Lavoro, entro il 2025 in Italia serviranno 2,4 milioni di green jobs: con quali competenze?
Confcooperative: «In cinque anni il mismatch, cioè la mancanza di occupati con competenze green, sarà di 741mila unità che possono pesare fino al 2,5% del Pil»
[4 Novembre 2021]
Investire in formazione è sempre una buona idea, soprattutto coltivando competenze “verdi” nel caso in cui si stia cercando lavoro: se i dati Istat appena aggiornati mostrano come in Italia manchino ancora 314mila occupati solo per raggiungere i livelli pre-pandemia, la green economy si conferma sempre più come la strada maestra anche per il lavoro.
Secondo lo studio Censis-Confcooperative Sostenibilità, investire oggi per crescere domani, pubblicato ieri, entro cinque anni nel nostro Paese serviranno altri 2,4 milioni di occupati con competenze verdi, per alimentare la transizione ecologica prevista anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
«Il Pnrr è la benzina verde della ripresa – dichiara Maurizio Gardini, presidente Confcooperative – Solo un anno fa il fabbisogno di lavoratori con competenze green era di 1,6 milioni. A distanza di un anno il grande balzo, la richiesta salirà a 2.375.000 per gli anni 2021-2025, e di queste 1.448.000 sono figure con competenze green elevate».
Più nel dettaglio, su 2,5 milioni di occupati riconducibili oggi a interventi della Missione 2 del Pnrr (Rivoluzione verde e transizione ecologica), 2 milioni sono rappresentati da uomini nella fascia 35 – 49 anni prevalentemente nelle regioni del Nord, mezzo milione saranno donne. Se letta attraverso la variabile dell’età, la componente giovane (15-34 anni) si fermerebbe a 534mila unità (uno su cinque), mentre la fascia (35-49 anni) risulterebbe maggioritaria con 1milione e 42mila occupati (40,8% sul totale). I lavoratori più anziani rappresentano invece il 38,3% del totale che in termini assoluti colloca gli over 50 di poco sotto il milione. In base alla ripartizione territoriale, il 48,8% degli occupati di riferimento per la transizione ecologica risultano residenti al Nord, il 35,3% nel Mezzogiorno e il restante 15,9% nelle regioni del Centro.
Come cambierà il quadro nei prossimi anni? «Le imprese – secondo Gardini – saranno pronte ad assumere, ma in cinque anni, il mismatch, cioè la mancanza di occupati con competenze green, sarà di 741mila unità che possono pesare fino al 2,5% del Pil». In particolare, secondo l’analisi le professioni “green” con un grado maggiore di difficoltà di reperimento sono: i disegnatori industriali, gli idraulici e posatori di tubazioni, i verniciatori artigianali e industriali, gli ingegneri energetici e meccanici, i tecnici della sicurezza sul lavoro.
Colmare questi divari formativi sarà un’opportunità importante per i lavoratori, ma anche per le imprese. Come sottolinea lo studio Censis-Confcooperative, infatti, la green economy conviene: le imprese mediamente e altamente sostenibili hanno più anni di attività (quasi 29 anni) e una dimensione elevata in termini di addetti (336 addetti) rispetto alle imprese meno orientate alla sostenibilità.
Anche sul piano degli indicatori legati alla performance economica, emerge una correlazione fra sostenibilità e produttività del lavoro (con quasi 20mila euro in più per le imprese green-oriented) e fra sostenibilità e redditività (con un margine operativo lordo sul fatturato superiore di 2 punti e mezzo).
Infine, le imprese più sostenibili risultano più internazionalizzate, più patrimonializzate e contano su una maggiore disponibilità di capitale per addetto e su un più alto livello di capitale umano.
L. A.