Cresce il deficit commerciale per le tecnologie low-carbon, l’Italia dipende dall’import
Post-Covid, ecco la transizione energetica italiana: meno rinnovabili e più emissioni di CO2
Gracceva (Enea): «L’aumento delle emissioni e l’innalzamento degli obiettivi Ue al 2030 hanno comportato un nuovo sostanziale allontanamento dalla traiettoria di decarbonizzazione prevista»
[9 Settembre 2021]
Mentre il clima italiano si surriscalda a velocità più che doppia rispetto alla media globale, continuiamo a gettare benzina sul fuoco. La seconda Analisi trimestrale del sistema energetico italiano 2021, elaborata come sempre dall’Enea, non solo conferma che il crollo nelle emissioni di CO2 registrato nel 2020 è stato semplicemente un fenomeno temporaneo legato alla pandemia, ma mostra anche che il Paese è tornato a inquinare il clima come e più di prima.
«A fine anno dovremmo aver recuperato oltre il 60% dei consumi di energia ‘persi’ nel 2020, mentre stimiamo un ritorno ai livelli pre-pandemia tra il 2022 e il 2023, stando alle attuali previsioni di crescita economica», spiega Francesco Gracceva, il ricercatore Enea che coordina l’Analisi.
Nel secondo trimestre dell’anno risultano infatti in forte aumento i consumi di energia e le emissioni di CO2. Fattori climatici e l’incremento del Pil (+17%) e della produzione industriale (+34%) hanno determinato sia una crescita della domanda di energia del 24% rispetto al II trimestre del 2020 che, in parallelo, delle emissioni di anidride carbonica (+25%), con ripercussioni sulla transizione energetica nel nostro Paese. Complessivamente, la crescita tendenziale della domanda di energia e delle emissioni si stima di circa il 6% per l’intero 2021, in linea con l’andamento dei principali driver economici.
In termini di fonti primarie il II trimestre 2021 ha visto in particolare un deciso rimbalzo dei consumi di petrolio (+3 Mtep, +30%), che nel II trimestre 2020 erano stati fortemente penalizzati dal crollo dei volumi di traffico. Aumenti di rilievo hanno riguardato anche il gas naturale (+2 Mtep, +21%), spinto dal clima più rigido, dalla dinamica dell’attività industriale e anche dalla domanda della termoelettrica, e le importazioni nette di elettricità (+1,6 Mtep), quasi quadruplicate rispetto a un anno prima. Si sono invece contratti i consumi di fonti rinnovabili e di solidi (-2% in entrambi i casi), mentre le importazioni di elettricità risultano quasi quadruplicate.
«L’aumento delle emissioni e l’innalzamento degli obiettivi Ue al 2030 hanno comportato un nuovo sostanziale allontanamento dalla traiettoria di decarbonizzazione prevista. Per quanto riguarda il 2022, sarà difficile andare oltre a una stabilizzazione delle emissioni sui livelli attesi per fine 2021», aggiunge Gracceva.
Dal quadro complessivo emerge così un ulteriore peggioramento dell’indice Ispred, elaborato da Enea per misurare l’andamento della transizione energetica nel nostro Paese sulla base di sicurezza del sistema, prezzi dell’energia e decarbonizzazione. Nel periodo aprile-giugno, l’Ispred è diminuito del 28% sul trimestre precedente e del 39% rispetto al II trimestre 2020, collocandosi ai minimi della serie storica (ovvero dal 2008 a oggi).
«Il calo del nostro indice sintetico – commenta Gracceva – è legato per la gran parte all’aumento delle emissioni che hanno peggiorato le prospettive di decarbonizzazione. Ma assistiamo anche a persistenti difficoltà nel settore della raffinazione, che incidono sulla sicurezza energetica, e all’aumento dei prezzi dell’energia, soprattutto nel settore elettrico, che hanno raggiunto i massimi decennali per i consumatori domestici. Peraltro, la recente fortissima crescita dei prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità si è traslata in misura ancora parziale sui prezzi dei consumatori finali».
Come se non bastasse, data l’assenza di adeguate politiche industriali di supporto ai settori più verdi della manifattura italiana, l’Enea documenta un nuovo aumento tendenziale per il deficit commerciale nelle tecnologie low carbon.
I dati consolidati del 2020 confermano il forte aumento della dipendenza dall’estero nello scambio commerciale di prodotti low-carbon, cresciuta di due terzi in un solo anno, toccando un valore di 1,15 miliardi di euro dai 700 milioni del 2019 (+65%). Il dato relativo ai primi tre mesi del 2021 suggerisce in prospettiva un nuovo peggioramento, con un deficit che è già pari al 46% di quello dell’intero 2020. I settori maggiormente responsabili del passivo sono quello legato alla mobilità a basse emissioni (che da solo fa il 60% del passivo dell’intero comparto low-carbon), e quello degli accumulatori agli ioni di litio, ma è in forte aumento anche l’import dei generatori eolici, mentre la performance commerciale non è negativa nei settori a minor impatto sulla bilancia commerciale (solare termico, componentistica relativa agli accumulatori e ai sistemi ad energia eolica, celle fotovoltaiche).
Un piccolo dato positivo arriva invece coi primi segni di vitalità delle esportazioni di veicoli elettrici ed ibridi, nonostante il complessivo deficit commerciale del comparto. Il valore delle esportazioni dei vicoli elettrici, passato nel 2020 da 15 a 394 milioni di euro, nei primi tre mesi del 2021 ha già raggiunto i 225 milioni, mentre le esportazioni di veicoli ibridi hanno già superato i 27 milioni di euro del 2020, che già rappresentavano un valore dieci volte superiore al quello del 2019.