La sostituzione di prodotti in plastica con altri in “bioplastica” è frutto di scelte unilaterali
Le bioplastiche stanno mettendo in difficoltà il circuito di raccolta dei rifiuti organici
In Toscana i gestori sono impegnati nella messa a punto di soluzioni al problema, ma serve coordinamento tra tutti gli attori in campo: da Cispel il punto della situazione
[27 Agosto 2019]
Una premessa: viviamo in un mondo di plastica. Ci troviamo di fronte a una vera e propria crisi planetaria, e le conseguenze di questo colossale inquinamento da plastica sono state per troppo tempo minimizzate o addirittura ignorate. Per affrontare il problema occorre ridurre l’uso di contenitori in plastica usa e getta sostituendoli con sistemi a riuso. In altri casi in nostro soccorso aiutano le bioplastiche.
Realizzate con materie prime rinnovabili, le bioplastiche riducono la dipendenza dalle risorse fossili, riducendo allo stesso tempo le emissioni durante l’intero ciclo di vita dei prodotti. Aumentano inoltre le opzioni di fine vita dei prodotti realizzati con bioplastiche, attraverso lo smaltimento e il riciclaggio. Questo tipo di plastica consente quindi di ridurre il numero dei rifiuti e quindi il carico sugli impianti di trattamento.
Il problema
Le iniziative dell’industria produttrice e della grande distribuzione in materia di sostituzione di prodotti in plastica con prodotti in “bioplastica” compostabile sono frutto di scelte unilaterali delle stesse società, e non sono state coordinate con i gestori e con le autorità di regolazione del servizio.
Il conferimento di materiali in bioplastica di caratteristiche diverse tra loro all’interno del circuito dei rifiuti organici compostabili presenta alcune criticità: la non facile comprensione da parte dell’utente della tipologia di plastica (a volte si confonde la plastica riciclabile o riciclata con quella compostabile, oppure i prodotti in carta e cartone plastificati), le diverse condizioni di compostaggio (tempi, temperature e umidità), i diversi tempi di compostaggio industriale fra i prodotti in bioplastica flessibile, quelli in bioplastica rigida ed i rifiuti organici, l’oggettiva difficoltà in fase di compostaggio di gestire bioplastiche con spessori e forme diverse (uno shopper è diverso da una posata!). Tutti aspetti tecnici che avrebbero consigliato un preventivo coordinamento delle scelte dei produttori di manufatti e i gestori delle fasi di raccolta e compostaggio, per evitare incomprensioni e difficoltà.
È evidente che il circuito di raccolta dei rifiuti organici è concepito per raccogliere ed avviare a recupero questo tipo di materiali e non è predisposto per assorbire quote crescenti di altri manufatti che non siano i sacchetti in bioplastica in cui vengono conferiti i rifiuti organici.
In fase di compostaggio la presenza di bioplastiche con tempi di degradazione superiori a quelli del materiale organico comporta la potenziale difficoltà al successivo utilizzo del compost per la visibile presenza, talvolta, di frazioni bioplastiche non completamente compostate e rispetto alle quali non è semplice spiegare agli utilizzatori finali che si tratta di rifiuti in fase di degradazione, né tanto meno agli enti preposti al controllo, che in presenza di queste frazioni sopra ad una certa tolleranza nel compost non possono che considerarlo fuori specifica.
Cosa stiamo facendo
I gestori dei servizi di raccolta e compostaggio sono impegnati nella messa a punto di soluzioni tecnologiche e di processo industriale al problema e di adeguate modalità di comunicazione agli utenti finali, ma auspicano un coordinamento delle scelte sui materiali ed i prodotti da utilizzare in sostituzione della plastica di origine fossile, prima di affermare la compatibilità con il sistema di compostaggio di un determinato territorio, previa eventuale fase sperimentale.
di Alfredo De Girolamo, presidente Confservizi Cispel Toscana per greenreport.it