Mondi a parte. La salute e i diritti riproduttivi nell’epoca della disuguaglianza
Rapporto Unfpa: un mondo migliore con empowerment femminile e diritto alla salute e alla riproduzione
[18 Ottobre 2017]
E’ stato presentato a Roma il rapporto “Worlds Apart” dell’United Nations Population Fund(Unfpa) sulla salute sessuale e i diritti riproduttivi nel mondo, Un rapporto annuale che, spiega l’Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos), che ne cura l’edizione italiana, «mette in luce le disuguaglianze nell’accesso alla salute riproduttiva strettamente connesse alla condizione di povertà. Miliardi di persone sono immobili in fondo alla scala economica vedendosi negare diritti umani e prospettive di miglioramento, tra queste la maggioranza sono donne e ragazze».
Il rapporto parte dall’enorme disuguaglianza ne mondo «In questo momento la ricchezza congiunta dei 2.473 miliardari del mondo, supera i 7.700 miliardi di dollari, ovvero l’equivalente del prodotto interno lordo di ben quattro quinti dei Paesi del globo nel 2015 – sottolinea l’Aidos – Questo significa che, mentre alcune famiglie hanno bilanci miliardari, centinaia di milioni di altre famiglie sopravvivono con meno di 1,25 dollari al giorno. Di recente il divario economico tra Paesi ha iniziato a ridursi, anche se in molti è andato peggiorando. Nel periodo 2008-2013 il divario si è allargato in almeno 34 paesi, in cui il reddito del 60 per cento più ricco della popolazione è aumentato più rapidamente di quello del 40 per cento più povero. Chi resta indietro perde terreno anche nell’accesso a servizi di qualità per la salute e a quelli essenziali che garantiscono i diritti umani e il benessere. Al vertice, risorse e privilegi si accumulano a velocità esponenziale allontanando sempre di più il pianeta da quella visione di uguaglianza presente nell’Agenda 2030 e dai suoi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Spesso la disuguaglianza è intesa in termini di reddito e di ricchezza – la linea di demarcazione tra ricchi e poveri. Ma in realtà le disparità economiche non sono che una parte del problema. Molte altre dimensioni, sociali, politiche e istituzionali, si alimentano a vicenda precludendo, nel loro insieme, ogni speranza di progresso per chi vive ai margini».
Mariarosa Cutillo chief of strategic partnerships dell’Unfpa, ha evidenziato che «Due aspetti cruciali sono analizzati all’interno del Rapporto la disuguaglianza di genere e le disparità nell’accesso alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi, questioni essenziali che richiedono un’azione molto più ampia se vogliamo raggiungere uno sviluppo sostenibile. Una donna che non ha possibilità di studiare e di conseguenza avere un lavoro che garantisca un reddito è difficile che avrà accesso ai servizi per la salute, nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, dove le ragazze non hanno accesso all’istruzione secondaria, il 43% delle gravidanze non è pianificato. L’accesso alla salute sessuale e riproduttiva ci permette di fare prevenzione, riducendo aborti e gravidanze indesiderate o precoci. Le ripercussioni economiche non incidono soltanto sulle donne ma anche sui figli e le figlie, generando così una spirale discendente che coinvolge l’intera comunità di riferimento. Non avere il potere di decidere se, quando e a che distanza avere figli può condizionare e limitare l’intera vita di donne e ragazze».
Anche secondo l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) il rapporto Unfpa fa luce su due aspetti cruciali della disuguaglianza, quella di genere e la disparità nell’accesso alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e aggiunge che «Queste due componenti del macro tema della disuguaglianza globale richiedono un’azione molto ampia e ben specifica» senza la quale, come di ce il rapporto, «molte donne e bambine resteranno intrappolate in un circolo vizioso di povertà, ridotte capacità produttive, diritti umani non fruiti e non rispettati, potenziale irrealizzato – soprattutto nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, dove i divari sono più ampi».
