Perini: «Senza l’autosufficienza impiantistica tre conseguenze negative»

In Toscana servono impianti di riciclo chimico (o recupero energetico) per 597mila ton/anno

Monni: «Gli esiti dei bandi saranno leve per un salto di qualità vero in questa Regione. Ato e gestori hanno presentato progetti molto seri e concreti, per quasi 400mln di euro di investimenti»

[1 Marzo 2022]

Cittadini e imprese della Toscana generano ogni anno 2,15 mln di ton di rifiuti urbani e 10,1 di rifiuti speciali, senza però sapere come gestirne buona parte, come dettaglia il rapporto – presentato oggi in Consiglio regionale – il rapporto Sfide e opportunità per la gestione efficiente dei rifiuti in Toscana al 2030, realizzato da Ref Ricerche e promosso da Confindustria Toscana e Confservizi Cispel Toscana.

Secondo l’analisi Ref ricerche, tra urbani e speciali, al 2030 il fabbisogno toscano a chiusura del ciclo di gestione rifiuti è pari ad  almeno 597 mila ton/anno; una stima molto prudenziale, che guarda “solo” ai fabbisogni di riciclo chimico o recupero energetico (allargando l’osservazione anche ad altre frazioni di rifiuti, recentemente The European House-Ambrosetti in collaborazione con A2A è arrivata a stimare per la Toscana un fabbisogno al 2035 di oltre 1 mln di ton/anno).

«Non perseguire l’autosufficienza impiantistica, per la Toscana della gestione dei rifiuti comporterebbe tre conseguenze negative – argomenta il presidente di Cispel Toscana, Nicola Perini – Aumento dei costi di gestione e quindi di tariffe e prezzi per cittadini ed imprese rispetto ai valori attuali; aumento vertiginoso delle emissioni di gas serra, con impatto ambientale e aumento dei costi; mancanza di sicurezza ed affidabilità di uno dei sistemi centrali per garantire qualità della vita e competitività dei territori toscani. Rischi che la Toscana non può correre».

Al contrario, non dipendere da altri diventa l’occasione per trasformare le proprie fragilità in occasioni di sviluppo sostenibile, come del resto mostrano la crisi energetica in corso e la dipendenza italiana dall’import di gas russo; al contempo, quando si parla di gestione rifiuti essere autosufficienti significa fondare un presidio di legalità e trasparenza, oltre a tariffe economicamente sostenibili per cittadini e imprese.

Un contesto che per la Toscana sta arrivando a un punto di svolta: all’avvio dell’iter per il nuovo Piano regionale rifiuti e bonifiche – che sarà ribattezzato Piano per l’economia circolare – si affianca l’avviso pubblico regionale per le proposte impiantistiche che scade il 14 marzo, e i bandi del Mite per l’economia circolare che scadono sempre il 14 marzo.

«Gli esiti dei bandi saranno leve per un salto di qualità vero in questa Regione – spiega l’assessora all’Ambiente Monia Monni, intervenuta al convegno –, permettendoci di affrontare una pianificazione che stia nell’ottica europea dell’economia circolare, con una dotazione impiantistica che possa garantirci l’autosufficienza regionale. Voglio ringraziare Ato e gestori per aver presentato progetti molto seri e concreti, che ammontano a quasi 400mln di euro di investimenti: dà la misura dell’impegno che questa Regione sta affrontando, tutta insieme».

Come confermano da Cispel, le aziende toscane hanno presentato progetti di digestione anaerobica e piattaforme di riciclo all’interno dei finanziamenti del Pnrr per 400 mln di euro, ma questi investimenti – se concretamente realizzati, superando i colli di bottiglia autorizzativi come le sindromi Nimby&Nimto che stanno congestionando la gestione dei nostri rifiuti – avranno ricadute ben più ampie sul territorio: 832 mln di euro di investimenti attivati, una spinta al Pil toscano pari a +1,4% e 2.628 occupati l’anno (tra diretti, indiretti e indotto) nel periodo 2023-2030.

Al confronto, i costi del non fare sono molto pesanti. Ad oggi in Toscana sono presenti, per i rifiuti urbani, 7 discariche, 19 impianti di trattamento per l’organico (di cui 0 biodigestori), 4 inceneritori e 1 coinceneritore e ben 14 Tmb (che gestiscono il quantitativo più elevato di rifiuti urbani); ai ritmi di conferimento in discarica del 2020, la capacità residua è destinata ad esaurirsi nel 2026, aprendo l’ennesima crisi dei rifiuti. Ribaltando questo scenario apocalittico, il ricorso a «un’impiantistica regionale (riciclo chimico) consentirebbe di raggiungere l’autosufficienza regionale, di centrare il target di discarica e di risparmiare conseguire benefici economici e ambientali quantificabili in 36 milioni di euro all’anno», spiegano dal Ref ricerche.

Guardando invece ai rifiuti speciali, vale la pena notare che 1/3 di quelli generati in Toscana derivano dalla gestione e trattamento di altri rifiuti o acque (capitolo Eer 19); in altre parole 3,3 mln di ton/anno di rifiuti speciali sono “rifiuti da rifiuti” – gli scarti dell’economia circolare che dobbiamo comunque gestire –, compresi quei rifiuti urbani che passano prima dai Tmb per trasformarsi in rifiuti speciali, diventando così liberi di muoversi con dinamiche di mercato anziché soggiacere ai principi di prossimità ed autosufficienza. Soffermandosi invece sui rifiuti delle attività economiche, il Ref ricerche documenta come nel 2019 il saldo  tra i rifiuti speciali prodotti (5,8 mln di ton) e quelli gestiti (5,6 mln di ton) in Toscana fa registrare un deficit di 200mila ton/anno, cui si aggiungono «almeno 330mila le tonnellate di speciali che potrebbero essere gestite in modo più efficiente e in prossimità: 680mila ton sono i rifiuti speciali prodotti nei maggiori distretti toscani (cartaria, conciaria, tessile), col 63% fabbisogno soddisfatto da esportazioni fuori regione o all’estero». Tutti elementi che incidono pesantemente sui costi di gestione, e dunque sulla sostenibilità economica delle imprese toscane. Al 2019 Ref ricerche stima infatti che il trattamento dei rifiuti speciali in Toscana costi 779 mln di euro l’anno, ma senza adeguamenti impiantistici questi costi sono destinati a crescere del 45% entro il 2030.

«Dallo studio emerge chiaramente che, se la Toscana non farà un piano rifiuti che preveda una dotazione impiantistica adeguata, nel 2030 avremo un gap importante di gestione ovvero ci saranno rifiuti industriali e urbani, che non troveranno soluzione in Toscana – conclude il presidente della Confindustria regionale, Maurizio Bigazzi – Questo significa che dobbiamo lavorare su una impiantistica all’avanguardia dotata delle migliori tecnologie disponibili per avere minori impatti ambientali e perseguire con decisione il principio di autosufficienza del nostro territorio».