
Le competenze (verdi) che mancano all’Italia per dare corpo alla transizione ecologica

Con l’arrivo delle ingenti risorse europee contenute nel Pnrr approvato dal Governo, per la prima volta da molti anni l’Italia ritrova possibilità di spesa per irrobustire la propria economia, e re-indirizzarla su binari più sostenibili. Prima ancora del denaro, l’economia ha però al centro le persone: sono (siamo) in grado di concretizzare la transizione ecologica con la necessaria efficacia e rapidità? I dati sulle competenze disponibili, soprattutto sul fronte della Pubblica amministrazione, lasciano molti dubbi.
Come messo in evidenza dall’Inapp, dal 2008 al 2018 la spesa in formazione nella Pubblica amministrazione è scesa da 262 a 154 milioni annui, con un calo di oltre il 40%; al contempo è cresciuta di oltre sei anni l’età media dei dipendenti, passando dai circa 44 anni nel 2003 a oltre 50 nel 2018.
Evidenziando alcuni dati preoccupanti contenuti nel Rapporto Inapp 2021 appena pubblicato, il presidente Sebastiano Fadda ha spiegato inoltro che meno di un terzo delle Amministrazioni pubbliche ha predisposto una rilevazione dei fabbisogni formativi e mette in atto una valutazione finale dei corsi realizzati, meno di un quinto svolge un’attività di progettazione specifica per i corsi di formazione e redige un piano o un programma per la formazione del proprio personale.
Se questo è il punto di partenza della Pubblica amministrazione, anche il mondo dei servizi pubblici – che dovrà essere giocoforza uno dei motori pulsanti della rivoluzione verde – è chiamato a migliorare sul fronte delle green skill, ovvero le competenze necessarie a plasmare la transizione ecologica.
Il Commissario europeo per l’occupazione Nicolas Schmit, intervenendo al lancio del progetto europeo Green skills in Vet, ha spiegato chiaramente che per raggiungere le promesse occupazionali del green deal – almeno 1 milione di posti di lavoro verdi aggiuntivi al 2030 – la strada obbligata passa dalla formazione, intesa nei termini di “Life-long learning”, reskilling, upskilling di professionalità, oltre ad adeguate tutele per quei lavoratori che non troveranno una nuova collocazione nel mondo del lavoro e che non potranno essere lasciati indietro.
«Le competenze dei lavoratori abilitano la trasformazione e ne permettono un governo socialmente accettabile – argomenta il presidente di Adapt Emanuele Massagli durante l’evento – Al centro dell’economia vi sono sempre le persone: sono quindi queste le prime protagoniste della transizione “verde”. Investire sulle competenze delle persone vuole dire, in prima istanza, ripensare metodi pedagogici e contenuti della formazione. Tutta la formazione, senza aggettivi: questa sfida riguarda sia la formazione iniziale, che quella continua; sia la formazione generale (general education), sia quella professionale (vocational education); tanto i giovani in formazione obbligatoria quanto gli adulti coinvolti in percorso di qualificazione e riqualificazione professionale».
Seguendo le linee su cui si svilupperà il progetto europeo, evidenziate da Adapt, la formazione delle green skills richiede in primis uno sforzo definitorio tale per cui si riesca a costruire una sintassi comune su cosa si intende con questo termine, utile anche per una rilevazione dei fabbisogni precisa e puntale. Chiarito questo, occorrerà ripensare, innovare e rinnovare i rapporti tra mondo del lavoro e mondo della formazione, non tanto negli obiettivi, quanto piuttosto nei metodi di apprendimento scelti per costruire nuove figure professionali e aggiornare, in maniera efficace, quelle già presenti perché non subiscano i grandi processi di trasformazione in atto.
Con riferimento alla survey online somministrata quale primo step della ricerca (nel momento in cui si scrive il questionario è ancora in fase di somministrazione) nell’ambito dei servizi pubblici, la maggioranza dei rispondenti ha espresso l’esigenza di una maggior integrazione tra formazione e lavoro per governare la transizione green e manifestato preoccupazione per la percezione di una scarsa “attrattività” dei settori energetico, dei trasporti pubblici e dell’acqua quale criticità per l’approvvigionamento di figure professionali idonee supportare la transizione verde e, in generale, come causa di skill mismatch.
Certo, resta anche un enorme problema di fondo nella popolazione generale. Più di sette italiani su dieci – contro una media Ocse del 49% – sono analfabeti funzionali o hanno capacità cognitive e di elaborazione minime, come mostrano in dettaglio le indagini Isfol-Piaac sulle competenze degli adulti (16-65enni) di cui abbiamo già dato conto su queste pagine grazie al supporto di Vittoria Gallina, che ha lavorato da vicino all’elaborazione di questi report. Non c’è sviluppo sostenibile senza cultura, e da qui occorre rapidamente ripartire.
