Legambiente, a Livorno più centraline per monitorare l’inquinamento da Darsena Europa
Golfarini: «I dati restituiti dalla rete Arpat sono abbastanza buoni, ma sono necessarie centraline di rilevamento fisse il più possibile a ridosso dell’area portuale e della Venezia»
[22 Febbraio 2024]
Dopo aver ottenuto l’ok del ministero alla Valutazione d’impatto ambientale (Via) lo scorso dicembre – anche se ad oggi non si conosce ancora il quadro prescrittivo – il progetto della Darsena Europa per il porto di Livorno è ormai definitivamente in rampa di lancio.
Si tratta di un progetto cruciale per lo sviluppo dello scalo portuale, principale sbocco a mare della Toscana e da sempre in simbiosi con la città labronica, ma non certo a impatto zero sotto il profilo ambientale.
Si stima infatti che la futura espansione del porto farà spazio ai container (passando dagli attuali 800 mila ai futuri 1,6 milioni di Teu) e a sempre più navi extralarge come quelle da crociera, con le relative emissioni.
Per questo Legambiente, dopo aver presentato delle osservazioni alla Via, chiede compatta – mobilitando i circoli di Livorno e Pisa oltre al regionale – di rafforzare i controlli sulla qualità dell’aria, in particolare nel quartiere Venezia e a ridosso del porto. Ovvero vicino allo sbarco delle navi da crociera.
«I dati restituiti dalla rete Arpat sulla qualità dell’aria di Livorno, sia delle stazioni fisse che di quelle mobili, sono abbastanza buoni – spiega Manrico Golfarini, presidente di Legambiente Livorno – Tuttavia i cui volumi del traffico portuale sono destinati ad aumentare ulteriormente con l’eventuale realizzazione di Darsena Europa. Pertanto è necessario dotarsi quanto prima di centraline di rilevamento fisse il più possibile a ridosso dell’area portuale e all’interno del quartiere Venezia».
Basti osservare che in Europa, nel 2022, 218 navi da crociera hanno emesso oltre quattro volte più ossidi di zolfo di tutte le auto dell’Ue; in un simile contesto il porto di Livorno, che attrae molti turisti, risulta il 16esimo più inquinato in Europa dalle navi da crociera, che arrivano a inquinare ognuna come una cittadina di circa 27mila abitanti (ad esempio Cecina).
«Mentre attendiamo di conoscere le prescrizioni ministeriali relative alla Via, è motivo di preoccupazione – sottolinea Eleonora Mizzoni, presidente del circolo di Legambiente Pisa – che la documentazione presentata dalla Autorità portuale riguardi solo la fase di costruzione dell’opera, senza valutare le conseguenze in esercizio con l’aumento del traffico navale. Tra queste, lo scalo di un maggior numero di navi da crociera, già oggi fonte di forte inquinamento atmosferico a Livorno e lungo la costa adiacente».
Rafforzare la rete delle centraline per il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico è dunque il primo, indispensabile passo per dotarsi degli strumenti necessari a orientare lo sviluppo del porto in un’ottica di sostenibilità. Ma dopo il monitoraggio sarà necessario mettere in campo azioni risolutive, come quelle esplorate da Legambiente nazionale ed Enel X nel 2021 attraverso il report Porti verdi.
Più recentemente, il circolo labronico di Legambiente ha organizzato nei giorni scorsi un convegno pubblico di alto livello – cui hanno attivamente partecipato, tra gli altri, Autorità di sistema portuale e Comune di Livorno – per presentare l’unica, concreta soluzione all’inquinamento atmosferico legato alle navi in porto: l’elettrificazione delle banchine (cold ironing) alimentata attraverso impianti rinnovabili locali, principalmente eolici.
«Il Pnrr ha stanziato 700 milioni di euro per la realizzazione di impianti di cold ironing (l’alimentazione elettrica da terra delle navi ormeggiate mentre i suoi motori principali e ausiliari sono spenti), che sarebbero anche un primo piccolo passo verso la decarbonizzazione del settore – aggiunge nel merito Lorenzo Cecchi, responsabile Mobilità sostenibile di Legambiente Toscana – Si tratta di un intervento ancor più necessario nell’ambito del progetto Darsena Europa, che potrebbe seguire il modello di porti europei come Göteborg e Rotterdam e consentire l’approvvigionamento da fonti rinnovabili prodotte localmente. Un approccio coordinato sia dal lato dell’offerta che della domanda del servizio di cold ironing può garantire un’ampia diffusione e la sostenibilità anche finanziaria».