I giovani adulti continuano a rappresentare la parte più fragile della società

L’Italia gialloverde torna in recessione, mentre aumentano i lavoratori precari

Uno scenario da incubo che il Governo nazionale avrebbe potuto provare a evitare puntando sullo sviluppo sostenibile

[31 Gennaio 2019]

Dopo essere tornata nei mesi scorsi a prendere confidenza con la parola spread, oggi l’economia italiana deve fare i conti anche con un’altra costante degli anni più bui della crisi: la recessione. È quel che accade quando l’andamento del Prodotto interno lordo risulta in calo per almeno due trimestri di fila, ovvero esattamente quanto sta subendo l’Italia – come certifica oggi l’Istat.

Era dal II trimestre del 2014 che l’andamento del Pil italiano vedeva solo timidissimi ma ininterrotti progressi, senza nessun segno meno: l’inversione di rotta è iniziata a partire dal III trimestre 2018 (-0,1%), per poi proseguire nel IV (-0,2%), giungendo così oggi al responso di recessione tecnica. «Nel quarto trimestre del 2018 l’economia italiana ha segnato una contrazione, che fa seguito a quella, più modesta, registrata nel terzo trimestre. Tale risultato negativo – dettaglia l’Istat – determina un ulteriore abbassamento del tasso di crescita tendenziale del Pil, che scende allo 0,1%, dallo 0,6% del trimestre precedente».

Torna dunque ad affacciarsi la decrescita, ma è tutt’altro che felice. In un contesto dove il 5% più ricco degli italiani possiede la stessa quota di ricchezza del 90% più povero – come testimoniano gli ultimi dati Oxfam –, una nuova contrazione dell’economia va a infierire sulle classi sociali più deboli ed esposte alla crisi, senza che gli interventi messi in campo dal Governo gialloverde nell’ultimo anno siano riusciti a porre le basi per una solida ripresa nel mercato del lavoro: i dati Eurostat mostrano che con una disoccupazione al 10,3% l’Italia è terzultima (dopo Grecia e Spagna) in Europa, mentre è sempre l’Istat a informare che a dicembre 2018 si è registrata una lieve crescita degli occupati (+23mila), tutta determinata da lavoratori a termine (+47mila) e da lavoratori autonomi (+11mila), mentre calano di 35mila gli occupati permanenti.

Il “decreto Dignità” appositamente elaborato dal vicepremier Luigi Di Maio contro il lavoro precario si sta dunque dimostrando incapace di promuovere la creazione di posti di lavoro stabili: se è vero che il tasso di occupazione a dicembre è salito al 58,8% – ovvero il dato più alto dall’inizio della crisi del 2008 –, il merito è in larga parte di lavori precari. Nel corso dell’ultimo anno l’Istat registra infatti -88mila a tempo indeterminato (-0,6%) e +257mila a termine (+8,9%), con i giovani adulti che continuano a rappresentare la parte più fragile della società: a dicembre nella fascia d’età 25-34 anni cala il tasso d’occupazione (-0,4%) e cresce quello di inattività (+0,4%).

Uno scenario da incubo che il Governo nazionale avrebbe potuto provare a evitare puntando sullo sviluppo sostenibile, adeguatamente sostenuto da investimenti pubblici mirati. Tutto questo però non è avvenuto: nella legge di Bilancio approvata da M5S e Lega su 36,5 miliardi di spesa aggiuntiva solo 3,5 sono destinati agli investimenti, e gli interventi dedicati ad ambiente, energia e territorio a dir poco marginali.