Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato la seconda edizione del Catalogo

L’Italia spende oltre 19 miliardi di euro l’anno in sussidi ambientalmente dannosi

Altro che sviluppo sostenibile, si tratta di una cifra più alta di 4,1 miliardi di euro rispetto a quella dedicata ai sussidi ambientalmente favorevoli

[9 Luglio 2019]

Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato, con più di un anno di ritardo, la seconda edizione del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli. Un’attesa che non ha portato buone notizie: se nella prima edizione – quella del 2017, con dati 2016 – il Catalogo mostrava già come le spese italiane in misure dannose per l’ambiente (16,16 miliardi di euro/anno) fossero superiori a quelle per interventi ambientalmente favorevoli (15,67 miliardi di euro/anno), il divario si è ulteriormente ampliato. L’edizione 2018 (con dati 2017) del Catalogo censisce infatti 15,2 miliardi di euro in sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) e 19,3 miliardi di euro in sussidi ambientalmente dannosi (Sad), di cui 16,8 miliardi di euro individuati come sussidi ai combustibili fossili; i sussidi i cui effetti sono stati catalogati come “incerti” toccano invece quota 6,5 miliardi di euro.

Si tratta di numeri che, più di molti altri, offrono uno spaccato realistico su quanto il nostro Paese sta davvero facendo per affrontare la sfida dello sviluppo sostenibile: nonostante le varie dichiarazioni d’intenti, l’Italia spende 4,1 miliardi di euro in più all’anno per sostenere attività dannose per l’ambiente di quanto non stanzi in sussidi volti a ridurre l’impatto ambientale della nostra economia.

Non solo: il dato è peggiorato nel corso del tempo, in quanto la differenza tra Sad e Saf è cresciuta di oltre tre miliardi e mezzo di euro tra un’edizione all’altra del Catalogo. Nel nuovo documento si sottolinea che «i dati non sono direttamente confrontabili con quelli della precedente edizione», in quanto è stato adottato un approccio diverso al censimento, ma ciò non toglie che a un’indagine più accurata risponda una differenza maggiore tra Sad e Saf rispetto a quanto precedentemente stimato. Del resto anche in futuro saranno possibili nuove sorprese: «L’attività di analisi dei sussidi sotto il profilo ambientale, ai fini del Catalogo, va vista come un lavoro in progress, di graduale estensione e di continuo aggiornamento dell’ambito d’indagine».

Nel frattempo, duole constatare che sebbene il Catalogo nasca con «lo scopo di sostenere il Parlamento e il Governo nella definizione delle politiche ambientali tese ad accogliere le raccomandazioni comunitarie e internazionali», ad oggi i dati resi disponibili sono puntualmente caduti nel vuoto. Quelli contenuti nella prima edizioni non sono stati impiegati per la definizione delle politiche economiche portati avanti dal Governo in carica, né all’interno della legge di Bilancio né del Documento di economia e finanza, né in altri, e della terza edizione del Catalogo – che avrebbe dovuto arrivare entro il 30 giugno scorso secondo l’art. 68, L. n. 221/2015 – non c’è ancora nessuna traccia. «Il Catalogo ha fini conoscitivi – commenta laconico il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – a noi la responsabilità di trarne le conclusioni e agire. “Conoscere per deliberare”, come usavano dire alcuni illuminati Padri della Patria».