Patuanelli (Mise): «Non possiamo parlare di rinnovabili e pensare che la geotermia fa male»
Per il ministro M5S dello Sviluppo economico «bisogna uscire da questo paradosso e decidere qual è la direzione che vogliamo prendere»
[21 Febbraio 2020]
Il ministro dello Sviluppo economico (Mise) Stefano Patuanelli ha incontrato a Milano gli imprenditori di Assolombarda, per un confronto nel merito delle iniziative che il Governo e il Mise in particolare stanno mettendo in campo per le imprese, dalla Transizione 4.0 al settore dell’energia: un comparto quest’ultimo dove – come dimostra anche il caso della geotermia – non è semplice programmare uno sviluppo sostenibile di fronte alle tendenze Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile) e Nimto (Not in my terms of office, non durante il mio mandato elettorale) che frenano la concreta diffusione degli impianti sul territorio.
«Lo dico a me stesso e lo dico anche alla mia forza politica (il Movimento 5 Stelle, ndr) che dobbiamo uscire da alcune ambiguità – ha sottolineato in proposito il ministro Patuanelli – perché non possiamo pensare di parlare di rinnovabili e però essere contro il fotovoltaico a terra, essere contro l’eolico, pensare che la geotermia fa male, eccetera. Bisogna uscire da questo paradosso e decidere qual è la direzione che vogliamo prendere». Una presa di coscienza che arriva, per rimanere in ambito geotermico, dopo la cancellazione attraverso il decreto Fer 1 degli incentivi finora rivolti a sostenere l’attività geotermoelettrica, adesso in attesa di essere re-introdotti all’interno del decreto Fer 2.
Ma nell’attesa che il decreto venga concretamente formulato, ad oggi le rilevazioni condotte sul tema non sono confortanti: se da una parte i cittadini italiani mostrano ormai stabilmente un gradimento attorno al 90% nei confronti delle rinnovabili (come conferma anche l’ultimo sondaggio Eurobarometro condotto in materia), dall’altra non si arrestano le contestazioni verso la realizzazione di nuovi impianti sul territorio. L’ultimo report pubblicato (a fine 2018) dall’Osservatorio media permanente Nimby forum mostra infatti che, paradossalmente, i tre quarti circa degli impianti contestati in Italia nel comparto energetico hanno a che fare con le fonti pulite, geotermia compresa (che assomma il 2,21% di tutte le contestazioni contro opere di pubblica utilità e insediamenti industriali rilevate in Italia).
Più nel dettaglio, in totale l’Osservatorio Nimby forum ha rilevato nell’anno esaminato 317 impianti oggetto di proteste: il comparto industriale più contestato è quello energetico (57,4%), con le opposizioni orientate in maniera preponderante verso gli impianti da fonti rinnovabili (55 quelli contestati, il 73,3% sul totale del comparto). Può sorprendere anche osservare chi sono gli attori che guidano le proteste: i dati raccolti dall’Osservatorio mostrano che nella maggioranza assoluta dei casi (51,6%) sono proprio enti pubblici e politica – forti rispettivamente del 26,3% e 25,4% delle contestazioni – a opporsi a impianti e opere pubbliche, seguiti dalla matrice popolare (comitati, etc) con il 34,6% e associazioni ambientaliste (9,6%).
«Come siamo arrivati a questa deriva anti-industrialista? Come Nimby Forum – spiega Alessandro Beulcke, ceo dell’agenzia che dal 2004 promuove l’Osservatorio Nimby forum – lo diciamo da anni: è un problema di comunicazione. E chi dice che la comunicazione sia un corollario, si accomodi in un’altra epoca. Togliere il terreno da sotto i piedi al populismo è una responsabilità di tutti, per assistere finalmente a dibattiti informati, che permettano azioni politiche volte al bene comune, oltre il consenso di breve termine».