Presentata la nuova edizione del rapporto GreenItaly
In Italia ci sono oltre 3,1 milioni di green jobs. Il 35,7% dei contratti avviati nel 2020 è verde
Realacci: «La burocrazia inutile ostacola il cambiamento necessario, ma possiamo farcela se mobilitiamo le migliori energie del Paese, senza lasciare indietro nessuno»
[20 Ottobre 2021]
Pur con tutte le difficoltà di contesto, neanche la pandemia ha tagliato le gambe all’economia verde italiana, con un doppio vantaggio: per le imprese, dove sostenibilità fa rima con competitività, e per i lavoratori grazie alle opportunità messe in campo tramite i green jobs.
A documentare questo sviluppo è il nuovo rapporto GreenItaly, arrivato ormai alla XII edizione ma curato come sempre dalla fondazione Symbola insieme ad Unioncamere.
«La burocrazia inutile ostacola il cambiamento necessario, ma possiamo farcela se mobilitiamo le migliori energie del Paese, senza lasciare indietro nessuno – commenta il presidente di Symbola, Ermete Realacci – nel rapporto GreenItaly si coglie un’accelerazione verso un’economia più a misura d’uomo che punta sulla sostenibilità, sull’innovazione, sulle comunità e sui territori».
Per capire la dimensione economica della transizione ecologica, GreenItaly documenta che sono oltre 441 mila le aziende che nel quinquennio 2016-2020 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green:il 31,9% delle imprese nell’industria e nei servizi ha investito, nonostante la crisi causata dalla pandemia, in tecnologie e prodotti green, valore che sale al 36,3% nella manifattura.
Secondo quanto emerge nel rapporto non è difficile capire le ragioni di queste scelte: queste imprese hanno un dinamismo sui mercati esteri superiore al resto del sistema produttivo italiano, innovano di più e producono più posti di lavoro: con specifico riferimento alle imprese manifatturiere (5-499 addetti), nelle eco-investitrici la quota di esportatrici è pari al 31% nel 2021, contro un più ridotto 20% di quelle che non hanno investito. Anche sul fronte dei fatturati il 14% delle imprese investitrici attende un aumento di fatturato per il 2021, contro un 9% delle altre.
La pandemia ha avuto un effetto asimmetrico sui diversi settori e comparti dell’economia: se molti hanno perso quote di reddito ed occupazione nel 2020, per altri c’è stata, invece, crescita o consolidamento. Il settore green rientra tra questi, avendo sostanzialmente confermato nel 2020 le performance del precedente anno sia in termini di investimenti (come visto in precedenza) sia di occupazione.
Anche sotto il profilo dell’occupazione “green” il 2020 si conferma dunque un anno di consolidamento, nonostante le gravi difficoltà generate dalla pandemia. I contratti relativi ai green jobs – con attivazione 2020 – rappresentano infatti il 35,7% dei nuovi contratti previsti nell’anno.
Andando nello specifico delle figure ricercate dalle aziende in ambito green jobs, emerge una domanda per figure professionali più qualificate ed esperte in termini relativi rispetto alle altre figure, che si rispecchia in una domanda di green jobs predominante in aree aziendali ad alto valore aggiunto.
A fine anno gli occupati che svolgono una professione qualificata dal rapporto come green job erano pari a 3,141 milioni – un dato sostanzialmente stabile dal 2018 – di cui 1,060 milioni al nord-ovest (33,8% del totale nazionale), 0,740 milioni al nord-est (23,6%), 0,671 milioni al centro (21,4%) e i restanti 0,668 milioni al Mezzogiorno (21,3%).
«Il Covid non ha fermato gli investimenti green, perché sempre più imprenditori sono consapevoli dei vantaggi competitivi derivanti dalla transizione ecologica. Ma ancora oltre la metà delle imprese manifatturiere percepisce questo passaggio più un vincolo che una opportunità – conclude il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – Per dare ulteriore impulso alla transizione ecologica occorre intervenire: sulla carenza di competenze attraverso percorsi di formazione adeguati; sulla diffusione di una cultura d’impresa più sostenibile; sull’accesso al credito bancario per facilitare il reperimento di risorse destinate investimenti ambientali; sulle norme e sulla fiscalità, semplificando le procedure amministrative oltre a incentivi e agevolazioni; sulla creazione di mercati per la sostenibilità (Green Public Procurement, ecc.); sull’affiancamento da parte delle istituzioni alle imprese, sia nelle problematiche di carattere tecnico e tecnologico, sia di assistenza all’accesso a risorse e servizi».