La multinazionale toscana Lucart investe 80 mln di euro sulla carta riciclata, ma in Francia

Pasquini: «Orgogliosi di poter esportare un modello di crescita responsabile e sostenibile, che valorizza i traguardi ambientali tanto quanto le performance economiche»

[12 Ottobre 2021]

La multinazionale toscana Lucart, tra le principali realtà del distretto cartario lucchese, ha deciso di investire 80 milioni di euro nel triennio 2022-2024 incentrando le risorse sulla carta da riciclare, ma si tratta di risorse che non sono dirette negli impianti toscani o nazionali. Ricadranno invece sullo stabilimento francese di Laval sur Vologne, acquistato da Lucart nel 2008 e oggi con un fatturato raddoppiato, diventato un polo di riferimento per la produzione e trasformazione di carta tissue riciclata e di carta Fiberpack, ovvero la carta derivata dal riciclo dei cartoni per bevande tipo Tetra Pak.

«Siamo soddisfatti di poter annunciare un piano di investimenti di questa portata, che per noi rappresenta un’importante tappa strategica per consolidare e rafforzare la crescita del nostro business fuori dai confini nazionali – commenta l’ad di Lucart, Massimo Pasquini – Grazie ai nuovi investimenti, lo stabilimento di Laval sur Vologne giocherà un ruolo ancora più centrale nel guidare l’espansione verso i mercati europei. Inoltre, siamo particolarmente orgogliosi di poter esportare un modello di crescita responsabile e sostenibile, che valorizza i traguardi ambientali tanto quanto le performance economiche».

Il piano articola gli investimenti da 80 milioni di euro attorno a tre capisaldi. Verrà costruito un nuovo centro logistico – altamente automatizzato e servito da navette a basso impatto ambientale – sul modello già sperimentato con successo in Italia fra lo stabilimento di Diecimo e quello di Altopascio, e sarà installata una centrale a biomasse in grado di produrre calore sfruttando il cippato proveniente dalla silvicoltura delle zone limitrofe allo stabilimento di Laval, con una riduzione delle emissioni di CO2 stimata in più di 12.000 tonnellate all’anno.

Il cuore del progetto sta però nella cartiera vista come vero e proprio impianto di riciclo, necessario per valorizzare la raccolta differenziata dei rifiuti e trasformarla in nuovi prodotti pronti per entrare sul mercato; un’attività che da anni Lucart porta avanti anche nei suoi impianti italiani.

Il centro dell’operazione francese ruota infatti sull’avviamento (entro il 2024) di una nuova macchina da carta e l’installazione di tre nuove linee di trasformazione, che consentiranno di aumentare la capacità produttiva di carte tissue riciclate e di differenziare le linee di prodotto finito. Più nel dettaglio, la nuova macchina da carta consentirà di produrre fino a 40.000 tonnellate annue di carta tissue di alta qualità e sarà servita da un impianto tecnologicamente avanzato per la preparazione degli impasti, in grado di lavorare carta da riciclare sia pre sia post consumo.

Non sarebbe stato possibile indirizzare questo tipo d’investimento sugli impianti italiani, anziché sul polo francese? «La scelta di investire in Francia deriva dal fatto, per esempio, che l’energia elettrica costa molto meno rispetto all’Italia. Unitamente ad altri costi che l’industria cartaria, ma non solo, dovrà subire, prevediamo che nei prossimi mesi vi saranno aumenti praticamente su quasi tutti i prodotti. All’estero, inutile negarlo, le cose vanno un po’ meglio», dichiara Pasquini al quotidiano locale La Nazione.

Potrebbero però andare meglio anche in Italia, ad esempio affrontando le annose criticità denunciate da anni dal comparto cartario, che incrociano la gestione degli scarti industriali e l’approvvigionamento energetico degli impianti.

A livello nazionale, infatti, il 61% delle fibre utilizzate nella produzione cartaria è costituito da carta da riciclare, e già oggi l’80% degli imballaggi in carta viene avviato a riciclo: ovvero, nel 2020 le cartiere italiane hanno utilizzato 5.207 milioni di tonnellate di carta da riciclare.

Come da ogni processo industriale, per quanto circolare, esitano però nuovi scarti – pari a circa 110 kg ogni 1000 kg di carta prodotta – che siamo chiamati a gestire in modo sostenibile.

Ad oggi il 34,3% di questi scarti (in prevalenza fanghi di cartiera e pulper) finiscono in discarica con un alto costo ambientale ed economico, mentre potrebbero essere bruciati per recuperarne calore ed energia, oppure indirizzati verso impianti di biodigestione anaerobica per ricavarne biometano. Elementi d’innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale, in grado di favorire lo sviluppo dell’industria cartaria entro i confini italiani e non solo in Oltralpe.