Presentato oggi alla Camera il nuovo rapporto Asvis
Obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile, l’Italia è quartultima in Europa
«La distanza dagli altri Paesi europei resta troppo ampia, forti disuguaglianze territoriali, socio-economiche e di genere»
[28 Settembre 2017]
Poco più di due anni fa, il 25 settembre del 2015, l’Italia ha sottoscritto l’Agenda 2030 dell’Onu: significa che si è impegnata di fronte alle Nazioni unite a raggiungere entro il 2030 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sgds), dall’eradicazione della povertà alla riduzione delle ineguaglianze, dal garantire modelli sostenibili di produzione e consumo all’incentivare una crescita economica duratura e inclusiva. Purtroppo non è così che stanno andando le cose, come testimonia oggi il rapporto 2017 dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), presentato alla Camera dei deputati.
«Il rapporto ASviS – come spiega il presidente dell’Alleanza, Pierluigi Stefanini – conferma che, sebbene crescano nel mondo la consapevolezza della necessità di cambiare modello di sviluppo e le iniziative che spingono verso questa transizione, l’Italia è ancora molto distante da una condizione di sostenibilità economica, sociale, ambientale e istituzionale. Inoltre, molti dei provvedimenti presi nell’ultimo anno, pur andando nella giusta direzione, non assicurano la necessaria trasformazione del Paese in grado di rispettare gli impegni internazionali, come l’Accordo di Parigi».
Una fotografia che ricalca quella scattata l’anno scorso. Già il rapporto ASviS del 2016 aveva espresso «un giudizio chiaro e netto sulla non sostenibilità della condizione dell’Italia», valutazioni che «sono state confermate dall’analisi svolta dal ministero dell’Ambiente» e che si ritrovano nell’aggiornamenti al 2017: anche l’indice elaborato dal Sustainable development solutions network (Sdsn) e dalla Fondazione Bertelsmann «conferma la posizione insoddisfacente del nostro Paese, anche rispetto agli altri Paesi Ocse. L’Italia si colloca al trentesimo posto della graduatoria, confermando che per nessun Goal la condizione appare in linea con gli Obiettivi».
«La distanza dagli altri Paesi europei resta troppo ampia – aggiunge Stefanini – e sono ancora troppo forti in Italia le disuguaglianze territoriali, socio-economiche e di genere». Sulla base di un modello sviluppato dall’ASviS in collaborazione con la Fondazione Eni Enrico Mattei (Feem), all’interno dell’Unione europea «la performance italiana è migliore solo rispetto a quella di Repubblica Ceca, Spagna e Grecia» e – proseguendo lungo lo scenario business as usual – nel 2030 l’Italia «continuerebbe a non essere in grado di raggiungere gran parte degli Sdgs». Non si tratta però di un destino segnato. «Mettendo in pratica simultaneamente le politiche proposte (attuazione dell’Accordo di Parigi e della Strategia Energetica Nazionale; potenziamento della Garanzia Giovani e aumento dell’occupazione femminile; Industria 4.0 e Banda Larga; istruzione di qualità) il quadro che emerge è nettamente più positivo», si sottolinea nel rapporto ASviS.
Sono molti gli elementi necessari per cambiare marcia: dal dettagliare la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile anche in termini quantitativi e rendere operativa la sua governance all’implementazione di una «non più rimandabile una riforma fiscale ecologica», sia per quanto riguarda clima ed energia, sia per incoraggiare l’economia circolare.
«I prossimi mesi saranno decisivi, sia per completare la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile collegandola alla programmazione economico-finanziaria in vista del Def 2018, sia per convincere le forze politiche a inserire nelle piattaforme elettorali piani per il raggiungimento degli Sdgss. Servono misure immediate – chiosa il portavoce dell’ASviS, Enrico Giovannini – e lontane dall’approccio business as usual, per migliorare il benessere, l’equità e la sostenibilità dell’Italia, e la sua posizione rispetto ai partner europei».