Istruzione, Unicef: nel mondo in 10 anni quasi nessun progresso
135 milioni di bambini e ragazzi poveri continuano a non andare scuola
[7 Settembre 2017]
Secondo l’Unicef, «Negli ultimi 10 anni la percentuale di bambini e giovani tra i 6 e i 15 anni che non vanno a scuola è diminuita: oggi l’11,5 % dei bambini in età scolare – pari a 123 milioni – non frequenta la scuola, nel 2007 erano il 12,8% – ovvero 135 milioni. I bambini che vivono nei paesi più poveri del mondo e nelle zone di conflitto sono colpiti in maniera sproporzionata».
Dei 123 milioni di bambini che non frequentano le scuole, ben il 40% vive nei Paesi meno sviluppati e il 20% in zone dove ci sono guerre e conflitti. «Le guerre continuano a minacciare – e a invertire – i progressi fatti nel settore dell’istruzione – dice l’Unicef – I conflitti in Iraq e Siria si sono tradotti in altri 3,4 milioni di bambini che non seguono percorsi scolastici, portando il numero dei bambini fuori dalle scuole in Medio Oriente e in Nord Africa ai livelli del 2007 con circa 16 milioni di bambini».
Ma il record dei bambini destinati a restare analfabeti (e quindi candidati alla povertà) è nell’Africa subsahariana e nell’Asia del sud, dove vive il 75% dei bambini in età da scuola primaria e secondaria inferiore che non frequentano la scuola, in aree dove ci sono alti livelli di povertà, rapido aumento della popolazione e continue emergenze ambientali, sociali e politiche.
Ma le cose non vanno male dappertutto; l’Unicef sottolinea che «Alcuni progressi però sono stati fatti. L’Etiopia e la Nigeria, che sono tra i Paesi più poveri del mondo, negli ultimi 10 anni hanno fatto i più grandi progressi nel tasso di iscrizione a scuola dei bambini in età da scuola primaria con un aumento, rispettivamente, di oltre il 15% e di circa il 19%». L’agenzia dell’Onu che si occupa di proteggere l’infanzia evidenzia però che «I diffusi livelli di povertà, i conflitti protratti nel tempo e le emergenze umanitarie complesse hanno causato l’arresto di questo tasso, che necessita di maggiori investimenti per rispondere alle cause che tengono i bambini vulnerabili fuori dalle scuole».
Jo Bourne, Responsabile Unicef per l’Istruzione, aggiunge: «Gli investimenti mirati a far crescere il numero di scuole e insegnanti per far fronte alla crescita della popolazione non sono sufficienti. Questo approccio tradizionale non riporterà i bambini più vulnerabili a scuola – e non li aiuterà a sviluppare il proprio pieno potenziale – se continueranno ad essere intrappolati in povertà, deprivazione e insicurezza, I governi e la comunità globale devono focalizzare i loro investimenti sull’eliminazione di fattori che in primo luogo non consentono ai bambini di andare a scuola, dovrebbero inoltre rendere le scuole sicure e migliorare insegnamento e apprendimento».
Invece, nonostante il mantra “aiutiamoli casa loro”, nei Pesi poveri e/o in guerra arrivano abbondanti armi pesanti e leggere occidentali, russe e cinesi ma non i fondi per l’istruzione e le scuole vengono bombardate – come in Siria, nello Yemen o in Sud Sudan – non costruite. La mancanza di finanziamenti per ricostruire ed affrontare emergenze sta impedendo ai bambini che vivono in situazioni di conflitto di andare scuola.
L’Unicef ricorda che «In media, meno del 2,7% degli appelli umanitari a livello globale sono dedicati all’istruzione. Nei primi 6 mesi del 2017, l’Unicef ha ricevuto soltanto il 12% dei fondi richiesti per garantire istruzione ai bambini che vivono in situazioni di crisi. Sono necessari più fondi per rispondere al numero crescente e alla complessità delle crisi e per dare ai bambini la stabilità e le opportunità di cui hanno bisogno».
Bourne conclude: «Imparare garantisce ai bambini colpiti dalle emergenze un aiuto nel breve periodo, e nel lungo periodo rappresenta un investimento cruciale per lo sviluppo delle loro società. Ma gli investimenti nell’istruzione non rispondono alla realtà di un mondo instabile. Per affrontare questo problema, dobbiamo assicurare finanziamenti maggiori e prevedibili per l’istruzione nelle emergenze imprevedibili Per riuscirci, è necessario che ci siano maggiori fondi per l’istruzione e meglio pianificati durante le emergenze».