Allo “speciale” QualEnergia spunti interessanti e l’immancabile protesta dei comitati
Per la geotermia intelligente dobbiamo ristabilire regole certe e fiducia nel sistema-paese
Senza non ci sarà il tanto augurato sviluppo ma solo il mantenimento dello status quo
[3 Aprile 2015]
Si è molto parlato del convegno “speciale geotermia” promosso a Roma da Legambiente, La nuova ecologia e Kyoto club, con il contributo di ITW LKW Geotermia Italia Spa e la segreteria organizzativa di Italia Green, dove una buona parte dell’ambientalismo “storico” si è trovata a discutere di geotermia e fonti rinnovabili, confrontandosi con aziende, governo, parlamentari e i territori interessati.
L’incontro romano, a due passi (materiali) da Palazzo Montecitorio è stato importante proprio perché è riuscito a mettere tutti intorno a un tavolo e discutere nel merito delle cose. Addirittura, cosa ormai rara, rispettando rigorosamente i tempi del programma (inizio, interventi e chiusura lavori con puntualità svizzera). Il dibattito, gestito in maniera intelligente, è risultato comunque produttivo in tema di idee ma soprattutto per mettere alcuni punti fermi.
Il primo di questi riguarda il tema delle regole. Su questo argomento si è cimentato Francesco Scoppola, direttore generale ministero dei Beni Culturali, perché i vincoli paesaggistici e comunque di tutela che competono al suo dicastero sono quelli che maggiormente vengono utilizzati per bloccare la localizzazione degli impianti. Il numero delle richieste di installazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili è in continua crescita, e il ministero sarà chiamato inevitabilmente a fare gli straordinari; da più parti sono giunte sollecitazioni per una migliore organizzazione in tal senso. Scoppola ha spiegato la tematica relativa al ripristino dei luoghi, che è considerata un indice per determinare l’impatto paesaggistico (quindi ambientale) dell’opera: «Servono maggiori garanzie e norme cogenti per assicurare la corretta dismissione a fine vita dell’impianto. Dobbiamo avere cura del nostro territorio perché non ne abbiamo molto disponibile», ha dichiarato.
Il secondo dei punti fermi è la questione della produzione energetica. Edoardo Zanchini di Legambiente ha affrontato il tema affermando come l’unica alternativa alle mega centrali siano le piccole centrali diffuse sul territorio, ma che occorre essere disposti a realizzare queste ultime anche quando arrivano nel nostro giardino.
Anche per Gianni Silvestrini la produzione diffusa, con tanti piccoli e medi impianti distribuiti sul territorio è il segno (e i numeri sono lì a dimostrarlo con oltre 600.000 richieste di autorizzazioni in Italia, un milione in Germania) dell’inizio della rivoluzione energetica. «Se l’Enel ha separato le rinnovabili (good company) dal convenzionale (bad company) vuol dire che la rivoluzione è già iniziata», ha concluso.
La rivoluzione è sicuramente avviata ma è sempre presente il rischio di tornare indietro. Diego Righini, direttore di ITW LKW Geotermia Italia SpA, parlando a nome delle aziende che investono nel geotermico, ha lamentato l’assenza della certezza delle regole e del diritto nel settore: «Ben vengano tutti gli strumenti per dialogare con la popolazione, ben vengano osservatori, ben venga la pubblicazione online dei risultati dei monitoraggi ambientali, ben vengano momenti di confronto, noi siamo ben predisposti e non ci tiriamo indietro, ma il tutto in un ambito in cui, una volta assolti i doveri, si esercitano anche i conseguenti diritti».
Ermete Realacci, presidente della commissione ambiente della Camera dei Deputati, interrogato sulle perplessità di alcuni movimenti e istituzioni sulla geotermia ha voluto affermare di essere disposto ad incontrare sia coloro che sono a favore sia coloro che sono contrari, perché è giusto ascoltare e prendere atto «che ci sono sensibilità diverse su questo argomento».
Franco Terlizzese, direttore generale del ministero dello Sviluppo economico, chiamato in causa in tema di regole “certe”, ha riconosciuto che in questo senso «abbiamo avuto tempi di procedure autorizzative così lunghi che quando siamo riusciti a rilasciare l’atto ormai erano cambiate le regole del mercato, o le condizioni territoriali, ecc. Noi stiamo cercando di migliorare e velocizzare queste procedure ma in ogni caso sono provvedimenti complessi, proprio perché si deve analizzare ogni singolo aspetto, ma assolutamente trasparenti. Ricordiamo comunque che molte competenze sono in capo alle regioni, neppure lo “Sblocca italia” ha potuto ignorare questa prerogativa costituzionale».
Al convegno era prevista la partecipazione del ministro Galletti, che ha mandato invece a sostituirlo l’on. Libè che non si è sottratto affatto al confronto, parlando proprio di fiducia e asserendo come non ci si possa basare su di una sfiducia preventiva verso le «autorità preposte alla valutazione dei progetti. Come si fa a ricucire questo rapporto fiduciario? Innanzitutto con la trasparenza. Tra qualche giorno scade il mandato della commissione di VIA del Ministero; faremo un bando pubblico per selezionare i 40 che andranno a giudicare i (grandi) progetti. Però una volta selezionati, valutati (mettendo anche dei paletti stretti come sul conflitto di interesse) e nominati, nell’ambito di una procedura trasparente e consultabile su internet, poi questa commissione deve agire con la massima autorevolezza. Non si può più metterne in discussione l’autonomia e le competenze».
Ma questo da solo non basta e quindi al ministero vedono bene una modifica legislativa per estendere la partecipazione dei cittadini nei processi amministrativi. «Ci piacerebbe inserire il “pubblico dibattito” alla francese, che è molto più complesso e complicato ma anche più trasparente del nostro attuale sistema autorizzativo». Per il consigliere del ministro «dobbiamo dare certezze della gente, ma non possiamo neppure soccombere alla sfiducia. Noi quando ottemperiamo alle direttive europee lo facciamo meglio di altri: le nostre norme sono tra le più restrittive di tutti, i nostri limiti sugli inquinanti sono maggiori rispetto a quelli tedeschi, svedesi o finlandesi eppure non ci fidiamo del nostro sistema paese. Loro hanno leggi più permissive ma si fidano. Sulla geotermia è uguale, siamo stati i primi al mondo a sfruttarla, abbiamo eccellenze sul nostro territorio, abbiamo norme severe ma la gente non si fida e preferisce lo status quo che è alimentato per il 60% da fonti fossili. È un controsenso».