Allargando la prospettiva al Consumo materiale interno si arriva a 515,3 milioni di tonnellate
Istat, in un anno l’Italia estrae 187,8 milioni di tonnellate di risorse minerali dal proprio sottosuolo
Calano i siti estrattivi. Nel 2016 sia la produzione nazionale di olio greggio sia le estrazioni di gas naturale hanno toccato il minimo dal 1996
[15 Gennaio 2019]
Sull’economia italiana tornano a soffiare venti di recessione, con Standard and Poor’s che reputa «ottimistiche» le previsioni – già riviste al ribasso – del Governo italiano: «Per l’Italia – spiegano dall’agenzia di rating – vediamo una crescita più lenta nel 2019, al ritmo dello 0,7%, con consumi stabili ma prospettive più basse, soprattutto rispetto agli altri paesi europei, per quanto riguarda gli investimenti». Concentrandosi solo sulle previsioni del Pil è però difficile ricordare il ruolo esercitato nella nostra economia da un fattore produttivo centrale come le risorse naturali che impieghiamo per realizzare beni e servizi, con i relativi impatti ambientali: una lacuna che l’Istat contribuisce oggi a colmare attraverso il nuovo report Le attività estrattive da cave e miniere, che aggiorna i dati in materia al 2015 e 2016.
Sebbene circa un quarto dei comuni italiani (2.013) abbia almeno un sito estrattivo presente sul proprio territorio, i dati Istat mostrano che i siti estrattivi attivi e non attivi sono in calo del 6,2% nel nostro Paese (dati 2016 su 2015). In tutto si tratta di 5.137 cave e 136 miniere, ma i siti attivi produttivi nell’anno 2016 «sono 2.295 (2.227 cave e 68 miniere), dai quali si estraggono complessivamente circa 167,8 milioni di tonnellate di minerali non energetici (-3,2% rispetto al 2015). Le estrazioni nazionali, comprese le acque minerali, sono costituite per l’83,8% da minerali da cave, con 154 milioni di tonnellate (-3,2%% rispetto al 2015); l’aggregato “calcare, travertino, gesso e arenaria” è il più rappresentativo (48,6% del totale estratto dalle cave)».
Risultano in discesa anche le estrazioni di idrocarburi: al proposito l’Istat ricorda che «in Italia i giacimenti sono patrimonio indisponibile dello Stato (articolo 826 c.c.) e le imprese private che, dietro rilascio di una concessione, operano nell’estrazione corrispondono allo Stato e alle Regioni royalties, come aliquote delle produzioni annuali. Le concessioni di coltivazione di idrocarburi, a dicembre 2016 risultano 202 (113 a terra e 69 a mare) e sono in produzione 818 pozzi (656 a gas e 162 ad olio)». Complessivamente, la produzione risulta appunto in calo: nel 2016 «la produzione nazionale di olio greggio registra un calo del 31,3 % sul 2015, attestandosi sui 3,75 milioni di tonnellate, mentre le estrazioni di gas naturale con circa 6 miliardi di smc si riducono del 12,5%. In tal modo, entrambi gli aggregati raggiungono il valore più basso delle estrazioni realizzate dal 1996. In flessione anche le estrazioni di gasolina (-8,4%) che sfiorano le 13,7 mila tonnellate».
Di particolare interesse, infine, il quadro d’insieme offerto dall’Istat sulle risorse minerali estratte dal sottosuolo italiano, definite come «la dimensione fisica di input assicurati al metabolismo del nostro sistema socio-economico di materie prime, destinate a soddisfare il consumo interno o estero». Al proposito l’Istat documenta che «nel 2016 in aree a terra e in mare sono state estratte complessivamente 187,8 milioni di tonnellate di risorse minerali non energetiche ed energetiche insieme a 6 miliardi di metri cubi standard di gas naturale, questi ultimi prelevati per il 70,9% in zone marine».
Tanto, poco? Per una prospettiva adeguata sui flussi di materia è indispensabile allargare il campo d’osservazione al Consumo materiale interno (Cmi), cioè la quantità di risorse materiali utilizzate come input dall’economia italiana, che secondo i dati Istat erano 474,8 milioni di tonnellate nel 2014, 505,5 milioni di tonnellate nel 2015 e 515,3 milioni di tonnellate nel 2016 (nell’ultimo rapporto Bes 2018 si riportano stime anche per il 2017, a 514 milioni di tonnellate). È su questi numeri che occorre misurare l’ambizione nazionale in fatto di economia circolare.