Macron di fronte alla collera dei Gilet gialli, la classe media francese
Il problema “ambientale” che ha scatenato la protesta è oramai dimenticato, ed emerge quello economico e politico della classe media. Ma decine di migliaia di persone marciano ancora contro i cambiamenti climatici
[11 Dicembre 2018]
Macron si è espresso lunedì sera, 10 dicembre, alla tv per annunciare le misure per alleviare i problemi economici del ceto medio francese, i Gilet gialli. Ha parlato di “urgenza economico sociale” e ha annunciato l’aumento del salario minimo (ora 1184 euro netti mensili) di 100 euro netti a carico dello Stato, la detassazione degli straordinari e l’eliminazione degli aumenti delle ritenute previdenziali sulle pensioni sotto i 2mila euro. Il tutto per un costo stimato tra 8 e 10 miliardi di euro, che si suppone andranno ad aggiungersi al deficit programmato nella manovra fiscale francese (che dal 2,8% potrebbe passare al 3,2 o 3,3% del Pil).
Macron ha parlato dopo una concertazione con gli attori sociali e dopo la manifestazione dei Gilet gialli di sabato 8 dicembre – la quarta dall’inizio della crisi – che ha visto 125mila manifestanti in tutta la Francia di cui 10mila a Parigi. I numeri indicano un rallentamento della protesta. Erano 287mila il 17 novembre a Parigi il primo sabato di protesta, ma la collera sembra la stessa. I danni sono stati minori perché la polizia ha adottato una più efficace strategia di prevenzione e contenimento dei manifestanti, che comunque hanno prodotto danni ai negozi e incendiato svariate auto. Una protesta violenta che ha avuto tra l’altro il demerito di oscurare mediaticamente la pacifica marcia per il clima, che sempre l’8 dicembre ha portato 17-25mila persone a manifestare a Parigi, oltre a richiamare migliaia di cittadini (circa 10mila a Marsiglia, 3,5mila a Montpellier e 3mila a Lille) in molte altre città, uniti per chiedere una lotta più intensa ai cambiamenti climatici.
Al contrario l’aspetto ambientale che ha dato il via alla rivolta dei Gilet gialli, ovvero la tassa sui carburanti i cui aumenti previsti per il 2019 erano già stati cancellati e che ha dato inizio alla protesta, oramai è dimenticato, ed è emerso quello economico. Il problema non è quello della povertà assoluta che pure esiste, ma piuttosto quello della ricchezza relativa tra la periferia e il centro, tra la città e la campagna, tra i ceti medi e quelli più elevati, che ha provocato la frattura sociale. Le nuove tasse sul carburante non hanno fatto altro che portare questa frattura al punto di rottura e alla conseguente mobilitazione.
I Gilet gialli sono l’espressione della classe media, troppo ricca per avere diritto ai generosi sussidi sociali e troppo povera per vivere a un livello giudicato dignitoso, che si sente abbandonata e non rappresentata da nessun partito politico compresi quelli di sinistra (La France Insoumise, Mélenchon) e di destra estrema (Rassemblement National, Le Pen) che cercano, specie il primo, di trovare un rapporto con i Gilet gialli; France insoumise, socialisti e comunisti hanno subito presentato una mozione di censura del Governo all’Assemblea nazionale, che ovviamente non sarà approvata.
La classe media si sente inoltre tradita da Macron, che ha votato. Macron è accusato di aver tolto la tassa sul patrimonio mobiliare (Isf, imposta di solidarietà sul patrimonio), mantenendo quella sui patrimoni familiari immobiliari al di sopra di 1,3 milioni. La Isf colpiva anche i beni finanziari, cioè valute, titoli e azioni, cosa che esisteva solo in Francia e in pochi altri Paesi, e che ha portato a una fuga di capitali che Macron vuole invece mantenere in Francia perché siano investiti. L’aumento delle ritenute previdenziali sulle pensioni è stato per contro un provvedimento giudicato ingiusto per i pensionati, come se avesse scaricato su di loro l’eliminazione dell’Isf.
Il problema, oltre le tasse che diminuiscono il potere d’acquisto di salari e pensioni, è quello dei servizi ricevuti in cambio, che costano e quindi vengono ristrutturati e ritirati dalle zone meno densamente popolate. In sostanza i Gilet gialli chiedono meno tasse e più servizi, il che appare contraddittorio se non si aggiunge: “per noi”. In altre parole che siano altri a pagare e che siano altri a soffrire la mancanza di servizi. Quindi una ripartizione fiscale e dei servizi diversa.
I Gilet gialli hanno comunque richieste più radicali, e cioè un differente modo di decidere che sia più partecipato. Problema che è di difficile soluzione con la costituzione della quinta repubblica voluta dal generale De Gaulle nel 1958 proprio per limitare il potere dei partiti e l’indecisione della quarta repubblica. Per questo molti reclamano la proporzionale, per rendere l’Assemblea nazionale più rappresentativa, ma evidentemente meno decisionale. Macron, nell’intento di ritrovare l’unità nazionale di cui è espressione, ha affrontato anche questo problema con la promessa di andare all’ascolto dei sindaci che in Francia sono 36mila, quattro volte più che in Italia, e che sono a contatto con la popolazione e i suoi problemi immediati.
Basteranno le parole di Macron per fermare la protesta? Il disegno politico di Macron è di dividere il movimento dei Gilet gialli staccando dai più determinati la parte più moderata che potrebbe essere già soddisfatta dalle concessioni economiche fatte e abbandonare la mobilitazione. Si osserva comunque una diffusione della protesta dalla Francia agli altri paesi europei e in Francia verso altre categorie sociali, come gli studenti che sono in agitazione. Per ora è impossibile dire cosa succederà sabato prossimo. I Gilet gialli promettono di passare all’atto quinto, cioè il prossimo sabato di continuare la protesta.