Perché le rinnovabili sono ferme? Il caso del mini idroelettrico a Colle di Val d’Elsa
Miris (Silextech): «Sono convinto che, se potessimo avviare un confronto costruttivo senza pregiudizi con gli oppositori, riusciremmo a trovare una soluzione sostenibile per tutti»
[17 Novembre 2022]
La triplice crisi che stiamo attraversando – climatica, energetica ed economica – è radicata in un modello di “sviluppo” ancorato alle fonti fossili, come il gas che sta facendo impennare le bollette. In questa prospettiva la soluzione è piuttosto semplice da individuare, passa dalle fonti rinnovabili: sono più economiche delle fossili, non vanno importate e non aggiungono gas climalteranti all’atmosfera.
Eppure gli impianti industriali necessari per produrre energia dalle rinnovabili – come idroelettrico, solare o geotermico – non vengono realizzati; mentre l’Ue spinge per individuarli come “impianti di interesse pubblico prevalente” e pone obiettivi al 2030 che in Italia si traducono nell’installare +10 GW l’anno, nel 2021 il nostro Paese si è fermato a +1,5 GW.
Come mai? Le motivazioni ricorrenti spaziano dalla complessità dell’iter autorizzativo all’eccessiva burocrazia, dalle sindromi Nimby (non nel mio cortile) a quelle Nimto (non nel mio mandato elettorale), che si alimentano a vicenda a causa di una comunicazione a dir poco fuorviante sui cosiddetti “temi ambientali”.
Per i non addetti ai lavori può essere semplice minimizzare: risulta difficile pensare che un processo epocale come la transizione ecologica – a parole benvenuta a tutti – possa essere fermata da qualche scartoffia di troppo. Solo toccando con mano i singoli casi si riesce però ad apprezzare la complessità della problematica.
Prendiamo un caso scuola, che non possa essere tacciato di chiamare in causa multinazionali predatorie o impianti giganteschi: un progetto mini idroelettrico, pensato per il territorio di Colle di Val d’Elsa (SI) e proposto da una piccola realtà locale, la Silextech di Pontassieve (FI). Allacciamo le cinture.
A Colle esiste già una centrale mini idroelettrica, la Mak 2 da 151 kW; si tratta di una centrale ex Enel, ceduta negli anni ’90 al Comune che però non l’ha mai direttamente esercita. L’impianto è stato invece conferito in quella che oggi è la partecipata (totalmente pubblica) Intesa spa, che a sua volta l’ha riportato sul mercato nel 2018 tramite bando pubblico vinto dalla Silextech.
La Mak 2 ha già in concessione, fino al 2050, il prelievo di acqua dal fiume Elsa per produrre elettricità rinnovabile: si parla di una portata media da 1.200 l/s, integrata da 200 l/s drenati dalle cosiddette Gore, un sistema di canali artificiali caratterizzato da numerosi salti, un tempo utilizzati da circa trenta opifici per produrre energia motrice.
Oggi invece la Mak 2 non può produrre quando dovrebbe (o potrebbe): nel corso degli anni il Comune di Colle è andato sempre più urbanizzandosi, rendendo di fatto insicura da mettere in opera la vecchia progettualità della centrale dato che il territorio oggi faticherebbe a gestire eventi di piena o bombe d’acqua, resi peraltro sempre più probabili dall’avanzata della crisi climatica. Che fare?
La Silextech, tramite la controllata Progetto valorizzazione gore di Colle di Val d’Elsa srl (in breve Pvg), ha presentato un progetto per realizzare una nuova condotta, che si snodi prevalentemente in adiacenza al tracciato del ramo destro delle Gore alimentate dal fiume Elsa, con un triplice proposito: mettere in sicurezza il tratto urbano delle Gore, sfruttare al massimo le potenzialità della centrale Mak 2 esistente dando un senso alla stessa progettualità che per anni è stata in mano pubblica e realizzare una seconda centrale mini idroelettrica a monte della potenza nominale di 399 kW che recuperi appieno l’energia dell’acqua ad oggi inutilmente dissipata lungo il percorso delle Gore.
Questo secondo progetto, da circa 2 milioni di euro, ha superato nel 2019 la verifica di assoggettabilità a Valutazione d’impatto ambientale (Via) e ottenuto nel 2021 l’Autorizzazione unica energetica (Au) da parte della Regione Toscana. Anche il Gestore dei servizi energetici (Gse) è arrivato a certificare la bontà del progetto, piazzandolo quarto in graduatoria (su 63 impianti a livello nazionale) nella graduatoria del bando uscito nel settembre 2021 per distribuire gli incentivi alle fonti rinnovabili previsti del decreto Fer 1.
Eppure è ancora tutto fermo: il Comune si è opposto facendo ricorso contro la Regione, chiedendo che l’autorizzazione venga annullata.
«Abbiamo incontrato più volte il Comune, carte alla mano, per valutare insieme le problematiche che vengono sollevate– ci spiega Luca Miris, legale rappresentante della Pvg – ma purtroppo ad oggi, nonostante la nostra disponibilità, non è stato possibile addivenire a nessun tipo di accordo».
Quali sono i principali problemi che vengono sollevati per l’opposizione al progetto?
