Presentata dalla Commissione Ue, non trova supporto ambientalista o scientifico

Nucleare, perché la nuova Alleanza industriale sugli Smr è l’ennesima scommessa perdente

Sabbadin (Eeb): «Ogni euro sprecato in progetti nucleari potrebbe contribuire a sostituire i combustibili fossili in modo più rapido ed economico se investito in energie rinnovabili»

[7 Febbraio 2024]

Oltre a proporre un nuovo obiettivo di decarbonizzazione al 2040 (-90% emissioni rispetto al 1990), ieri la Commissione Ue ha rilanciato le velleità del nucleare europeo presentando l’Alleanza industriale sui piccoli reattori modulari (Smr).

Si tratta di mini centrali nucleari da massimo 300 MW, idealmente producibili in serie: con una buona dose d’ottimismo, la Commissione punta a rendere operativa questa tecnologia entro i primi anni ’30 (di questo secolo).

Degli Smr si è iniziato a parlare negli anni ’80 (del secolo scorso), e hanno poi avuto una nuova spinta propulsiva dal 2001 con l’avvio della ricerca sul nucleare di quarta generazione.

A che punto siamo? Come già spiegato su queste pagine da Lucia Venturi, «al momento sono in funzione solo due prototipi: una centrale galleggiante russa da 70 MW e un reattore cinese da 200 MW. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) la competitività economica degli Smr “deve ancora essere dimostrata nella pratica” e, oltre ai consueti problemi legati alla sicurezza degli impianti come alla gestione delle scorie, è utile ricordare come lo sviluppo degli Smr abbia un secondo fine militare per l’ammodernamento delle flotte a propulsione nucleare».

Anche l’European environmental bureau (Eeb), la più grande rete europea di associazioni ambientaliste, ritiene quella degli Smr una scommessa nucleare su cui non vale la pena di investire.

«Nella sua disperata lotta per la sopravvivenza, l’industria nucleare europea chiede il sostegno pubblico agli Smr, ma il nucleare su piccola scala non cambierà la scarsa economia degli investimenti nell’energia atomica – spiega Davide Sabbadin, vicedirettore per il clima e l’energia all’Eeb – Non sappiamo nemmeno quanto tempo ci vorrà per costruire gli Smr, poiché tutti i tentativi precedenti sono stati scartati. Ogni euro sprecato in progetti nucleari potrebbe contribuire a sostituire i combustibili fossili in modo più rapido ed economico se investito in energie rinnovabili, reti e stoccaggio dell’energia».

Non è “solo” un’opinione ambientalista: il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) indica chiaramente nelle rinnovabili le tecnologie più efficienti sotto il profilo dei costi per contenere le emissioni di CO2, mentre l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) documenta che le rinnovabili continueranno ad essere più convenienti rispetto al nucleare – guardando sia ai costi di produzione sia a quelli di sistema – al 2030 come anche nel 2050.

Nonostante il «clamore pubblicitario» che avvolge gli Smr, l’Eeb sottolinea come questa tecnologia futuribile non risolva alcuno dei principali problemi legati all’energia nucleare.

In termini relativi i costi di costruzione degli Smr sono ancora più elevati rispetto a quelli delle grandi centrali nucleari, a causa della loro bassa produzione di elettricità; tenendo conto della curva di apprendimento dell’industria nucleare, perché gli Smr possano iniziare ad essere finanziariamente sostenibili occorre prima raggiungere economie di scale costruendo almeno 3.000 Smr; gli attuali progetti Smr creerebbero da 2 a 30 volte più rifiuti radioattivi da gestire e smaltire rispetto agli impianti nucleari convenzionali; diversi Paesi dell’Ue fanno affidamento sulla tecnologia e sul combustibile nucleare forniti dalla società statale russa Rosatom; secondo l’ultimo rapporto Ipcc, l’energia nucleare è una delle due opzioni di mitigazione meno efficaci (insieme alla cattura e allo stoccaggio del carbonio).

Nonostante queste prospettive, nel settembre scorso il ministero dell’Ambiente italiano ha lanciato una Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile, puntando a traguardare una roadmap di sviluppo per il comparto entro 7 mesi; gli Smr appaiono centrali in quest’approccio, come del resto già reso esplicito da parte di alcuni attori industriali di primo piano.

Intervenendo oggi in visita ai laboratori dell’Enea a Frascati, il ministro Pichetto ha ribadito che «occorre andare avanti su questa strada. E per questo a settembre abbiamo istituito al MASE la Piattaforma per il nucleare sostenibile, presidio di competenze tecniche a livello nazionale. Il nostro obiettivo è di mettere insieme istituzioni, enti universitari e di ricerca, aziende private intorno all’ipotesi di ritorno dell’Italia al nucleare. Nel frattempo abbiamo il dovere di partecipare alla ricerca e alla sperimentazione anche nel campo della fissione di ultimissima generazione così come della fusione».

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, l’Enea sta portando avanti importanti ricerche sul nucleare da fusione, in particolare grazie al Divertor Tokamak test (Ddt), una facility sperimentale in via di realizzazione proprio nel Centro ricerche di Frascati.

Ma se continuare a investire nella ricerca sulla fusione può avere ancora un senso – nonostante se ne parli dagli anni ’50 (del secolo scorso) –, lo è solo per una remota prospettiva: lo stesso Consiglio Ue conferma che non si produrrà elettricità da fusione nucleare prima del 2050, ovvero quando il percorso di decarbonizzazione dell’Europa dovrà già essere completato.