Metti caso un termovalorizzatore a Case Passerini
[7 Agosto 2015]
Il termovalorizzatore di Case Passerini si farà: «Abbiamo deciso di decidere», hanno affermato con risolutezza le autorità locali. E quale figura istituzionale è più risoluta di Matteo Renzi? Le parole sono le sue, e risalgono a quando era presidente della Provincia di Firenze, una decina d’anni fa. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma il via libera all’Autorizzazione integrata ambientale per il termovalorizzatore è arrivata ieri, nella Conferenza dei servizi che ha dato il via libera – pare definitivo – ai lavori. Inizieranno in autunno sotto l’egida della società Q-Thermo (60% Quadrifoglio e 40% Hera), e dovrebbero durare circa due anni.
Un tempo decisamente ridotto rispetto a quello impiegato per arrivare a dare il via libera all’impianto. Uno dei tanti paradossi spiccatamente italiani. A distanza di così tanti anni dall’inizio del progetto, il contesto è inevitabilmente cambiato rispetto a quello originario. I termovalorizzatori sul territorio regionale sono oggi assai meno che allora, e quello di Case Passerini è inserito all’interno del percorso che dovrà portare la Toscana nel 2020 a recuperare energeticamente il 20% dei rifiuti urbani prodotti (oggi siamo al 13%, mentre in discarica – che dovrebbe essere l’ultima carta da giocare – viene conferito il 42%). E questo parlando solo di rifiuti urbani, mentre dovremmo ricordare che ci sono anche gli speciali, e che sono 4 volte tanto gli urbani che tanto preoccupano. In proposito, è utile rammentare anche che la quota di rifiuti – in totale – avviati a termovalorizzazione continua ad essere assai più elevata nei virtuosi e invidiati paesi nordici che alle nostre latitudini.
Alcune colonne portanti del concetto stesso di gestione sostenibile, ovvero i principi di autosufficienza e di prossimità, impongono che tali rifiuti vengano gestiti (al meglio) vicino alle aree dove vengono prodotti. Si tratta dell’altra faccia della nostra società dei consumi, e non possiamo ignorarla. E d’altra parte, oggi al di là dell’Appennino molti impianti (alcuni gestiti anche da Hera) sono in overcapacity per mancanza di rifiuti da termovalorizzare: lo Sblocca Italia del governo Renzi ha provato a sanare questo cortocircuito, ma le resistenze di cittadini e amministratori locali – assieme ai già citati principi di autosufficienza e prossimità – attendono al varco.
Tutto questo, dieci anni fa era assai difficilmente prevedibile. È il contesto attorno al termovalorizzatore di Case Passerini ad essere cambiato. Alcune cose, però non cambiano mai. Portare i rifiuti a recupero energetico nell’impianto avrà un costo di circa di 163 euro a tonnellata, mentre gettarli in discarica (ma non era l’ultima ratio?) costa sempre un centinaio di euro meno. E dall’altra parte lo Stato continua a incentivare la termovalorizzazione, che viene dopo il riciclo, a dispetto di quest’ultimo. Un gran guazzabuglio di obiettivi e norme contraddittori, condito da incertezze burocratici e tempi mastodontici. Gattopardescamente, è questo il contesto italiano che pare non voler cambiare mai. Ed è anche quello dal quale sembra costantemente emergere un’unica, grande risultante per le decisioni a proposito di pubblica utilità e sostenibilità: la casualità.