«Sono sostanzialmente tre. Il primo riguarda la tutela monumentale delle Gore, un aspetto affrontato sia in fase di verifica di assoggettabilità alla Via sia dall’Autorizzazione Unica, adesso superato con le numerose prescrizioni imposte dalla Regione Toscana per ottenere il via libera al progetto. Il secondo verte sull’impatto del cantiere, dato che il nostro impianto nascerebbe nel centro abitato: è vero, realizzarlo comporterebbe momenti con strade chiuse o sensi unici alternati, ma niente di diverso da quanto accade durante le periodiche riasfaltature per interventi su altre infrastrutture sotterranee, il rifacimento degli scarichi fognari o di ogni altro sottoservizio urbano. Infine, desta preoccupazione che si possa prelevare troppa acqua dal fiume, ma il nuovo progetto non ha chiesto un litro d’acqua in più rispetto alla vecchia concessione Mak 2».
Cosa cambierebbe dunque realizzando la nuova condotta prevista dal progetto?
«La nuova condotta serve per bypassare le problematiche sorte lungo i canali artificiali delle Gore, che impediscono il pieno esercizio della centrale Mak 2, ma bypassare non significa lasciare all’asciutto quel tratto delle Gore. Verrebbe mantenuto il decoro anche sui canali non utilizzati per il funzionamento della centrale: l’acqua continuerebbe a transitare, regimata e controllata, permettendo però l’interruzione totale durante eventi meteo estremi e mettendo così al riparo il territorio dal rischio di esondazioni».
Non ci sarebbe dunque alcun tipo di variazione nei prelievi di acqua dall’Elsa, rispetto a quanto già oggi previsto dalla concessione Mak 2?
«Non nei quantitativi, ma nelle modalità sì. Quella concessione prevedeva originariamente una modalità flat, ovvero la possibilità di impiegare 1.200 l/s + 200 l/s ad ogni ora, giorno e mese dell’anno. Ma naturalmente per il fiume non è indifferente prelevare lo stesso quantitativo d’acqua d’estate come d’inverno. Per questo ci siamo adeguati in anticipo ottemperando a quanto la direttiva Acque dell’Ue avrebbe previsto dal 2029, modulando i prelievi in base alla disponibilità idrica: nei mesi invernali preleveremmo un massimo di 1.500 l/s mentre a luglio-agosto ci fermeremmo a 580 l/s, mantenendo comunque una media annua di 1.200 l/s».
Ipotizziamo il caso di un’estate particolarmente siccitosa, come quella di quest’anno: che impatto avrebbe sul fiume realizzare il vostro impianto?
«Proprio quest’estate abbiamo effettuato dei test insieme al Comune, dato che c’era diffidenza. Visivamente, sulla portata del fiume non è cambiato niente. In ogni caso, il progetto è obbligato al costante rilascio del deflusso minimo vitale: qualora la portata del fiume non lo consentisse, non produrremmo elettricità».
Quale sarebbe invece l’impatto paesaggistico legato alla costruzione della nuova centrale mini idroelettrica Pvg da 399 kW, a monte della Mak 2?
«L’impianto vero e proprio sarebbe interrato, dunque non si noterebbe praticamente niente, mentre l’edificio di centrale si collocherebbe in un’area ex industriale della vecchia Ferriera di Colle: si parla di un immobile di circa 100 mq. Realizzarlo significherebbe poter produrre ogni anno 3 GWh di elettricità da una fonte rinnovabile come quella idroelettrica, ai quali si aggiungerebbe un’ulteriore produzione di 1 GWh dalla centrale esistente Mak 2: ben 4 GWh complessivi l’anno, pari al fabbisogno di circa 1.600 famiglie, che consentirebbero di evitare l’uso di 1 mln di metri cubi di gas».
Che ne fareste dell’energia rinnovabile prodotta?
«Il progetto è nato con l’ipotesi di cederla alla rete nazionale, ma quest’anno a causa della crisi energetica in corso e i conseguenti rialzi nelle bollette siamo stati contattati dalla più grande azienda presente a Colle, la Rcr cristalleria, conosciuta in zona come la Calp. Si tratta di un’industria per sua natura energivora e dunque messa particolarmente alla prova dal caro bollette, che dà lavoro a 300 dipendenti diretti e altrettanti nell’indotto, per la larga parte residenti locali. Ci ha proposto l’ipotesi di stipulare un contratto Ppa (Power purchase agreement, ovvero contratti a lungo termine per l’acquisto di energia rinnovabile, ndr) per acquistare tutta l’elettricità rinnovabile che saremmo in grado di produrre: per loro significherebbe coprire il 10% circa del fabbisogno, garantendosi energia a un prezzo calmierato e decarbonizzando il proprio processo produttivo. In questo modo tutti i benefici legati alla presenza dell’impianto ricadrebbero in modo diretto sul territorio che lo ospita».
L’interesse della cristalleria è ancora presente, nonostante i ritardi nella realizzazione del progetto?
«Certo, ma al momento la partita non è più in mano a noi; stiamo aspettando gli esiti del contenzioso avviato dal Comune contro la Regione. Ma sono convinto che, se facessimo un confronto costruttivo con la Giunta e con tutto il Consiglio comunale, riusciremmo a trovare più rapidamente una soluzione sostenibile per tutti. Del resto, ogni volta che ci troviamo in zona per visite e rilievi tecnici capita che i cittadini si fermino e ci chiedano informazioni: puntualmente gliele forniamo e subito ogni dubbio viene spazzato via, anzi le persone manifestano entusiasmo e ci chiedono di andare avanti per produrre energia pulita e rinnovabile a beneficio del territorio, sia dal punto di vista ambientale che economico».