possono accrescere a un tempo giustizia sociale e ambientale. Favorendo quelle produzioni verdi dove, ci dicono le analisi internazionali, l’Italia ha un vantaggio comparato».

Come fare? Legambiente e Forum DD hanno messo in fila un decalogo di suggerimenti per il Governo, e gli esempi non mancano.

Il Piano dovrà individuare le riforme strutturali di cui il nostro Paese ha bisogno, a partire dalla pubblica amministrazione con una forte semplificazione degli interventi green e investimenti nella Pubblica amministrazione per accelerare nella definizione dei progetti, nell’accesso alle risorse e nel coordinare gli interventi.

La stella polare delle politiche europee dei prossimi anni è la decarbonizzazione e il governo italiano è chiamato a individuare scelte coerenti e a riscrivere il Piano energia e clima (Pniec) per adeguare gli obiettivi al nuovo target di almeno il 55% della riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2030.

Per questo occorre il coraggio politico di cancellare con la Legge di Bilancio 2021 i sussidi più assurdi ancora in vigore (ad esempio quelli che premiano rendite a danno dell’ambiente, come gli sconti per chi estrae petrolio e gas o materiali dal sottosuolo) ma serve anche proporre una transizione nei diversi settori che permetta di trasformare contributi ed esoneri dalle accise in investimenti in innovazione e efficienza.

Con un piano capace di valorizzare e dare forza agli interventi per la transizione green e digitale, in grado di mettere assieme giustizia ambientale e giustizia sociale, il rilancio del Pil nei prossimi anni potrebbe essere ben superiore a quello previsto dal Governo (arrivare a una crescita dell’1,6% anno). L’obiettivo al 2030 che occorre porsi è di recuperare la distanza dalla media europea per il tasso di occupazione (73,2% contro il 63% italiano, dove i problemi più rilevanti riguardano i tassi di occupazione giovanile e femminile) creando lavoro in settori che hanno grandi potenzialità e fortemente radicati nei territori.