Il rapporto rende evidente la stretta connessione tra le componenti che ostacolano l’empowerment della donna in tutto il mondo, come l’impossibilità di accedere a servizi sanitari adeguati, il mancato accesso ai diritti umani fondamentali (come il pieno controllo sul proprio corpo) e i fattori economici. «Cercare di trovare una soluzione a una sola di queste componenti non risolve il problema – dice l’Asvis . Il documento riflette sulla messa in pratica delle azioni volte a migliorare tutti gli aspetti».
Alla presentazione del rapporto, è intervenuto Luigi De Chiara, ministro plenipotenziario, capo Unità strategia, processi globali e organizzazioni internazionali del ministero degli esteri, che lo ha definito «Uno strumento necessario per i policy maker per la valutazione degli impatti della disuguaglianza di genere. Costringere le donne a sposarsi precocemente nega loro la possibilità di avere un proprio percorso formativo e lavorativo perpetuando il loro stato di povertà. Inoltre, cominciare il percorso di procreazione in giovane età ha risvolti estremamente negativi sulla salute delle donne. Continuare ad ammettere tali comportamenti sta accrescendo la dimensione dell’ingiustizia sociale a livello globale. In questo modo stiamo andando nella direzione opposta al sentiero segnato dall’Agenda 2030 secondo cui “nessuno verrà lasciato indietro”». De Chiara ha esortato «all’azione immediata dei governi che già possiedono gli strumenti per la lotta alle disuguaglianze di genere. L’Italia, ad esempio, oltre a partecipare all’Unfpa, ha finanziato a partire dal 2004 un fondo fiduciario Unicef che è stato alla radice dell’azione multilaterale da cui è nato il programma “Female Genital Mutilation Cutting: accelerating change” rivolto soprattutto ad azioni da realizzare in 17 Paesi africani. Oltre agli aiuti finanziari, è importante che i governi si impegnino anche politicamente. Il 25 novembre a Taormina, a questo proposito, si terrà il G7 incentrato sulle pari opportunità e l’empowerment femminile».
Stefano Vella, direttore del Centro nazionale di salute globale, ha parlato di come le disuguaglianze sociali incidano fortemente anche sulla salute globale: «E non si tratta soltanto della differenza tra il Nord e il Sud del mondo. Anche in molti paesi del Nord, fasce intere di popolazione che non possono accedere a cure adeguate soffrono e muoiono per malattie prevenibili o curabili».
Sandra Zampa, vicepresidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, ha ribadito «l’importanza del coinvolgimento dei governi che devono essere istruiti e informati su queste tematiche. Lo sforzo della Commissione parlamentare è anche quello di educare i parlamentari stessi circa le problematiche connesse alle disuguaglianze di genere».
Maria Grazia Panunzi, presidente di Aidos ha specificato gli ambiti di lavoro e d’impegno dell’Associazione: «La salute sessuale e riproduttiva e l’empowerment economico delle donne. Questi due ambiti sono strettamente interconnessi e imprescindibili per il raggiungimento di una piena uguaglianza di genere. Lavorare sul campo significa vedere con i propri occhi come i diritti umani sono strettamente collegati uno all’altro, si richiede un approccio olistico alla questione di genere che garantisca alle ragazze la possibilità reale di autodeterminarsi, avendo quindi accesso al credito, all’istruzione, alla salute per poter diventare parte attiva della società in cui vivono».
All’Aidos sottolineano che «Quando milioni di donne lottano contro analoghe privazioni, i costi per le società e le economie nel loro complesso si moltiplicano a dismisura, si affievoliscono le prospettive di realizzare i diritti umani, di promuovere una società più stabile ed equa e un’economia più inclusiva e sostenibile. Una strada alternativa – che affronti le disuguaglianze in tutte le loro dimensioni, può generare benefici significativi per la salute, sviluppo del capitale umano e sradicamento della povertà».
Lo dimostrano i Paesi più poveri che hanno una popolazione giovane già numerosa o emergente ma che riescono a ridurre i divari nell’accesso alla salute sessuale e riproduttiva e a promuovere l’uguaglianza di genere: «hanno anche il potenziale per raccogliere e massimizzare il dividendo demografico, generato anche dall’avere una forza lavoro più numerosa, sana e produttiva».